di Marilù Oliva
Il principe Pico Raniero di Savoiardi è al centro del palco, luci puntate addosso. Di fianco a lui, un omicino che gli arriva al gomito e ha la faccia inquietante di chi ha passato gli anta ma conserva i tratti di un bambino. Comincia la prima parte della canzone ma nessuno lo ascolta, è il principe a calamitare l’attenzione. Il finto bambino s’interrompe e l’altro si prepara per l’attacco canoro su questa musica malinconica.
Gli affezionati del Festivalremo attendono con trepidazione questo momento, sono tutt’orecchi.
Il principe appoggia una mano sul lucidissimo bavero del suo frac nero. Incamera l’aria.
Suspense.
Arrotonda la bocca come se stesse succhiando da una cannuccia. Ne esce un suono molto simile a un fischio.
Dietro le quinte la presentatrice segue la scena sbirciandogli le spalle e ristorandosi con un vassoio di cannoli siciliani. É stretta in un vestitino d’argento e voilant, potrebbe esplodere da un momento all’altro così strizzata come un taccino gonfiato nella carta stagnola.
Quando sente il primo fischio, ingurgita la metà restante di un cannolo precedentemente addentato.
Si rivolge alla truccatrice esibendo l’impasto marroncino masticato:
«Mmm… Ma …mmm… fischia??»
«Sì, signora. Mi sembra di sì…»
«Ehmmm…Ma… gnmm… non doveva cantare?»
La presentatrice s’interroga se sia il caso di intervenire. 500.000 euro di cachet, di questi tempi, forse implicano che sappia anche trovare delle soluzioni ai momenti d’imbarazzo. Ma tanto, pensa, chi si imbarazza più? Allunga un braccio sul vassoio e ingozza un’altra metà di cannolo, mentre il principe ondeggia dolcemente la testa e simula passi di valzer come se stringesse una qualunque cenerentola. C’è, difatti, una cenerentola a cui sta pensando.
Si chiama Pasquale, è un palermitano dai muscoli imbruniti dal sole e dagli occhi color della sabbia bagnata. Fa il mozzo sul suo panfilo da un anno. Pico Raniero di Savoiardi l’aveva inquadrato fin da subito come una specie di gorilla che vive di mare e di niente, uno di quei poveracci che non sanno dire di no ai potenti. Non si era sbagliato e, sul ponte di poppa, la prima notte, ne aveva avuto conferma. S’incontrano solo durante le vacanze e le traversate, quando la principessa consorte e il resto della famiglia sprofondano nel sonno ondulato dalla navigazione. Pasquale lo attende al buio, di fianco alle reti dall’odore forte su cui sono ancora impigliate lamine secche di alghe e qualche piccola cozza. Comunicano sempre così, coi fischi, richiami passionali. E con l’altro linguaggio, quello universale degli animali, quello che si fa beffe di dizionari e galatei.
Il Principe scende dai suoi pensieri e torna sul palco. Ammicca al suo compagno nano con un inchino e, nel frattempo, continua a fischiare e a lanciare al pubblico la sua canzone d’amore. É un romantico, in fondo.
La presentatrice ha la punta del naso sporca di ricotta. Si rivolge ancora alla fida truccatrice, mentre questa la pulisce con una salvietta:
«Ma io cosa gli dico quando finisce?»
«Boh, credo che lei gli debba dire che è stato bravo. C’è tanta passione…»
Mancano gli ultimi trenta secondi, il principe Pico Raniero di Savoiardi inspira tutta l’aria possibile. Con una contrazione che sommovimenta la pancia, indirizza l’aria nello stomaco e si blocca immobile per una decina di secondi.
Poi apre la bocca, non più a cannuccia, ma con un’apertura sguaiata che fa intravedere perfino le otturazioni. D’oro massiccio, naturalmente.
E dalla sua cavità orale parte cavernoso, gutturale, un lungo, potentissimo rutto.
Alla presentatrice cade di mano il cannolo che, scivolando sul vestito argenteo, imbratta parte dei voilant. La truccatrice corre subito a rassettarla, mentre lei commenta:
«Sarà pure un rutto, ma è un rutto regale…»
Il principe conclude l’esternazione e subito emette un flebile riflusso, come un rigurgito, che accompagna le note finali. E in quel momento si alzano fragorosi, per tre minuti, migliaia di applausi.