di Saverio Fattori
Claudio Morici, La terra vista dalla luna, Bompiani, 2009, pp. 217, € 17
«Gli spiego che i rapper italiani sono dei buffoni.
…
I nostri rapper se le inventano le situazioni di disagio.
…
Per fargli capire, gli spiego che l’adolescenza in Italia non dura come nel resto del mondo: arriva fino ai trenta-trentadue anni.
…
“E’ perché nessuno li mena? “
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“E non ci sono rapper camorristi?”
“No, purtroppo no.”»
A parlare è Simon, un giovane con serie patologie mentali volato da una clinica psichiatrica al Messico. A dialogare con lui un “cristone” di due metri, capo di una banda di indigeni con precedenti penali che sembrano intenzionati a violentare una turista inglese muta. O molto riservata.
Simon è un eroe, non molla la caviglia della ragazza che apre la bocca solo per vomitare. Perché, pensa, «quello sanno fanno fare gli inglesi con regolarità: bere e vomitare». Ogni popolo ha il suo stampo e quando i suoi rappresentanti sono in tour devono distinguersi ed esibirsi. Simon intrattiene la banda con narrazioni da Mille e una Notte. Ha avuto modo di farsi una filosofia tutta sua, inattaccabile, mentre giocava all’argonauta rannicchiato nella vasca da bagno.
«E allora gli spiego che lo stile di vita italiano è un ovetto Kinder che da trent’anni ha le stesse due o tre sorprese…. Leggi le istruzioni, cerchi di capirci qualcosa, inserisci la parte A nella parte B… ma è tutto inutile: manca sempre un pezzo. E nel frattempo sei diventato vecchio».
Simon la sa lunga, più lunga di qualunque post-fricchettone, di tutti i santoni rannicchiato nei nidi himalaiani. Prima di prendere l’aereo ha viaggiato a lungo nei labirinti di un cervello umano (il suo) disturbato e lucido quanto basta. Ha passato una vita chiuso nel cesso di casa a inventarsi mondi e a seguire il contorno delle piastrelle. Ha fatto bombe con la carta igienica bagnata, sa difendersi. È uscito solo per imparare le lingue su DVD e per i ricoveri in centri specializzati dove si occupano di gente come lui. Gente che combatte contro microbi patogeni e le concentrazioni di calcio nell’aria.
In clinica ha conosciuto Antonella, uscita male da un bad trip di LSD. Per lei Simon è solo l’ennesimo caso umano da aiutare per dare un senso al suo vuoto pneumatico. Vola di emergenza in emergenza, con il fuoco del volontariato sempre pronto ad accendersi e a soffocarsi al primo venticello. Per lei la clinica e Simon sono una piccola interruzione a una vita dispersiva e distratta. Antonella è pronta a riprendere la sua vita esplosiva, fuori dagli schemi borghesi, ingorda di esperienze che durano pochi giorni , confusa tra etica e politica, armata di carta di credito e guida Lonely Planet. Perché è così che si aprono le Porte della Percezione: tutte, una dopo l’altra, a spallate se occorre. Ma questo mondo fantastico ha risucchiato Antonella, le sue ultime tracce si perdono in un Ostello pulcioso infestato da giovani alternativi di tutto il mondo concentratissimi nel fare propria la distinzione tra viaggiatore e turista. Gente che ricrea nuovi tic e nuove ossessioni, regole ancora più asfissianti che quelle di un villaggio Valtur o di una pensione completa sulla riviera romagnola. Simon ripercorre le orme di Antonella in un’indagine molto complicata. Il suo flusso di coscienza è un costante dialogo con l’amata scomparsa, non le risparmia nulla, rimprovera le sue ingenuità, evidenzia le buffonate dei suoi amici e amanti, gli entusiasmi mal riposti, uno stato infantile spacciato per vitalità intellettuale. Tutto è sempre molto più misero di quanto vorremmo. «Qui dentro, tra una tetta e l’altra c’è l’informazione sulle Torri Gemelle, la morte di Kennedy, il suicidio di Marilyn Monroe e lo scudetto della Juventus».
Un romanzo reazionario che seda ogni impeto di sana ribellione e tarpa le ali al sogno di un mondo migliore possibile? Che critica tutto per non criticar nessuno? No, Morici non è un coglione. Nel 2007 con Actarus. La vera storia di un pilota di robot, uscito per Meridiano Zero, aveva evidenziato doti di ironia e di analisi della società fuori dalla norma. Solo che purtroppo non basta saltellare su una canzone di Manu Chau e dormire sulla paglia per essere migliori. Per essere utili.
«Una donna prende la parola… Dice che davvero hanno bisogno di pochissime cose, davvero i medicinali sono importanti, ma non è questo il punto. Il punto è che sarebbe fantastico essere lasciati in pace. Vivere senza il terrore della polizia, dei paramilitari, dell’embargo, senza i giornalisti stupidi, e forse anche senza volontari che vengono per tre giorni e se ne tornano a casa. Abbiamo bisogno di pace, solo questo».