di Alberto Prunetti
[Pubblico la mia introduzione all’edizione italiana della Patagonia rebelde di Osvaldo Bayer, da me tradotta e ridotta per l’editrice Elèutera. L’autore, sconosciuto in Italia, rappresenta in Argentina il simbolo vivente della resistenza alla dittatura militare. La sua opera, un tempo data alle fiamme nelle pubbliche piazze, è adesso diffusa sui banchi delle scuole mentre l’autore, costretto dai militari all’esilio, rappresenterà il paese australe nella Fiera del libro di Francoforte, dove l’Argentina è ospite d’onore nel 2010. Segnalo ai lettori di Carmilla una mia intervista all’autore della Patagonia rebelde realizzata per il Manifesto nel 2005 e il mio romanzo Il fioraio di Perón in cui Bayer figura come uno dei protagonisti] A.P.
La Patagonia rebelde di Osvaldo Bayer è un libro perseguitato. Gli esemplari del volume hanno conosciuto, nell’Argentina dei sequestri di Stato, lo stesso destino toccato in sorte alle persone: qualcuno è venuto a prenderli e se li è portati via. Scomparsi nel nulla. Ma la tenacia dell’autore alla fine l’ha avuta vinta. Ricomparso da anni in Argentina, finalmente Patagonia rebelde arriva anche sugli scaffali italiani, seppur in edizione ridotta. Quella raccontata da Bayer è una storia lunga e tormentata. La storia di uno sciopero insurrezionale che si conclude con millecinquecento operai rurali fucilati dall’esercito argentino e sepolti in fosse comuni non poteva che essere tragica.
Una tragedia che si riflette nel titolo dell’articolo in cui Osvaldo Bayer per la prima volta affronta questo argomento, rompendo un tabù nella storiografia argentina: Los vengadores de la Patagonia Trágica, comparso nei numeri 14-15 di «Todo es Historia» (giugno-luglio 1968). La ricerca storica prosegue negli anni successivi e solo nell’agosto del 1972 Bayer dà alle stampe un primo tomo delle sue indagini, con titolo omonimo a quello dell’articolo. Nel novembre dello stesso anno appare il secondo tomo, mentre il terzo esce nel 1974. Intanto il lavoro di Bayer ha preso il titolo definitivo di Patagonia rebelde.
Tra il gennaio e il febbraio del 1974 il regista argentino Héctor Olivera termina le riprese di una pellicola appunto ispirata all’opera di Bayer. Nell’aprile 1974 il film viene in un primo momento bloccato dalla censura. La pellicola è poi proiettata nei cinema su decisione del presidente Juan Perón, ma subito dopo la sua morte, sotto l’infausta presidenza di Isabella Perón, il film di Olivera viene ritirato dalle sale argentine. L’autore e il libro non hanno conosciuto una sorte più felice di quella della pellicola.
Come ricorda lo stesso Bayer — intervistato il 29 aprile 1983 da Osvaldo Soriano per la rivista «Humor» — nell’ottobre del 1974 l’autore della Patagonia rebelde comincia a ricevere minacce telefoniche e visite di strani personaggi che si qualificano come appartenenti ai servizi informativi della polizia. In seguito il suo nome appare in una
lista redatta dal gruppo terrorista di estrema destra Triple A, autore di svariati assassinî di personalità di sinistra, che lo condanna a morte. A quel punto la famiglia di Bayer si rifugia in Germania, lui rimane ed entra in clandestinità. Infine ripara lui stesso in Europa. Torna in Argentina dopo un anno, ma il colpo di Stato militare del 1976 lo obbliga a un esilio di otto anni.
La Patagonia rebelde soffre un destino analogo. Mentre l’editore ripara in Messico (dopo che una bomba è esplosa sotto la sua abitazione) e la persecuzione di Stato colpisce tutti i nomi che compaiono nei titoli di coda del film di Olivera, i soldati dell’esercito argentino passano in rassegna le librerie alla ricerca dei titoli sovversivi. Le copie della Patagonia
rebelde finiscono in mucchi che vengono dati alle fiamme sotto lo sguardo di una soldataglia rispettosa di «dio, patria e famiglia». Intanto dalla Germania Bayer riesce a recuperare, con l’aiuto di un’adolescente tedesca, il manoscritto dell’ultimo volume della sua opera, che viene pubblicato in spagnolo nel 1978, in Europa. Dal 1983, caduta
la dittatura militare, il libro viene ristampato in versione integrale a Buenos Aires, e il suo autore torna a vivere nella casa del quartiere Belgrano di Buenos Aires.
La Patagonia rebelde è adesso disponibile in lingua originale in due edizioni: una in quattro volumi, per un numero complessivo di pagine superiore alle 1.600, e una in versione ridotta, che comunque consta di ben 430 pagine. Entrambi i due formati erano al di fuori delle possibilità economiche di Elèuthera. Autore ed editore italiano si sono trovati d’accordo sull’opportunità di pensare a una edizione italiana ridotta, che io ho realizzato con il consenso di Bayer.
Il libro infatti ha avuto una storia controversa e si è allungato e accorciato nel corso del tempo, un po’ come un bandoneon, una fisarmonica argentina. Alcune parti, rilevanti per il lettore argentino, sono state eliminate senza creare grossi problemi al lettore italiano. Mi riferisco in particolare alle lunghe pagine in cui Bayer demolisce la tesi, avanzata da storici militari, che vorrebbe lo sciopero patagonico del 1921 orchestrato dal Cile per «sovvertire» l’ordine interno dell’Argentina. Altre sezioni non tradotte sono quelle in cui l’autore confuta gli storici conservatori o analizza il ruolo del presidente Yrigoyen e dei vertici dell’Unión Cívica Radical, il partito di governo all’epoca dei fatti. Infine si è scelto di ridurre le interviste ai testimoni oculari degli eventi e le citazioni dei quotidiani locali, favorendo così la sintesi del testo e condensando gli eventi nel loro sviluppo temporale, senza le lunghe digressioni dell’originale.