di Danilo Arona
Ci sono accadimenti, nel mondo, di cui abitualmente la stampa si occupa poco o nulla. Vorrei riportarne uno a galla, poi capirete perché. Si tratta di una storia che viene da New York, risalente all’estate del 2001 e che proviene dal mio nutrito archivio di documentazioni sul Palo Mayombe, argomento sul quale ho scritto un paio di libri alcuni anni fa.
Il protagonista principale, quanto meno colui che la rese nota a pochi giorni dalla catastrofe dell’11 settembre, si chiamava Charles Wetli e ricopriva all’epoca il ruolo di capo medico esaminatore alla morgue della contea di Suffolk. Questa è una zona che fa parte dell’area metropolitana della Grande Mela, addentro la parte centro-orientale dell’isola di Long Island, densamente popolata. Wetli, che arrivava da Miami, era esperto di lungo corso in merito alle religioni sincretiche praticate dalla comunità cubana, ma inorridì ugualmente per il disgusto e la sorpresa quando in un appartamento di Washington Heights fu scoperto il piccolissimo cadavere di una neonata, galleggiante a testa in giù dentro una sorta di orcio ricolmo di formaldeide.
Di sicuro sconvolto per il fatto in sé perché la bambina appariva pienamente formata, bellissima, la pelle olivastra e i capelli scuri diritti come aghi di pino a causa dello shock termico, ma terrorizzato anche per il contesto: in quell’appartamento i poliziotti avevano scoperto una grottesca collezione di ossa umane provenienti da chissà dove, teschi, piccole statue di santi cattolici, paraphernalia da magia nera e un’altra giara nascosta in uno sgabuzzino ricolma di carne putrefatta galleggiante sopra una sordida mistura liquida non molto identificabile. Nessun dato sulla neonata: né parentele né testimonianze. L’alloggio risultava intestato a una donna deceduta investita da un’auto pochi giorni prima. Gli scenari ipotizzabili erano almeno due, orripilanti uno più dell’altro: la bambina poteva essere nata morta, e il suo corpo rubato o magari comperato da una morgue di qualche ospedale. O, molto peggio, era nata viva e venduta, rapita o portata via per un sacrificio rituale.
“Lo abbiamo classificato come omicidio, ma speriamo che la bambina sia nata morta”,dichiarò all’epoca il tenente George Menig, che collaborava alle investigazioni per il 33° Distretto, “sarebbe terribile se fosse un sacrificio umano”.
Che fosse nata morta o che fosse stata assassinata, Menig non impiegò molto a scoprire che il corpo della bambina era finito tra le mani della settantaquattrenne Margaret Ramirez, intestataria dell’alloggio Gli investigatori ritennero che la Ramirez, e forse suo figlio Michael Grajales, 54 anni, avevano usato il corpicino e altri reperti nella loro pratica del Palo Mayombe, che qualcuno crede essere un’antica religione afro-cubana in qualche modo affine alla Santeria ma che in realtà è una feroce tecnica magica di comunicazione con il mondo dei morti e gli spiriti del Male. Purissima magia nera, i cui sacerdoti – chiamati paleros o nganguleros – sostengono che usando e toccando parti di un corpo umano defunto, si possa entrare in contatto con lo spirito del morto e renderlo schiavo. Gli spiriti sono così completamente assoggettati al volere del palero, quasi esclusivamente al servizio del Male.
“Questa gente, questi paleros, ridefiniscono il concetto di Male”, dichiarò un investigatore che non volle essere nominato. “Tu stai parlando con il diavolo stesso quando parli con questa gente”.
Tanto la madre quanto il figlio non erano in grado di fornire alcun indizio sulla vicenda. La Ramirez, appunto, era stata mortalmente investita da una macchina il 17 luglio mentre attraversava la strada per recarsi al suo appartamento: questo l’incidente che aveva permesso alla polizia di accedere alla camera degli orrori nella contea di Suffolk. Il figlio, uno psicolabile dai capelli lunghissimi dipinti di giallo e barba folta e incolta, era precipitato nel baratro del delirio dopo aver appreso della morte della madre e fu portato via in manette. In quanto veterano del Vietnam, Grajales venne rinchiuso in un reparto psichiatrico dell’Ospedale dei Veterani nella 23^ strada Est. Nei rari momenti di lucidità, negava ogni suo coinvolgimento nelle pratiche mayombere della madre. Ma la polizia indagò a fondo e scoprì una realtà diversa. Si scoprirono ad esempio diversi appunti della Ramirez, che contenevano complicati riferimenti all’uso di teschi, frecce, croci e altri simboli paleros per comunicare con gli spiriti, nonché una serie di altro indizi su diversi affiliati alla setta.
“Lei era un vero rullo compressore”, dichiarò una conoscente della Ramirez, “era carismatica, con una personalità diabolica, in grado di reclutare gente di ogni etnia”. A detta dei vicini, spesso pesanti effluvi d’incenso provenienti dall’appartamento della Ramirez invadevano la strada, spandendosi dalle fessure della porta chiusa. “Quell’appartamento puzzava come un cadavere”, ricordò l’avvocato Luis Pena, che viveva nell’appartamento accanto a quello della Ramirez. “Madre e figlio vivevano lì come reclusi da un sacco di anni, e nessuno ha mai verniciato o imbiancato l’appartamento.”
Pena disse anche che la donna sbarrava le finestre inchiodandole con delle assi e si dimostrava riluttante a usare i bidoni dei rifiuti fuori dall’edificio, trasportando furtivamente e nottetempo i suoi piccoli sacchi di spazzatura lungo gli angoli per buttarli nei bidoni di un altro palazzo. Una volta che Pena provò a redarguirla, lei gli rispose: “Non guardarmi, io sono una vera strega!”, urlando anche che poteva volare nella notte.
Quando la polizia arrivò a quell’indirizzo per comunicare al figlio la notizia della morte della madre, fu proprio Pena a raccontare le varie stranezze della Ramirez e del suo rampollo. Allora i poliziotti non ci pensarono due volte e sfondarono la porta. “Tutto appariva spettrale, quasi il set di un film horror”, disse Menig, “pareva una pagliacciata di Halloween.” Poi la scoperta terribile della neonata, galleggiante nell’orcio (quello che nel Palo Mayombe viene detto Nganga), che mostrava ancora il cordone ombelicale con la pinza attaccata come si usa negli ospedali. Le sue minuscole mani furono inchiostrate per trarne le impronte digitali, di modo da poterle mostrare negli ospedali nell’eventualità d’imbattersi in qualche denuncia di sparizioni di neonati. Venne ordinata l’autopsia per scoprire la causa della morte da parte della dottoressa Ellen Borakove che confermò che la bambina era nata in condizioni normali. Il piccolo corpo venne dislocato alla morgue in attesa di eventuali testimoni. Come la Ramirez avesse potuto usufruire del corpo della bambina è ancora oggi un mistero. “Un bambino non è di solito un ingrediente di un Nganga”, disse Wetli,”ma la Ramirez potrebbe aver potrebbe avere tentato di schiavizzare lo spirito della bambina. Oppure ha inteso creare un fumbi, un giovane spirito dannato di eccezionale e maligna potenza.”
Un sacerdote palero di Astoria, Queens, all’epoca diede la seguente e ambigua risposta quando gli fu chiesto a che cosa poteva servire servire il corpo di un bambino appena nato nella sua “religione”.
“E’ un segreto, è un segreto”, rispose, troncando la questione. E aggiunse di avere conosciuto la Ramirez. “Lei camminava per le strade di Suffolk minacciando la gente. Chiunque a New York praticasse il Palo sentiva parlare di lei”, disse l’uomo, giurando di averla respinta perché la considerava una pericolosa novizia che si occupava in modo superficiale di una letale forma di magia nera. “L’uso del corpo di un bambino potrebbe alludere al patto col diavolo”, confessò alla fine il sacerdote. “Ma la cosa in sé non regala alcun potere. Crea soltanto una micidiale forma di energia in grado di ripercuotersi su tutta la città. La stessa morte violenta della Ramirez potrebbe essere stata causata da ciò che si trovava nella sua testa. I suoi spiriti – magari proprio lo spirito della bambina nell’orcio – gli si potrebbero essere rivoltati contro. Una cosa che potrebbe essere accaduta: la bambina l’ha uccisa. La Ramirez ha pagato con la vita”, concluse il sacerdore palero di Astoria.
Da lì a pochi giorni a New York avvenne la strage delle Twin Towers.
Uno scrittore, più o meno ricco di macabra inventiva, non fa fatica a collegare gli eventi. Peccato che gli eventi autentici — quello che vi ho appena raccontato è solo quello più fisicamente vicino al teatro dell’olocausto dell’11/09 — precedenti il fatale appuntamento con la storia potrebbero andare persino al di là dell’immaginazione di uno scrittore. A New York e nel mondo è successo qualcosa di analogo prima e quasi durante: otto bambini uccisi a coltellate in giugno a Osaka, trecento piccoli africani arrivati da maggio a luglio all’aeroporto londinese di Heatrow scomparsi nel nulla, l’inizio in Niger nel marzo dello stesso anno delle persecuzioni ai bambini accusati di stregoneria e che ancora sta proseguendo… E ventiquattro ore prima delle Torri Gemelle, sulle sponde del Tamigi, viene ritrovato il busto — privo di testa, braccia e gambe — di un bambino nero, ancora oggi ricordato come “Adam”. E termino qui, anche se il repertorio è ben più vasto.
Esiste la guerra psichica? Esiste un’energia malignamente indirizzata in grado di fiancheggiare la guerra tradizionale?
Consideriamolo pure un delirio. Ma ricordiamoci che uomini, piante, animali e cose, tutto praticamente, interagiscono attraverso i cosiddetti campi morfici. Come dimostrò il biologo H. Cwaddington, la natura possiede una memoria. E ogni sistema conosciuto non è solo regolato dalle leggi conosciute della scienza fisica, ma anche da campi organizzativi invisibili detti “morfogenetici” che possono attuare una “risonanza morfica” in grado di potenziare l’obiettivo di un evento “provocato” ad hoc.
Forse sta giungendo sul serio il momento di guardare in faccia l’invisibile e di capire perché esiste la Luce Oscura.