Redazionale
La decisione di Cesare Battisti di attuare, come estrema e disperata forma di protesta, lo sciopero della fame — di mettere in gioco la propria vita — mostra, nella sua gravità, lo stato in cui la nuda vita è costretta oggi.
Un uomo è inseguito e raggiunto, dopo trent’anni, da un’accusa alla quale non è possibile rispondere, dalla quale è tecnicamente impossibile difendersi: una condanna comminata sulla sola parola di un pentito che la legge riconosce avere più volte mentito. Una condanna comminata all’insaputa del condannato, che è diventata definitiva e irrevocabile perché il condannato, non sapendo di essere tale, non ha potuto ricorrere in appello — a differenza di altri correi, in appello assolti dalle medesime imputazioni.
Questa è la storia di Cesare Battisti: accusato da accusatori che hanno responsabilità politiche e morali pari a quelle che gli vengono imputate – ad esempio, ex ministri che condividevano, con ruoli dirigenti, spazi politici con i militanti dei NAR.
Questa è la storia di Cesare Battisti: inchiodato a una falsa rappresentazione della realtà: assassino di Torreggiani e feritore del figlio rimasto invalido per i media e la pubblica opinione, non ostante le stesse sentenze dicano che quella volta lì Cesare non ha sparato perché non c’era.
Questa è la storia di Cesare Battisti: come se tre decenni di vita potessero esser cancellati con un tratto di bianchetto.
Non è possibile girare la testa e ignorare cosa succederebbe a Cesare Battisti se venisse tradotto in un carcere italiano. Come non è possibile girare la testa e ignorare il destino toccato a Stefano Cucchi. Le foto del corpo di Stefano Cucchi dicono tutto: la nuda vita, il mero corpo esposto alla violenza dello Stato, al desiderio microfascista di potere, vendetta, di violenza di alcuni servitori dello Stato per il quale è subito scattata la difesa d’ufficio (mica stiamo parlando di “zingari” ubriachi), e per i quali è comunque pronta l’autoassolutoria definizione di “poche mele marce” da parte dello Stato (mica stiamo parlando di “rumeni”).
Quando tra il cittadino e lo Stato, tra il corpo e il Potere, tra la vita e il “monopolio legittimo della violenza” non s’interpone più alcuna barriera, alcuna mediazione, alcuna istituzione viene svelata l’originaria natura tirannica del Potere. La vita in pericolo di Cesare Battisti, i corpi oscenamente macellati di Stefano Cucchi o di Federico Aldrovandi, ci mostrano che a questo siamo arrivati.