ovvero: Il paradiso è popolato di stronzi?
di Girolamo De Michele
Serge Quadruppani, Le furiose, feuilletton illustrato da Jean-Christophe Lie, traduzione di Maruzza Loria, Derive e Approdi, Roma 2010, pp. 132, € 13
La pubblicazione in volume dell’edizione italiana [qui il primo capitolo] del feuilletton di Serge Quadruppani Les furieuses — volume che in Francia non ha trovato editore — offre qualche spunto per tornare a parlare del noir, adesso che il noir sembra essere diventato un genere sul quale tutti hanno detto tutto, e di qualche argomento correlato.
Feuilletton, e nel senso classico del termine: Les furieuses è stato pubblicato a puntate settimanali dal settimanale satirico Siné Hebdo, che proprio oggi (28 aprile 2010) saluta i propri lettori e chiude. Siné Hebdo, giornale del mercoledì, fu fondato dal disegnatore e polemista Siné, alias Maurice Sinet, dopo la sua cacciata, da Charlie Hebdo in seguito al cosiddetto Affaire Siné: una piccola ma significativa caccia alle streghe che merita di essere conosciuta.
Tra il 2008 e il 2009, per 21 episodi e un epilogo, sono uscite sul settimanale le
puntate di questo “noirletton”, accompagnato e arricchito dalle deliziose illustrazioni di Jean-Christoph Lie, che l’edizione in volume ha il merito di riproporre. La cadenza settimanale richiedeva una scrittura che tenesse conto delle modalità di pubblicazione, del pubblico, della sospensione della lettura tra un mercoledì e l’altro: cosa che Quadruppani ha saputo fare col consumato mestiere e la sottile auto-ironia che caratterizza la sua scrittura.
Ogni episodio è introdotto da un gustoso riassuntino degli eventi precedenti, e si conclude con qualche domanda che a volte riepiloga il plot e ricorda qualcosa che nella brevità dell’episodio sembra non trovare spazio: Come voler bene a Jeanne se uccide Yasmina? Abbiamo definitivamente dimenticato Huyn Sin? Il paradiso è popolato di stronzi? E poi, da dove esce, questo nome del cazzo, «Fleur»? È verosimile che dei governi eletti facciano negoziati con dei bombaroli?
E la risposta è (quasi) sempre: Lo saprete (forse) nel prossimo episodio di Le Furiose.
In questa scelta delle questioni rimaste in sospeso c’è tutto, o quasi, Quadruppani: il noir come racconto che ha uno stile, una propria dinamica, delle caratteristiche peculiari — quello che si sintetizza parlando di “genere” — con le quali bisogna fare i conti, dosando sapientemente gli elementi per non fare di un’ottima zuppa un piatto sciapito o troppo speziato. Quando Monsieur Ho condanna a morte due improvvidi sicari che avevano «pesantemente sottolineato» il vero significato di un assassinio, lo fa perché, scrive Quadruppani, «sottolineare pesantemente, nella delicata gestione degli equilibri sotterranei pilotati da Monsieur Ho, era un errore tanto grave quanto quello di esagerare con gli effetti in un romanzo noir» (p. 52).
Elementi ben dosati e amalgamati attorno ad una trama che sta in piedi da sola: in questo caso, una morte per caduta da una finestra che, nella sua esplicita analogia con un’altra finestra e un’altra questura di un altro paese, rimette in moto cose che sembravano sopite per sempre, disseppellisce vecchie asce di guerra (ed anche qualche arma più recente), incrina gli equilibri tessuti tra una certa mala e un certo circolo politico attualmente alloggiato all’Eliseo (con qualche gustoso momento di gossip sull’attuale Famosa Inquilina ben più ardito di certa stampa finto-scandalistica). Insomma, la trama, come sempre nel noir politico, si lascia attraversare dalle trame: ma sempre accompagnata da quel velo di ironia che, in questo caso, ha ben poco di post-moderno. L’ironia di Quadruppani, il suo sorriso fisiognomicamente felino, non prende le distanze da ciò che annuncia per parare il culo all’autore: al contrario, sottolinea la distanza che intercorre tra ciò che la costruzione razionale della trama può, e ciò che nel mondo reale non si lascia ricondurre alla ragione logica e alla linearità. Il mondo è scabro, governato da logiche che poco hanno a che fare col mito della ragione borghese, e molto con gli Arcana Imperii, i non-detti, i misteri e le trame segrete del Potere e dei poteri. Ma anche il libro fa parte del mondo reale: il suo compito è quello di ricordarci che «l’umanità dovrebbe smettere per un po’ di raccontarsi storie per produrre finalmente la propria Storia» (p. 131).
Nello scrivere questo Le Furiose (come anche gli altri suoi noir), Quadruppani si avvantaggia del sovrano distacco col quale può guardare (sempre che non abbia di meglio da fare) alle passate italiche polemiche sul noir, al tempo stesso sopravvalutato e sottovalutato, esagerato in “dittatura del realismo thrilleristico” e annunciato come morto dal post-noir. Ora che sembra passato di moda denunciare la moda del noir, il noir può riprendere quel ruolo che ha sempre avuto: coniugare il piacere della narrazione con la denuncia dello stato di cose esistente. È certo un privilegio vivere in parte in Francia, come lo è, per Camilleri, vivere in parte in un angolo lontano della Sicilia: angoli di mondo dai quali è facile fingere lontananza per non farsi coinvolgere più di tanto dalle polemiche e continuare a scrivere, alla salute dei critici. «J’ai autre chose à foutre», direbbe Serge: e avrebbe ragione. Che poi altre, altrettanto stupide, polemiche abbiano luogo in Francia (un esempio qui e qui) è quasi inevitabile: se persino il paradiso è popolato di stronzi, figurarsi questo misero mondo sub-lunare, che è peraltro tutto quello che ci resta.
Ma il confronto con la Francia non va tutto a svantaggio dell’Italia: perché l’editoria francese ha, alla fine, rinunciato a pubblicare questo libro che vede la sua prima edizione mondiale in volume grazie ai tipi di Derive e Approdi (e alla solita, affidabilissima traduzione di Maruzza Loria). «Parce que les éditeurs français sont réticents à publier de l’inclassable et parce que je ne suis pas doué pour me vendre», spiega sul suo blog Serge Quadruppani. Segno che, a dispetto della crisi e delle crisi, la piccola editoria italiana, e quella militante in particolare, qualche cosa da dimostrare ce l’ha.
E dunque: una buona bottiglia di vino per accompagnamento, e buona lettura!