di Fabio Deotto
Ce l’ho. Ho la soluzione per la povertà nel mondo, per le ingiustizie, per l’indifferenza della popolazione “occidentale” che ogni sera spegne la coscienza insieme alla televisione per dormire sonni tranquilli. Basta premi Nobel per la pace, basta operazioni umanitarie, basta con le campagne di sensibilizzazione e con i cori stonati dei bambini nelle scuole elementari. Basta con le raccolte di penne e vestiti, basta con i furgoni delle missioni umanitarie che finiscono la benzina al primo casello.
Basta. Ho trovato la soluzione.
Catastrofi e telecamere.
Tante, tantissime catastrofi, una per ogni paese in difficoltà. Ma attenzione, parlo di catastrofi serie, mica un’alluvione da nulla e nemmeno una scossetta d’assestamento che si mangia via qualche casa ingoiando nella terra due famiglie di disgraziati. No, parlo di vere e proprie apocalissi. Innanzitutto c’è bisogno di un bel numero di morti, possibilmente sopra le centinaia di migliaia, possibilmente già poveri, con gli occhioni grandi e lucidi. E i bambini, tanti, tantissimi bambini, ma occhio a non farli finire sotto le macerie, ché son troppo piccoli e poi è un casino ritrovare resti da inquadrare. I bambini lasciateli fuori, nelle strade, coperti di fango, con gli occhi stretti e le guance polverose rigate di lacrime. Migliaia di orfani, ci vogliono. E di senza casa. Servono schiere di case in rovina, giocattoli rotti, peluche insanguinati, foto ricordo di famiglie spezzate intrappolate in cornici frantumate.
Questo è il minimo. Qualche morto di meno, qualche orfano in meno, ed è tutto inutile. La gente non si interessa, cambia canale e tiene il portafoglio chiuso.
Presente il terremoto in Abruzzo? Qualche canzoncina, un g8, una scrosciata di spiccioli e il caso era chiuso. E intanto a Onna continuano a crepar di freddo e stenti. Non è così che si organizza una catastrofe. Ci volevano più morti, più bambini, cazzo, così è stato tutto inutile. Tempo sei mesi a nessuno frega nulla. Anche le telecamere sono scomparse.
Le telecamere. Mi raccomando non dimenticate le telecamere, che se anche muoiono a milioni ma non c’è nessuno che filma, tanto vale non farle, le catastrofi. Dovete piazzarle bene, le telecamere, appendetele ai lampioni, nascondetele nelle cassette della posta, lasciatene un po’ anche nei palazzi che crolleranno, e regolate bene l’audio per l’amordiddio, ché le urla d’agonia fanno un sacco cassa. Non fate che vi dimenticate le telecamere, altrimenti sono dolori.
Presente l’11 settembre? No, non parlo del 2001, cazzo, parlo del 1973. Il golpe cileno, gli americani che fanno fuori Allende e spianano la strada a Pinochet, un tappeto rosso sangue sotto il quale hanno spazzato una delle peggiori ingiustizie della storia. Lo so solo perché ogni volta che arriva l’11 settembre e io mando una mail a tutti per non dimenticare l’attentato che ha cambiato il mondo, qualche comunista di merda mi risponde sempre qualcosa del tipo “va bene ricordare l’11 settembre, ma non dimentichiamoci che quella data era già sporca di sangue prima”.
Eh, e sticazzi? Dov’erano le telecamere, perché non ne parlano in televisione, quanti morti c’erano stati? Non è una catastrofe in piena regola, dico ai miei amici comunisti, se volevano che servisse a qualcosa, dovevano organizzarla meglio. E lo stesso vale per l’apartheid in Sudafrica, e per il Fascismo in Italia… tutti che cercano di farmi sentire in colpa. Dico io, non ci sono stati abbastanza morti. Ben che vi vada, tengo un po’ il broncio il giorno della memoria, ché il Nazismo si è portato via milioni di Ebrei, cazzo, mica noccioline. Ma non chiedetemi di piangere per i bambini del Kosovo, o per il popolo kurdo, perché mi incazzo sul serio.
Siamo realisti, quello che ci vuole sono cento catastrofi ben organizzate, piazzate con criterio sullo scacchiere mondiale. Una milionata di morti ben suddivisi nello spazio e nel tempo. Un continente alla volta, uno ogni mese, diciamo. E vedrai come tutti cominciano ad aprire i portafogli. Altro che Marx, eccola qua la vera redistribuzione della ricchezza! Catastrofi e telecamere contro le ingiustizie, è una cosa così ovvia e geniale che mi stupisce nessuno ci abbia pensato prima.
Non potete pretendere che la gente riesca a pulirsi la coscienza svuotandosi le tasche su tragedie di così poco conto (e con così poca copertura mediatica). Abbiamo bisogno del sangue, cazzo, del sangue! E dei bambini. Dobbiamo sentirci in colpa, e se qualche negro in Angola muore crivellato di pallottole sputate da un bambino col mitra, ebbene, chi se ne frega. Non lo vedo, non mi tange. E allo stesso modo non vedo nemmeno le torture nel CIE di Ponte Galeria, la gente che dorme con la giaccavento e i condizionatori che buttano aria fredda, e le violenze, gli sputi, gli stupri… basta, cosa continuate a rompermi le balle con queste cose, se poi non le mandate in televisione? Cosa continuate a titillare il mio senso di colpa se poi non mi date un conto corrente dove snocciolare qualche euro? Volete lasciarmi con la coscienza sporca? E vogliamo parlare di Rosarno? Non me ne frega un cazzo delle condizioni in cui lavoravano quei quattro negri, non me l’avete fatto vedere. Non c’erano morti, non c’erano bambini con le lacrime, non c’erano peluche insanguinati.
C’erano solo quei cazzo di mandarini…
In fede,
un italiano