di Emanuele Manco
[Come si capirà dal testo, questa è solo l’introduzione a un romanzo di Emanuele Manco ancora in corso di scrittura.]
Curnuto!
Dalle mie parti non è solo un insulto alla onorabilità di una persona, o una insinuazione di scarsa fedeltà del compagno/a.
Il concetto è un po’ più ampio. Intanto dipende molto dal tono. Se lo dici in tono scherzoso un “cornuto” o un “cornutazzo” è un tipo in gamba, spiritoso, furbo.
Certe volte c’è autocompiacimento a darsi del “cornuto”. Un detto siciliano dice “per un cornuto, un cornuto e mezzo”. Come a dire che per ogni azione c’è una reazione maggiore e contraria, in spregio alle leggi della fisica, ma non alle dinamiche personali della mia terra.
Apprezzamento è anche il modo di dire “corna dure”. Chi le ha preferisce vantarsene. Se uno è “corna dure” si spezza ma non si piega, e dovrebbe meritare rispetto.
Se il tono è incazzato allora è un insulto, ma non sempre nel senso di cui sopra, bensì si da del cornuto a colui che osa frapporsi fra l’insultante e un suo scopo, lecito o illecito.
Di solito per un automobilista tutti gli altri automobilisti sono cornuti per definizione. Solo per il fatto di stare lì, per strada, per nulla pronti a fermarsi per farlo passare.
Ma il vero paradosso logico si ha quando si ha che fare con i soprusi subiti. Chi si oppone al mafioso o a un delinquente è un “gran cornuto”, perché non gli viene riconosciuto il diritto di opporsi. Non puoi osare nulla. Una logica ribaltata assolutamente aberrante, sono un cornuto se oso oppormi a un sopruso, mentre come vittima io considero cornuto colui che si impone a me.
Ma chiedere a un delinquente onestà intellettuale è chiedere troppo. A un mafioso poi, che giura fedeltà alle cosche sulla Bibbia, dove sono scritti i dieci comandamenti, è chiedere la luna.
Chi denuncia è il curnuto.
Talvolta l’insulto è esteso anche alla progenie e ai consanguinei: “Curnuto tu, e tutta a to’ razza” (Cornuto tu, e tutta la tua progenie).
Il massimo si raggiunge quando si chiede partecipazione: “Curnuto tu, e cu’ un’ tu dice pure!”. (Cornuto tu e anche chi non te lo dice). E a quel punto scatta il coro di chi, non volendo sfigurare, partecipa al coro “CORNUTO!”. Selve di corna, con significati anche opposti.
D’altra parte cornute sono le lumache. Anche dalle mie parti si mangiano lumache, di due tipi, i “babbaluci”, piccolini, e i “crastoni”, molto simili alle escargot francesi. Il “crasto” è quindi un tipo scaltro nella vulgata comune. La simpatica canaglia, usando una terminologia ormai desueta. Uno di quei casi di autocompiacimento della “cornutaggine”.
Cornuti, crasti e babbaluci mi sdegnano in egual misura. Ricordo un giorno al mare, avevo tredici anni, erano circa le 19. Una tipica famiglia era placidamente accampata vicino alla mia. Di quelle famiglie che si portano praticamente mezza casa. Piantano la tenda alle 5.30. E mangiano pasti completi, con teglie di pasta al forno coperte da fogli di alluminio, contenitori tupperware pieni di cotolette, caponate, salumi, formaggi e olive. L’anguria di solito è messa sul bagnasciuga per tenerla fresca. Una borsa frigo blu/arancione piena di “Coca Cuela” e vino di Partinico a 18°. La famigliola, non paga del pranzo, serbava nella dispensa un’ultima meraviglia. La matrona infatti richiamò proprio verso le 19 l’attenzione della famigliola al grido “I BABBALUCIIIII”. In mano aveva una insalatiera king size, grondante di lumache condite con aglio e prezzemolo, dall’odore nauseabondo. La famigliola si riunì come uno sciame di cavallette. Insopportabili furono poi i suoni di risucchio emesso dai commensali nel mangiare i babbaluci.
Questa storia, di curnuti, di mafiosi e/o presunti tali, è una storia di formazione. Non so se sia una coincidenza. Ma spesso le storie di “formazione”, sono ambientate in estate. Il protagonista adolescente, in queste storie, vive un’estate densa di avvenimenti che saranno significativi per la sua vita. E’ una legge non scritta? Non succede niente quando l’adolescente va a scuola? O forse i mesi estivi si prestano meglio a una drammatizzazione? Non so. Forse, libero da impegni, l’adolescente in quei mesi vive più intensamente. E ricorda meglio.
I tardi Anni ’70 per esempio. I primi Anni ’80. Non c’erano pool antimafia, non c’erano movimenti popolari. C’era una città cementificata. Gonfia di soldi di appalti e droga. Dove gli appartenenti alle cosche palermitane facevano la bella vita. Senza immaginare la mattanza che li avrebbe travolti, provocata dai sanguinari corleonesi.
Molti hanno vissuto quel periodo come se tutto fosse normale. Un’infanzia vissuta in quelle contiguità familiari, di quartiere, di persone con le quali si cresce insieme. Giovanni Falcone le battezzò contiguità. Il tessuto di rapporti familiari o di lavoro ti porta a imbatterti continuamente in scene e atteggiamenti che riconosci, che annusi a lampo. Sapendo di non poterci fare niente, perché sei un granello di polvere. Sei un ragazzino che deve studiare, sarà meglio, invece di cercare in strada una via veloce alla bella vita. Molti hanno fatto questa scelta. In realtà neanche una scelta, ma quasi una attitudine naturale per fortuna. Ricordo il giorno dell’arrivo di Buscetta dall’”America”, quando sembrò aprirsi il muro dell’omertà. Da quel giorno la parola Buscetta è diventata un insulto. Peggio ancora che cornuto. Insulto gravissimo. Mortale. Un “Buscetta” è il peggiore degli esseri umani. E non è questione di appartenenza di censo. Non c’entra nulla. Non in una società nella quale per qualsiasi cosa devi fare, la prima cosa che ti viene chiesta è “chi ti porta”, “chi ti aiuta”. Puoi anche vedere. Ma impari presto che qualsiasi cosa tu vedi, non puoi averla vista. Se stai comprando un libro, e vedi una persona che al proprietario del negozio chiede i “soldi per i carcerati”, che cosa fai ? Denunci? E cosa? Un parlare allusivo che dice tutto e niente?
E quando, inevitabilmente, per quanto ti giri, certe persone te le trovi accanto, nella tua stessa famiglia, l’unica cosa che puoi fare è costruirti la tua vita e attendere. Perché, si dice da noi, è strada “co’ spunta”, che non spunta. Quel ragazzo con cui giocavi a pallone per strada, morirà del suo stesso orgoglio mafioso. E allora passi la vita aspettando, sperando che si autodistruggano, tanto da solo non vai da nessuna parte in Sicilia.