di Alessandra Daniele
Gino si siede, dà un’occhiata al Tg sul megaschermo senz’audio.
– Cos’è tutta ‘sta polemica sulle veline?
– Ma niente – sbuffa Max – quei froci dei comunisti gli danno addosso perché vuole portare un po’ di figa in parlamento.
– Che froci.
Max annuisce, e continua.
– Magari lo facesse. Tanta figa, anzi, solo figa dovrebbe esserci in parlamento. Fuori tutti quei parassiti, quei cessi, quei froci comunisti, e dentro solo fighe. Mille!
– Ma non ha detto che vuole solo 100 parlamentari?
– Allora cento. Cento fighe, tutte vestite uguali tipo ballerine, con la minigonna da segretaria porcona, come quella rossa che stava da Vespa senza mutande. Quelle sì che varrebbe la pena di pagarle, almeno ci sarebbe qualcosa da vedere al Tg!
Ridono.
– E i ministri?
– Tutte fighe pure quelle!
Gino s’illumina.
– Bello! Ma poi le cose da fare chi le decide?
– Lui, no?
– Tutte?
– Certo, è così anche adesso. Li hai visti i ministri che ha ora? Quel nano isterico, quel terrone con gli occhi da rospo… cosa vuoi che decidano quelli lì? Decide tutto lui, no?
– E la Confindustria, il Vaticano, gli americani?
Max sogghigna.
– Si mette d’accordo. Gli passa un po’ di figa.
– Anche al Vaticano?
– Minorenne.
Sghignazzano.
Gino apre una birra, poi torna perplesso.
– E la crisi?
– Ci arrangiamo. Aspetta che tolga un po’ di tutte quelle leggi, e vedrai. Io, se non ci avessi la stecca da dare alla Finanza…
– E i negri?
– Li buttiamo a mare, cazzo! Che ci vuole?
– Tutti?
– Teniamo solo quelli che servono per i pomodori, e le vecchie paralitiche. Il resto, a mare.
Gino sorride, sognante.
– Bello…
– Ce la facciamo, vedrai. C’è lui.
– E’ un grande.
Annuiscono lentamente, in silenzio.