di Saverio Fattori
Tutti i capitoli di “Cattedrale”
Oggi in mensa ho raccontato che le mappe aziendali affisse in giro sono state modificate in modo artistico. Ho interrotto una discussione che aveva preso una strana piega. La donna al mio fianco aveva chiesto come stava il cagnolino della coppia di coniugi seduti di fronte. Punture di fermenti lattici, merda molle, quasi liquida. Ecco come stava il cagnolino. I miei stessi sintomi, dovrei chiedere qualche fiala ai padroncini. Insomma, le mappe aziendali sono poste in vari punti e spiegano come raggiungere le vie di fuga in caso di incendio. Sono previsti percorsi ragionati e luoghi di aggregazione.
Di solito nessuno fa caso a queste mappe. Sono state fatte un paio di simulazioni di emergenze che nessuno ha preso sul serio. È suonata la sirena, quelli che sapevano di cosa si trattava sono usciti lentamente biascicando frasi ironiche, erano stati avvertiti tramite outlook. La maggior parte degli operai nemmeno ha lasciato il posto di lavoro. Hanno continuato a fare Prodotto Interno Lordo, anche se questo pianeta è saturo di manufatti legati al mercato dell’auto. Qualcuno sulle piante ha contrassegnato in rosso alcune zone, quella con la macchia più evidente è la mensa. Nessuno si prende la briga di osservare le mappe che delineano il profilo del complesso di strutture che forma la Cattedrale. Tutti sono presi da pensieri più concreti, sembra che il destino del pianeta dipenda dalle loro miserabili attività. Mi sembra una cosa sospetta, chi ha pasticciato le mappe si è preso il tempo di rimuovere il plexiglass, schizzare di rosso la carta millimetrata, evidenziare alcuni segmenti con un pennarello blu, poi ha rimesso il quadro al suo posto. E ha ripetuto l’operazione almeno sei volte, sei sono le piantine che ho individuato. Ognuna differisce dall’altra per pochi particolari, come andasse a descrivere un’azione in successione. Ma non riesco a decifrare un ordine, una cronologia, il disegno d’insieme, semmai dovesse esserci. I commensali non mi hanno considerato, non hanno capito una parola, hanno continuato a parlare di merda di cane. I pensieri affollano il mio cervello, ma tutto rimane abortito dentro di me, forse non riesco più a formulare frasi comprensibili. La vita interiore ha preso il sopravvento. È così che si esce definitivamente di senno. O forse no.
− Ti piace la mia mostra? Ti avverto che le opere non sono in vendita. Mi basta sapere che almeno un critico accorto come te le abbia capite. Inutile parlarne con gli idioti a questo tavolo. Non capiscono l’arte. Pensa che il rosso nelle piantine è sangue umano.
Il Frank si è seduto al mio fianco, parla a mezza voce, il suo cabaret è misero, ha chiesto solo un petto di pollo e mezzo litro d’acqua. Le signore della mensa hanno insistito perché prendesse almeno un contorno, sono materne quando vogliono, con me sono state al solito molto sbrigative. Quando mi parlano non mi guardano in faccia, fissano l’orizzonte che si staglia sopra la mia spalla destra, io cerco di essere gentile, sempre accomodante, se hanno fatto un piatto con i formaggi misti secondo la loro ipotesi di gradimento dei clienti, io prendo proprio quello, per agevolarli. Non pianto grane e se posso azzardo complimenti millimetrati per non sembrare troppo ossequioso e cacciatore di privilegi. Ma non basta. Ogni mio sforzo è inutile. Hanno le loro simpatie e sanno a chi concedere confidenza supplementare. C’è qualcosa di classista anche in questo contesto. Ho indagato. Le Tre Madri Superiori gestiscono l’approvvigionamento delle materie prime e il menu. Da sempre, da che hanno edificato la Cattedrale. Le lavoranti cambiano, portano via i carrelli con i cabaret pieni e fanno i lavori più umili. Non possono parlare con i clienti, le ragazze vengono reclutate in un istituto per sordo muti. Sempre meglio che lasciare pupazzotti negli scompartimenti dei treni. Quando hanno finito di lavorare in cucina passano negli uffici dei dirigenti più eterni e potenti. Sento mugolare. Sento gli uomini che le irridono imitandole mentre le deflorano. Sempre meglio che lasciare pupazzotti nei bar. Non ha senso questa perversione, in realtà le mute emettono più o meno gli stessi rantoli amorosi delle normodotate in calore. Nulla ha senso in questo buco maledetto.
Oggi il Frank ha nello sguardo la vivacità di un animale selvatico, le sue parole hanno disperso gli ultimi impiegati che si sono allontanati. Non tocca il cibo, le fibre muscolari del pollo riposano intatte e le sue pupille dilatate annunciano droghe sintetiche in circolo. Parla a voce troppo alta, potrebbe essere pericoloso, ma i segmenti di frase vengono intesi dai vicini di tavolo come aneddoti legati al mondo televisivo. L’unico che frequentano a parte quello aziendale. Sono tutti vittime ideali. Agnelli al macello. Innocenti. Corrotti. Le creature ingenue e innocenti sono le più colpevoli. Delinquenti che non delinquono. Bombe disinnescate. Non riesco più a giustificarli. Non li sopporto più. Non sopporto me stesso in questo contesto. Sono fuori controllo, ho le vene e le arterie occluse, incrostate di eroina. Il Frank ha le parole giuste, è un demone che dà sostanza ai miei malesseri. I tre che erano seduti al mio tavolo adesso stanno lasciando la sala. Continuano a parlare di vermi intestinali. Poi di Gardaland. Io non potrei avere figli. Poi dovrei portarli in luoghi come Gardaland o Aquafan . O alle fiere paesane.
— In realtà non voglio fermarmi alla pittura. La mia, cioè, la nostra… sarà una vera performance. Sto pensando anche al tappeto sonoro e a come diffondere la musica. Sto pensando a come bloccare le vie di fuga. Gli uffici e i personaggi che per nessun motivo possiamo farci scappare. Se hai qualche segnalazione, parliamone. Qualcuno da salvare. Conosci questo cesso di posto da vent’anni. Mi sto occupando dei dettagli. Adesso ti alzi, esci da questa sala, scendi le scale, vai nel cesso dei maschi, butti tutta l’eroina che ti rimane. E tiri lo sciacquone. Nei prossimi giorni ti voglio lucido e incazzato. Nessuna medicina. Se vuoi medicine chiedi a me.
Sono parole armoniose, mi decomprimono l’anima. Vedo tanto sangue innocente. Vedo gente che piange, che chiede pietà senza meritarla. Sento i vermi intestinali del cagnolino che si agitano nella mia calotta cranica. Vedo nuclei famigliari con cagnolino chiusi nella tana a guardare quiz televisivi e reality. Non sono razzisti, ma i figli degli extracomunitari lasciano immondizia in giro. Sono fatti così. Portano malattie nuove dentro alle scuole. Vedo la luce. La mia risposta va dalla parte opposta.
— Di che cazzo parli? Chi mi rappresenti?
— Sono la miccia. E tu sei pronto per esplodere. Questo figlio di puttana ha ragione. Le mie difese sono annullate.
— Potrebbe andare Absolution dei Muse? Tutto il cd mi piace.
— Ottima scelta vecchio.
Il Frank si alza e abbandona la mensa. Non ha toccato cibo, ha sostanze chimiche in circolo che inibiscono la masticazione regalando forza inesauribile. Prima di sgusciare verso il corridoio mi strizza l’occhio. Il suo posto è occupato dalla segretaria di Marani che arriva trafelata, in genere mangia velocemente, non si ferma un’ora completa, parla solo di lavoro, ogni sua cellula è concentrata su doveri, deve assolvere in piena efficienza incombenze aziendali e familiari. Sono incredulo, la sua presenza al mio tavolo è un omaggio del destino che non sono certo di meritare. Devo dire qualcosa, devo rischiare la gaffe o non saprò perdonarmi. L’occhiolino del Frank era una sfida silenziosa. Arriva la signorina Silvani. Vediamo come te la cavi.
— Fai Acqua Gym?
— Dici a me?
Porca madonna, dovevo continuare a masticare in silenzio, a mostrare rancore e asocialità, non devo darmi in pasto. Nel tavolo di fronte due stagiste all’ultimo anno dell’istituto tecnico commerciale commentano la mattinata in ufficio, parlottando con la mano a conchiglietta davanti alla boccuccia. Ridono di quei vecchi ammuffiti che gli hanno mostrato il lavoro di schiavi seppelliti vivi nei loculi, i monitor come lapidi. Pensano di avere una vita luminosa davanti. Il loro futuro è recessione economica, precarietà, vita alle spalle dei genitori pensionati. Non sono attrezzate per combattere al limite della miseria, per fare rinunce. Dovrei alzarmi per andarglielo a dire. Smettetela di ridere. Troiette.
− Beh, qualcosa farai, pesi… lavori aerobici… nuoto, spinning. Quelle due diciottenni si potrebbero baciare i gomiti se alla tua età…
− Quale età?
− Insomma non sei… voglio dire. Cioè nel senso…
− Non ho tempo di fare palestra. Ho due figli.
− Ecco appunto. Hai anche due figli…
− Non anche. Ho soprattutto due figli. E un marito.
Troia maledetta, quelle come te devono sempre rivendicare la maternità, la tana, il maschio che ha depositato il seme. Ti ho visto alla macchietta del caffè con il Frank, con le tue moine, con la tua cioccolata equo solidale di merda di negro, non ce la fai a non metterti in gioco, sai di avere un fisico invidiabile, sai che non hai altri meriti. Hai figliato, non è un merito. È un dovere della tua razza. Il primo. È un istinto animale per voi scimmie. Io sono altro. Voi siete Produzione e Riproduzione. Produzione e riproduzione. Produzione e riproduzione. Questo sei. E non hai pietà. Non hai pietà di me. Che sono migliore del Frank. Che sono migliore di chi ti ha depositato il seme in grembo. Che sono il migliore di tutti. Migliore di tutti voi. In fondo ne hai coscienza, è questo che infastidisce, che ti mette in difesa. Pagherai maledetta scimmia. Al tavolo è arrivata la Medri della logistica salvando me e la scimmia dall’imbarazzo totale. Le due iniziano a cinguettare con aneddoti lavorativi, io rimango all’angolo. Battuto. Non posso competere. Hanno logiche rivendicazioni, qualcuno ha fatto errori che loro devono risolvere, tutti gli altri enti nemici hanno richieste assurde. La Medri ha fama di insostituibile santa, icona sacra che risplende da sempre nelle catacombe della Cattedrale. Io la farei mangiare dai leoni. Solo io. È apprezzata e rispettata dagli schiavi della catena di montaggio, poi su, fino ai Sacerdoti di ogni tempo. La sua fascia di mercato sono le imperfezioni del sistema, si punta a risolvere vere o presunte emergenze senza rimuovere le cause generanti una volta per tutte. La Medri è considerata una brillante specialista, sangue freddo, precisione e quel pizzico d’isteria che la fa sembrare iperattiva e infaticabile. Deambula per lo stabilimento con il cordless fuso all’orecchio e la sigaretta perennemente accesa. Gli schiavi della catena di montaggio non fanno le solite battute sulle presunte mollezze degli indiretti. Lei emette stridule invettive, gesticola impazzita, dà tutta sé stessa per l’azienda e dimentica sé stessa. Non so fino a che punto sia una recita, non lo sa più nemmeno lei, forse non riesce più a scindere ciò che è forma da ciò che è apparenza. Tutti in questa fogna presentano patologie, ma nessuno ammette malattie. Nessuno si cura. Basterebbe qualche farmaco, un regolatore dell’umore e del metabolismo. Basterebbe fermarsi un attimo, trovare il tempo per porsi le Cinque Domande maledette del Sistema Toyota. Sulla propria esistenza.
So cosa sono?
Volevo essere questo?
Sono nata così e/o come le cause ambientali hanno modificato/rafforzato la mia indole?
Perché parlo sempre e solo di cose molto concrete su fatti lavorativi o familiari?
Qual è il metodo più indolore per darsi la morte?
Basterebbe analizzare di volta in volta le anomalie che si verificano nel processo di produzione e spedizione del prodotto al cliente per individuare soluzioni definitive. Occorre poi definire linee di condotta da standardizzare. In realtà tutto si riduce a poche casistiche che si ripresentano ciclicamente. Il lay out produttivo deve essere un sistema nervoso indipendente che non ha bisogno di interventi esterni. Di miracoli umani. Basterebbe applicare la regola dei Cinque Perché, di questi stronzi di giapponesi. Chiedersi 5 volte perché di fronte a un problema, fino ad arrivare alla radice del guasto. Vorrei spiegare queste cose alle due Sante sedute al mio tavolo. Il loro posto di lavoro è assicurato dall’inefficienza dei dirigenti, quei dirigenti di cui stanno denunciando le vessazioni nei loro confronti. È vero, i vostri responsabili sono in realtà degli idioti e degli inetti. Questo vi salva dell’epurazione.
Ho scritto questa frase sul foglio di carta posto sopra al vassoio, l’ho scritta nell’angolo vicino al bicchiere della Medri. Le due hanno interrotto la masticazione e mi hanno fissato con odio risentito e incredulo. Sono un maledetto freak, un piccolo mostro che non ha più nulla da perdere, né da dimostrare. La Medri è una scorpioncina: avete una personalità attraente, magnetica, dinamica. Potete perdere di vista la sensibilità altrui. Siete impulsivi e forti come la roccia, non perdonate le debolezze di chi vi sta vicino. Sapete vendervi al prezzo più alto. Ho lasciato il ritaglio dell’articolo di Astra sul caberet della Medri prima di lasciare la sala.