di Marco Meneghelli

Saramago.jpgIl re dei critici letterari, l’estensore del Canone Occidentale, Harold Bloom, lo ha definito “il romanziere maggiormente dotato di talento ancora in vita. Il Maestro è uno degli ultimi titani di un genere letterario in via di estinzione” (Il Genio, Bur 2003). Non per caso, è stato insignito del Nobel per la letteratura nel 1998. Le sue prodigiose doti affabulatorie, il suo possesso totale della scrittura di cui è il miglior “pianista” oggi vivente non permettono di sollevare la pur minima critica all’affermazione del critico statunitense. Leggendo Saramago, ci si trova di fronte a un vero Genio Letterario, che possiede a tal punto i mezzi della scrittura, da poter scrivere eliminando quasi completamente la punteggiatura, distendendo in un flusso continuo di materia verbale le sue magnifiche storie.

Del vasto corpus narrativo dello scrittore portoghese, prenderò in considerazione tre romanzi: L’uomo duplicato (2002), Saggio sulla lucidità (2004), Cecità (1995) (1). L’analisi di queste tre opere condurrà a considerare i seguenti temi: il rapporto tra letteratura di genere e letteratura tout court all’interno del genere letterario romanzo. Il tema, che ritengo centrale, almeno in queste opere, (in particolare SL e C) della genealogia della politica. Il tema correlato di quelle che, d’accordo con la definizione datane da Wu Ming si possono chiamare contronarrazioni e che nell’opera di Saramago acquisiscono un carattere del tutto particolare che cercherò di definire. Il tema dell’impegno dello scrittore. Concluderò riferendomi di nuovo alle affermazioni dei Wu Ming nel saggio sul New Italian Epic “Noi dobbiamo essere i genitori”, considerando Saramago uno degli “ultimi padri” della letteratura.

Questioni di genere

Già ho accennato alla forma scrittoria di Saramago. Parlerò ora di quella che si potrebbe definire la sua ispirazione, l’aspetto generativo delle sue storie, lo spunto, l’idea, il germe che poi viene sviluppato, la scelta della struttura narrativa.

Saramago non è uno scrittore di genere. Leggendolo si ha la corretta impressione di trovarsi di fronte ad Opere Letterarie con la L maiuscola. Tuttavia, in almeno 2 due dei 3 romanzi che ho citato ad esergo (UD, C) l’espediente narrativo può essere in certa misura interpretato come tratto dalla narrativa di genere.

In UD, romanzo dall’atmosfera onirico-surreale tipicamente portoghese, credo debitrice di Pessoa, il tema del doppio, dell’uomo duplicato, è proprio della letteratura fantascientifica. Pensare alla presenza di due uomini assolutamente identici che poi ad un certo punto si incontrano: questa è la struttura scelta per la narrazione. Operazione che non è esattamente analoga ad esempio al film di Kieslowski, La doppia vita di Veronica, in cui si narra delle due vite alternative di Veronica, due vite possibili, un po’ in stile Sliding Doors nella delineazione di universi alternativi. Esso ci ricorda piuttosto certi romanzi “pulp science fiction” americani in cui dell’espediente, del topos letterario del doppio (che risale peraltro alla letteratura greca) si è fatto largo uso (2). Tale espediente è peraltro tipico anche della letteratura tout court, si pensi soltanto al Sosia di Dostoevskji, di cui questo romanzo saramaghiano pare essere il parente più prossimo. Ma che non può appunto non far pensare a un influenza di genere (di quello fantascientifico in particolare) rispetto a questo romanzo..

In C invece, l’espediente narrativo pare mutuato, non so se consapevolmente o meno, da Stephen King e in generale dall’idea di contagio. La cecità qui si diffonde per contagio, da un primo uomo diventato improvvisamente cieco via a via a tutti gli altri, universalizzandosi. Tale tema del contagio è già peraltro presente almeno nell’Eneide di Virgilio, quando il poeta latino parla del diffondersi della fama, o in Manzoni, quando lo scrittore milanese parla del diffondersi del morbo pestilenziale e certamente in innumerevoli altri luoghi letterari. Tuttavia l’idea di una epidemia di cecità, ricorda da vicino la trama di uno dei massimi romanzi di King, L’Ombra dello scorpione, dove si diffondeva per contagio un’epidemia mortale e fulminante. L’espediente lì era una sorta di virus del raffreddore (3).

In realtà, all’interno del genere romanzo, i sottogeneri hanno da sempre influenzato quella che si considera la narrativa cosiddetta mainstream, e anche questo caso testimonia di questo continuo reciproco influenzarsi di ambiti narrativi tradizionalmente considerati diversi. Questo fatto dovrebbe condurci alla considerazione per cui esiste un unico genere, il genere romanzo, che poi si declina secondo varie tipologie, che però non concernono di fatto il valore letterario di un’opera, quanto la sua classificazione biblioteconomica ed editoriale, buona per permetterci di trovare ciò che cerchiamo in una biblioteca, in una libreria o si un sito di e-commerce di libri.

In questo senso, ci si potrebbe domandare dove possiamo mettere un UNO (Oggetto narrativo non identificato) in biblioteca, o andare a censire come gli UNO sono classificati in biblioteca o sui siti di e-commerce. Problema in fondo in parte simile alla classificazione dell’ornitorinco in ambito zoologico, di cui ci ha parlato una decina di anni fa Umberto Eco, ma forse tutto sommato meno profondo e che talvolta potrebbe rischiare di tradursi in una questione di lana caprina come quella della definizione del sesso degli angeli. E’ peraltro chiaro che le considerazioni wuminghiane non concernono la classificazione biblioteconomica delle opere NIE, ma la questione del loro valore letterario. Per evitare fraintendimenti, io qui considero, all’interno del genere romanzo, il genere “letteratura tout court”, senz’altra specificazione, come uno dei generi possibili, come sono generi la science fiction o il poliziesco (Il nome della rosa è un poliziesco, un romanzo storico o letteratura? E che dire del pasticciaccio gaddiano?). Quindi si tratta di distinguere tra un livello classificatorio e un livello del valore letterario. Nella mia classificazione ideale, Saramago è all’interno del genere letteratura (portoghese, occidentale, universale) e a livello di valore è grande arte letteraria. E, per esempio, Philip Dick, è science fiction come classificazione, e pur sempre letteratura di valore artistico da un punto di vista della valutazione della sua opera. La questione che qui accenno è peraltro estremamente complessa, e servirebbero interi libri per affrontarla adeguatamente. Tuttavia il senso di ciò che intendo dire credo possa trasparire in modo sufficiente nelle mie affermazioni.

Saramago riesce straordinariamente a scrivere letteratura partendo da espedienti narrativi di genere, tanto che con Saramago si ha l’impressione di leggere letteratura da premio Nobel, ma poi magari ti accorgi che certe idee sono prese direttamente dalla narrativa popolare, nel senso che danno a questo termine i Wu Ming (4)
Questo è il tratto epico della scrittura di Saramago. Egli potrebbe a giusto titolo rientrare perfettamente nell’idea wuminghiana di letteratura popolare. Facendoci comprendere come le distinzioni di genere siano buone solo forse a livello classificatorio e di mercato editoriale ma che cadono quando ci si trova di fronte ad opere di indiscutibile valore letterario (questa poi è la vera questione). Più interessante appare allora domandarsi per esempio che cosa sia un UNO dal punto di vista del valore letterario, al di là delle peraltro interassanti considerazioni di genere che possono scaturirne. Per quanto, livello classificatorio e livello di valore letterario, siano intrecciati a rendere la complessità della questione in gioco.

La questione del genere, insomma, in tutto il suo intreccio complesso e per come è stata sollevata da Wu Ming e dal dibattito che ne è seguito rispetto agli UNO, dovrebbe tradursi e prendere la direzione dell’interrogazione rispetto allo statuto letterario e al valore di un opera.
E la stessa questione del valore si dovrebbe tradurre in quello che si può chiamare l’impegno contronarrativo dello scrittore, di cui Saramago è uno degli interpreti principali. La questione insomma si risolve in quella della politica e della sua genealogia in campo letterario.

Genealogia della politica, contronarrazioni, impegno

Quelli di Saramago appaiono come esperimenti nella sala operatoria della scrittura, in qualche modo nel senso in cui Foucault parlava di tavola operatoria all’inizio de Le Parole e le Cose, ma anche in un senso non foucaultiano. Saramago prepara la sua sala operatoria a partire appunto da espedienti letterari. In C, l’epidemia di cecità che fa decidere allo Stato di internare i ciechi contagiati appunto in un ex ospedale In SL, invece l’espediente operatorio è la scheda bianca per le elezioni governative, votata a maggioranza, da cui poi sfocia tutta la contronarrazione, la (contro)insurrezione, ma vorrei restare per ora su C.

All’interno di questa sala operatoria, l’operazione che Saramago mette in atto come in vitro è quella di una genealogia, che ricorda da vicino i racconti delle origini del diritto del giusnaturalismo e di autori come Hobbes o Rousseau, senza togliere campo anche alle narrazioni mosaiche bibliche sui comandamenti. In questi esperimenti, assistiamo appunto a splendide e allo stesso tempo “eliotiamente” crudeli genealogie.

Cosa accade infatti ai ciechi che vengono internati dallo Stato e controllati dalle forze di polizia e manu militari? Accade di organizzarsi, a partire dal vincolo e dal limite della loro cecità (una sola donna, sotto mentite spoglie e mentendo sullo stato della sua vista, vede). Devono trovare il modo di condividere lo spazio interno del loro internamento, di convivere, procurarsi il cibo, sopravvivere (5).

Molto presto, in questa genealogia letterariamente splendida e insieme crudele, i rapporti di potere prendono il sopravvento sopra di una ideale organizzazione democratica, fanno il loro ingresso a un certo punto delle armi, che danno potere al più forte e debolezza al più debole, muoiono dei ciechi. Velocemente la situazione diventa reale, di un realismo grottesco e a negatività prevalente. Compaiono i ladri, i furbi, i sopraffattori, i violenti, e questi sembrano avere fino a un certo punto la meglio.

Questa genealogia della politica, che qui abbiamo solo sommariamente descritto, si attaglia molto bene a ogni genealogia della politica e del suo potere. Essa va probabilmente benissimo per il Portogallo (Saramago non fa nomi propri di stati) ma sarebbe perfetta, davvero perfetta per l’Italia, vera metafora reale dei mali di un paese. Che in qualche misura ci fa pensare all’universalità del male geneticamente e genealogicamente iscritto nella politica, al di là di un po’ campanilistiche considerazioni nazionali.

I problemi politici a cui da tempo ormai assistiamo in Italia sono universali, e l’Italia è quella particolare nazione in cui si dà quel tipo di universalità genealogica che Saramago ha straordinariamente rappresentato in C e in SL (6). Parafrasando Genna: l’Italia è un paese di avanguardie, dal rinascimento al fascismo, alla liquefazione attuale di quello che chiamerei, con Belpoliti, il destino transumano e cyborg dell’Italia e dell’Occidente (di cui appunto, d’accordo con Genna, l’Italia, è in questo, la punta più avanzata).

La vocazione politica degli scritti di Saramago che ho qui preso in considerazione è evidente, e il tema politico è esplicito in SL (cosiccome in C): quasi un invito alla rivolta, a una contronarrazione rispetto al potere costituito, sempre esterno, lontanissimo e vicinissimo, presente, capillarmente presente nella vita di tutti noi, nella nostra stessa biologia e antropologia e allo stesso tempo distante e sovrastante, appunto sovrano. E che configura l’impegno politico dello scrittore, che è anzitutto e nel contempo impegno letterario.

Si noti: in SL, da una situazione improbabile, la maggioranza che vota scheda bianca, si delinea una vera e propria contronarrazione, una narrazione controfattuale tutta interna alla storia, e non, come vorrebbero i Wu Ming, in questo giustamente incalzati criticamente da Tiziano Scarpa, alla Storia. La contronarrazione è tutta interna al mondo possibile delineato nel romanzo, anche se ciò non significa che tale mondo non ci ricordi il nostro mondo reale. Ma la “pezza d’appoggio” è interna, la contronarrazione e quella sorta di (contro)insurrezione che ne deriva è tutta interna alla storia narrata.

Tale impegno contronarrativo letterario e politico di Saramago non resta peraltro confinato al mondo del romanzo. Ma stavolta non più e inevitabilmente a livello di letteratura quanto a livello di saggistica. Il saggio in uscita Il Quaderno (e il blog correlato ) ne è la più evidente testimonianza. Che Saramago se la prenda con Berlusconi è del tutto coerente con il suo impegno genealogico nei confronti del Politico. Ne è la diretta e più semplice conseguenza, conclusione quasi automatica del suo sillogismo letterario. Chi conosce e ha letto Saramago non dovrebbe provare nessuno stupore rispetto a ciò e alle stesse conseguenze editoriali a cui la sua presa di posizione ha dato luogo a proposito del recentissimo caso Einaudi.

Saramago è uno degli ultimi padri della letteratura, uno degli ultimi scrittori ad avere la capacità di uno sguardo complessivo e universale sul reale. Prima che, sotto il segno di Wallace e dell’esortazione di Wu Ming, si diventi noi stessi padri. Se mai lo si diventerà, ci si ricordi bene però di quali dovrebbero essere i modelli (Saramago, Eco, Ballard…). Come nani su spalle di giganti.

NOTE

1) Da ora in avanti: C per Cecità, SL per Saggio sulla lucidità, UD per L’uomo duplicato.

2) In UD, la presenza di due esseri identici, che viola il principio degli indiscernibili di leibniziana memoria, viene trattata in modo assolutamente naturale, non come un’eccezione, ma come un elemento coerente con il mondo possibile delineato nel romanzo. Un mondo in cui si danno due individui identici.

3) Tale caratteristica di genere, King scrive all’interno del genere Horror, Saramago, come si è detto, all’interno del genere Letteratura, che avevo notato fin dall’inizio della lettura del romanzo di Saramago in questione, mi è stata confermata dal fatto che c’è un episodio recente di Dylan Dog che trae esplicito spunto da Cecità, e è evidente che Dylan Dog fa parte del genere Horror.

4) Vedi prefazione dei Wu Ming al libro di Henry Jenkins, Cultura corvergente, Apogeo, Milano, 2007.

5) Rispetto a ciò si può pensare ad un’analogia con l’esperimento carcerario di Stanford di Zimbardo.

6) A meno che non pensasse all’Italia di quest’ultimo quasi ventennio Berlusconiano…