di Chiara Cretella
[A trent’anni di distanza dalla sua prima e unica pubblicazione torna in libreria un classico della cultura alternativa degli anni ’70: Joyce Lussu, Padre padrone padreterno. Breve storia di schiave e matrone, villane e castellane, streghe e mercantesse, proletarie e padrone a cura di Chiara Cretella, Gwynplaine, Camerano, 2009. Joyce Lussu traccia una contro-storia delle donne dall’età romana al Novecento inquadrando i temi fondamentali della condizione femminile nel percorso dello scontro di classe in Occidente. Quello che segue è un estratto dall’introduzione.]
La ristampa di Padre, padrone, padreterno è un fatto importante nel nostro panorama editoriale. Pubblicato per la prima volta nel 1976 per l’Editore Mazzotta, il libro divenne subito un classico per la generazione di donne che in quel momento era impegnata nel movimento femminista. Nonostante i contrastati rapporti della Lussu con alcuni aspetti del movimento delle donne, non vi è casa di femministe di quella generazione in cui non abbia trovato un’edizione devotamente annotata di Padre, padrone, padreterno.
Analizzare le differenze teoriche e le pratiche che opponevano i due schieramenti è questione intricata e sottile, che toccheremo solo in parte in questa sede. Poiché a più di trent’anni di distanza, nel grado zero della rivoluzione femminista, la querelle perde le sue asperità, definendo, agli occhi di chi si avvicina oggi alla questione, tutt’al più delle sfumature ma una uguale direzione di liberazione.
Voglio ringraziare gli eredi di Joyce Lussu per aver concesso all’editore Gwynplaine di ristampare questa opera capitale, esaurita in breve tempo ed uscita troppo presto dai cataloghi. Ma un doveroso ringraziamento va anche a Gianni Peg, l’autore della bellissima illustrazione di quella edizione.
Dopo trent’anni siamo riusciti a rintracciarlo e a chiedergli di concederci di riprodurre quell’immagine. Peg non solo ci ha concesso l’illustrazione, ma ha fatto di più: ha voluto disegnarla ex novo, “aggiornarla” alle vicende politiche attuali e restituircela in bianco e nero, così com’era stata originariamente pensata.
«A Joyce sarebbe piaciuta», così ha commentato il geniale spostamento temporale dell’illustrazione, che al profilo mussoliniano sostituisce il ghigno machista di Berlusconi e aggiorna i tratti papali con quelli di Ratzinger. Come dire, il potere è sempre contro le donne: oggi, nel momento della più acuta ingerenza della chiesa sul corpo femminile, anche la politica definisce un canone muliebre vuoto e imprigionato, sfruttato e vilipeso, segno che i diritti non vanno mai dati per acquisiti definitivamente. In un colpo di spugna si possono azzerare trent’anni di lotta, ed è questa l’urgenza che rende attualissimo il pensiero di Joyce Lussu.
Che cosa direbbe Joyce delle nostre politiche, delle nostre false pari opportunità, ora che la tragedia si ripresenta come farsa? Oggi, che le paure espresse ne L’acqua del 2000 si sono tutte avverate, oggi che la guerra ha cambiato il nome in “operazione di pace”, oggi che sappiamo che la violenza contro le donne è per loro la prima causa di morte al mondo? Solo oggi possiamo comprendere quanto profetica, quanto “sibilla”, sia stata la nostra Joyce.
Dico nostra, perché l’affetto che si crea tra chi ha studiato la sua vita e la sua opera, è un sentimento forte: Joyce è stata capace di creare legami trasversali ed è questa una delle sue eredità più poetiche. In questi anni ho incontrato molte persone che l’hanno amata, anche se sono una di quelle che, per questioni anagrafiche, non ha fatto in tempo a conoscerla fisicamente.
Dopo tanti convegni e incontri in giro per la penisola, ho elaborato alcune idee attorno alla memoria che di lei si sta tramandando. Del pensiero di Joyce è quasi impossibile parlare al di fuori di Joyce, cosicché è doppiamente difficile uscire dalla testimonianza, dalla nostalgia per la sua mancanza, insomma, lasciarla andare: consegnare la sua figura alla storia.
Sappiamo che la storia dimentica le donne: Padre padrone padreterno ce lo ha insegnato. Ma credo non sia un caso che Joyce sia stata omessa da pressoché tutti i più importanti manuali, da tutte le antologie letterarie, da tutte le grandi narrazioni del nostro Novecento. La poetessa che ha cantato gli occhi bruciati nei forni dei bambini di Buchenwald, la saggista che ha iniziato le pionieristiche storie locali, la traduttrice che ha fatto conoscere la poesia di Hikmet, Neto, Ho Chi Minh, la guerrigliera e la pacifista, la pasionaria e l’aristocratica, nessuna di queste identità è stata consegnata alla nostra memoria culturale, o non abbastanza.
Joyce Lussu Salvadori (1912-1998) — Compagna di Emilio Lussu, è stata partigiana, traduttrice, storica, letterata, attivista politica e poetessa. Testimone eccezionale dei maggiori eventi del Novecento, dedica l’intensa sua vita alla lotta, unendo con rara maestria un instancabile lavoro d’azione ad una raffinata ricerca teorica. Nella vita fa di tutto: l’istitutrice a Bengasi, il servizio militare in Inghilterra, la clandestina in Francia, l’insegnante e la guerrigliera. Attraversa luoghi lontanissimi, conosce e traduce personaggi storici come Mao, Ho Chi Minh, Castro, Mandela, Hikmet, Neto. In vecchiaia non cessa di scrivere e si ritira nella sua tenuta marchigiana, una sorta di casa della pace, insegnando un nuovo metodo di didattica della storia nelle scuole.