di Leandro Piantini
Enzo Fileno Carabba, Le colline oscure, Barbera editore, 2008, pp, 269, € 15,00.
Questo romanzo conferma che Carabba ha una spiccata vena umoristica e sa costruire atmosfere inusuali nella nostra narrativa. Le colline oscure è infatti uno scoppiettio di trovate e di battute fulminanti. La satira colpisce soprattutto l’ambiente delle scuole, che il protagonista Angelo frequenta come insegnante di scrittura creativa. Ne risulta un quadro esilarante, un universo dell’assurdo dalle risorse infinite. Gli studenti sono degli zombie, così come molti insegnanti e presidi, tra cui spicca la Manetti, “manager leopardata”, e non parliamo dei bidelli.
In queste scuole sembra che si pratichi “il cannibalismo rituale”. E una volta ad Angelo capita questo ragazzo. “Disse ad Angelo io non sono un bambino cattivo. E’ che mi hanno addestrato male, come i cani. La frase era indimenticabile”. E questo quadretto dei suoi studenti è impagabile: ”E poi che ci fossero dei delinquentelli a essere sinceri era vero, c’era anche lo spacciatore ufficiale della scuola, se è per questo. Ma c’era anche un gruppetto che Angelo aveva finito per amare… un gruppo di suoi sostenitori… avevano riflessi prontissimi, perché intercettavano gli oggetti lanciati dagli altri, tipo lattine semipiene che rischiavano comunque di colpirlo”.
E poi c’è la campagna intorno a Firenze dove Angelo vive, e dove abitano degli americani religiosissimi che Angelo chiama “oliatori di matrimoni” perché cercano di rendere “scorrevoli” le unioni pericolanti. E soprattutto ci sono le Madonne dei tabernacoli, da cui spesso spiccano il volo per esalare nell’ambiente, e boschi animati da misteriose presenze, insieme a nugoli di tafani ai quali Angelo e i suoi amici danno la caccia con la tecnica della “via Zen al tafano”. Insomma, sono molto le cose strane che accadono in questo libro.
Carabba vivacizza al massimo il suo mondo, e da quelle terre, e dalle persone che sono sempre in giro — come fa anche Angelo – per i boschi spira un’aria poco rassicurante. Del resto non è questa la campagna dove pochi anni fa ha imperversato il Mostro? Chissà se l’irrequieta fantasia di Carabba non sia stata una volta per tutte contagiata da quelle atrocità.
Non ci ingannino l’umorismo e la natura mite di Angelo. Forse c’è ancora qualcosa che riesce a frenare la sua fantasia e a tenerlo lontano dal peggio, dallo scrutare più a fondo in un mondo da cui è attratto e che non pare per niente un mondo innocente. Ma quello che sembra aver già intravisto è allarmante. Che abbia subodorato qualcosa di losco?
Del resto lo dice lui stesso: “Angelo era cresciuto tra i mostri. Suo padre fin dalla più tenera età lo aveva portato a vedere film terrificanti. Adesso … Angelo non poteva vedere una mummia assassina senza struggimento, senza provare nostalgia dell’infanzia. Gli zombie erano la sua madeleine”.
Il narratore oscilla tra comicità e un esoterismo che, più che metafisico, sembra di specie magico-situazionista — non dico surreale perché la parola lo fa andare in bestia. Insomma, una buona dose di mistero agita, come il vento che precede la tempesta, queste pagine in apparenza così svagate e sorridenti.
Il fatto è che Enzo Fileno ama svisceratamente il fantastico, per lui non conta nulla la realtà terra terra, la respinge, e appena può la trasforma in gag irriverente, in evento straordinario, in messinscene allucinatorie. Angelo, deus ex machina del racconto, folletto saggio e pazzerello che ne sa una più del diavolo, non cessa mai di stupirci trovando in quel che capita sotto i suoi occhi sempre nuove meraviglie. E se non le trova se le inventa.
Io credo che a questo punto Carabba potrebbe cimentarsi in un’invenzione romanzesca ancora più impegnativa. Forse quello che sta dietro le sue visioni funamboliche e che ancora non si è manifestato in pieno è un gorgo, un abisso dove tutto potrebbe una buona volta sprofondare, e forse Angelo ne sarebbe contento. Non sarebbe chiaro allora che quello che si nasconde dietro le apparenze della realtà assomiglia più al Maëlstrom di Edgar Allan Poe che alle maliziose madonne che appaiono sotto il dolce sole di Toscana?
Forse io sto forzando la mano a Carabba per farlo diventare più sulfureo di quel che è. Ma pensiamo per un momento a quello che sarà la campagna che egli ci racconta tra 50 o 100 anni. Se un giorno una nave spaziale proveniente da Marte venisse a posarsi sui pianori del Casentino io non credo che Angelo si spaventerebbe più di tanto, anzi forse esclamerebbe “era ora!”.
E immagino cosa potrebbe accadere quando intere famiglie di cinesi e di indiani si impadronissero con tanto di contratti d’acquisto delle ville, delle coloniche, dei campi della verde Umbria e della Toscana e, insieme alle famiglie, vi trasferissero l’eredità di civiltà millenarie che l’Europa ignora completamente. E’ chiaro che qui siamo nella fantascienza. Ma il cuore di Angelo batte per persone e per modi di vivere ancora di là da venire, per qualcosa che i comuni mortali ancora non immaginano nemmeno. Ma che intanto ha già cominciato a far capolino tra i tabernacoli, le strade bianche, gli oliveti e i filari di viti della campagna più bella del mondo.