di Alessandra Daniele
L’agente spinse il ragazzo ammanettato verso lo sportello.
– Immigrazione clandestina.
– Espulsione immediata – disse l’impiegato, senza alzare gli occhi dal computer.
L’agente strattonò il ragazzo, portandolo via. Un uomo in blu prese il loro posto.
– Stupro.
L’impiegato alzò gli occhi.
– Lei è italiano?
L’uomo in blu mostrò una tessera.
– Onorevole, lei ha esaurito i Buoni Stupro, non è qui che deve rivolgersi, vada allo sportello Immunità a farseli rinnovare. Il prossimo!
Un ometto s’intrufolò.
– Corruzione!
L’impiegato alzò gli occhi al cielo.
– Lo sa benissimo che non è più reato da anni….
– Mi piace sentirmelo ripetere – ridacchiò l’ometto.
– Per favore, non mi faccia perdere tempo. Il prossimo!
Una bionda in occhiali scuri e tacchi armadillo da trenta centimetri caracollò davanti allo sportello.
– L’affettatrice di Sgurgola – annunciò l’agente che l’accompagnava.
– Eh?
– Serial killera. Ha tagliato sette cazzi – l’agente mimò una forbice con le dita – Sei morti, e un superstite che ora si chiama Jessica.
L’impiegato sbuffò.
– Non è più di competenza della Giustizia ordinaria, Bruno Vespa ha avocato tutti i casi di questo genere alla redazione di Porta a Porta. – indicò lo sportello in fondo alla sala – vada là per il casting.
La bionda s’allontanò. Alle spalle dell’impiegato comparve, torvo, il supervisore.
– Quasi un minuto a cliente – indicò il cronometro – si rende conto che sta rovinando la media di tutto questo Ufficio Giustizia?
– Associazione mafiosa – disse un tizio tarchiato davanti allo sportello. Gli agenti se ne tenevano a debita distanza.
Il supervisore si dileguò. L’impiegato abbassò gli occhi sulla tastiera.
– Insufficienza di prove.
– Lo so. Sono venuto a ritirare il risarcimento per il danno subito dalla mia reputazione.
L’impiegato digitò in fretta.
– Importo accreditato alle Cayman come da procedura – deglutì.
Osservò con la coda dell’occhio il tarchiato che s’allontanava.
L’agente spinse avanti un ragazzino, dicendo
– Anarcoinzuss… anarcoinsuzz… anarcoinsuzionanismo… – controllò un foglietto – Anarco-Insurrezio-Nalismo – scandì.
– Ho solo scaricato un vecchio pezzo dei Necrodeath! – Protestò il ragazzino. L’impiegato lo guardò con aria schifata.
– Cinque anni.
– Vaffanculo!
– Sei!
– Stronzo passacarte fascista!
– Dieci!
Gli agenti trascinarono via il ragazzino, spingendo al suo posto una ragazza coi capelli velati.
– Clandestina?
– No – L’agente fece una smorfia – sarebbe italiana, ma occulta la sua identità con un mascheramento sospetto.
– Espulsione immediata.
– Ma io sono nata in Italia!
L’impiegato fece spallucce.
– Sono le norme antiterrorismo.
L’agente indicò il velo.
– Potrebbe nasconderci una bomba là.
– Nei capelli?
L’agente annuì severo.
– Lo fate, lo fate.
La ragazza venne portata via. L’impiegato diede un’occhiata sbieca al cronometro. L’agente disse
– Rapina.
– Quindici anni.
– Non ci siamo capiti, questa è una rapina – ripetè l’agente, puntandogli la mitraglietta contro – apri la cassa dei risarcimenti in contanti.
– Ma è la sesta volta in un mese – piagnucolò l’impiegato.
L’agente sorrise.
– Denunciami.