Dopo due anni di femo ritorna agli inizi di febbraio in edicola il magazine dei libri Stilos, nato nel 1999 e diventato poi un quindicinale a diffusione nazionale. Direttore è ancora il suo fondatore, Gianni Bonina, che ha trasformato il giornale in una rivista mensile di 150 pagine a colori e caratteristiche tecniche di alta qualità. Pressoché immutata la compagine dei collaboratori (con i contributi fissi di Antonio Debenedetti, Andrea Di Consoli, Enzo Golino, Giuseppe Montesano…), ma l’interesse si è esteso anche, con rapide escursioni, a cinema, teatro, arti figurative e fumetti. Ogni mese poi l’appuntamento con le rubriche a tema libero di Benedetta Centovalli, Arnaldo Colasanti, Guido Conti, Andrea Cortellessa, Aurelio Grimaldi, Filippo La Porta, Giulio Mozzi, Sergio Pent, Silvio Perrella e Vanni Ronsisvalle. A ciascun numero sarà inoltre allegato un libro inedito in omaggio. Il primo sarà Lo stivale di Garibaldi di Andrea Camilleri, parodia in dialetto siciliano di avvenimenti veri nella Sicilia postunitaria, illustrata da Piero Guccione.
Come in passato, spiega una nota della società editrice, Stilos intende privilegiare la letteratura e la nuova scena italiana, entro un impegno che auspichi il ritorno del libro al centro dell’interesse culturale e la sua riconsiderazione anche come strumento di impiego del tempo libero: contro le logiche del mercato, lo strapotere di televisione e telematica, le recrudescenze di tipo accademico, la riduzione dell’attività editoriale a fredda impresa speculativa.
«In una stagione che ha segnato la chiusura di altre testate culturali e penalizza sempre più il mondo dei libri» dice Bonina «Stilos vuole provare a dimostrare che, ovunque andrà, il mondo finirà sempre in un libro».
Per iniziare: un inedito di Camilleri in omaggio
Si intitola Lo stivale di Garibaldi il libro che Andrea Camilleri ha scritto (e che Stilos pubblica per la prima volta in un volume omaggio allegato alla rivista in uscita a fine gennaio) destoricizzando il caso del prefetto di Agrigento Enrico Falconcini, riuscito a rimanere insediato solo cinque mesi, dall’agosto 1862 a metà gennaio 1863. La sua attività di fiorentino di un’altra cultura, nutrito di ideali scaduti in Sicilia, espressione di una neonata Italia che pretende di fare propria anche l’anima dei siciliani, non ha vita lunga e deve piegarsi di fronte alle sordide manovre di un notabilitato locale del tutto contrario ad accettare logiche viste ancora più rivoluzionarie di quelle, pur sostenute e condivise, messe in campo da Garibaldi; una società pronta a celebrare lo straniero liberatore in armi che porta nuove bandiere e nuove leggi ma del tutto sfavorevole ad assecondare le intenzioni di un prefetto portatore di nuove regole e nuovi costumi, non trattandosi più di accogliere una mera rivoluzione che si risolve in un cambio di facciata ma di subire una vera destabilizzazione che determina un nuovo stile di vita.
Alimentando il suo interesse per le commessure della microstoria siciliana, Camilleri si lascia suggestionare da queste contraddizioni e demistifica il caso Falconcini in una sciarada di episodi intrisi di secco umorismo nei quali coglie l’elemento grottesco della vicenda cercando di spiegare — un po’ mettendosi dalla parte del prefetto, un po’ indulgendo verso le ragioni degli agrigentini — come non fosse possibile scongiurare l’inevitabile esito del trasferimento e del sollevamento dall’incarico. Rifacendo in romanzo la prefazione scritta per Cinque mesi di prefettura in Sicilia, libro-testimonianza dello stesso Falconcini, Camilleri immagina come lo stivale di Garibaldi finisca proprio nella stanza dell’intransigente prefetto. Con effetti metaforici e allegorici. E dimostra come in Sicilia, anche in quella inamidata dell’Ottocento, un dramma sia sempre tentato di volgersi in farsa.
Gianni Bonina [nella foto], giornalista, vive a Catania, dove per «La Sicilia» ha diretto per sei anni la redazione di Ragusa e per cinque quella di Siracusa. Dal 1999 al 2007 ha diretto il magazine letterario Stilos, per il quale ha avuto assegnati il Premio Vittorini, il Premio Città di Monreale, il Premio Il Paladino, il Premio Capodieci e il Premio Di Giovanni. In precedenza è stato direttore di tre emittenti televisive siciliane: Rtp, Antenna 10 e Video Mediterraneo. Nel ’94 e nel ’95 ha avuto riconoscimenti speciali nell’ambito del Premio cronista dell’anno per due inchieste giornalistiche e gli sono stati altresì conferiti il Premio Cyane, il Premio Laocoonte e il Premio Ibla. Oltre ad avere curato e pubblicato il romanzo inedito di Serafino Amabile Guastella Due mesi in Polisella (Lombardi, 2000), ha scritto i libri-inchiesta Il triangolo della morte (Meridie, 1992) e Il fiele le furie (Hacca, 2009), il romanzo Busillis di natura eversiva (Lombardi, 1997; Barbera, 2008), la raccolta di racconti L’occhio sociale del basilisco (Lombardi, 2001), le opere teatrali Ragione sociale (Premio Pirandello 2000) e I buoni siciliani, il reportage L’isola che trema (Avagliano, 2006; Premio Alvaro 2007) e i saggi letterari I cancelli di avorio e di corno (Sellerio, 2007), Maschere siciliane (Aragno, 2007; Premio Adelfia 2007), Il carico da undici (Barbera, 2007) e Tutto Camilleri (Barbera, 2009). Scrive su “La Stampa Tuttolibri” e Il Riformista”.