Perché la grande editoria non pubblica Valter Binaghi? E’ l’ennesima riprova di una cecità infantile: la grande editoria non vede, inciampa per caso semmai, e letteralmente non sa parlare. Ci sono alcune eccezioni importanti, questo va detto. Basterà semplicemente osservare cosa sta facendo Einaudi, e l’area torinese e la collana Stile Libero, per capire che comunque è garantito uno spazio. In questo spazio, a mio parere, Binaghi dovrebbe avere asilo e ciò che sto per scrivere intende dispiegare le ragioni per cui impegno il termine “asilo”.
Mi occupo non dell’opera più massiccia di Binaghi, I tre giorni all’inferno di Enrico Bonetti cronista padano, che uscì per Sironi grazie a Giulio Mozzi. Mi occupo invece di un libro che non è tanto esteso come quello, ma sicuramente ne raggiunge la medesima profondità: il pozzo artesiano costituito da Devoti a Babele, uscito per la collana di Luigi Bernardi presso Perdisa Pop (12 euro).
Questo è un romanzo da leggersi con differenti prospettive. E’ un romanzo a suo modo storico e automimetico: è la storia precisa di un’individualità “deviante” (il catalogo fu questo…) negli anni Ottanta milanesi. E’ un romanzo non escapista e antiredentivo, il che non significa che non sia un romanzo teologico, sebbene di una teologia aliena dall’induzione storica e dallo gnosticismo malinteso dai critici: si tratta anche di un recupero personale (ma è davvero un recupero?) dalla tossicodipendenza. E’ un romanzo politico, nel senso che non è possibile il politico se non nel presente, e qui, con una svolta retorica formidabile, si dà rappresentazione dei canoni e dell’antropologia della specie che si autorappresenta nel nostro presente: è la vicenda della perdita nell’ubiquità sciocca ed elementare (ma non per questo apolitica) a cui conduce un’assenza di autoconsapevolezza nell’era della metafisica della tecnologia, la quale è un’era antiumana se, appunto, non interviene un’autoconsapevolezza strategica e dunque politica a isolare il colonialismo mentale giocato nell’etere e nelle immagini fantasmatiche in circolazione.
Come si può capire, se si capisce, Devoti a Babele è dunque un romanzo sulla dipendenza.
Che cos’è la dipendenza? Chi dipende da cosa? Chi dipende da chi? Come si esce, e si esce?, dalla dipendenza? Dipendenza fisiologica, organica, chimica, affettiva, emotiva, psichica, religiosa perfino, perfino pseudospirituale o spiritualistica, immaginale, comunicativa: i soggetti messi in gioco da Valter Binaghi si trovano ad affrontare una condizione che non si può nemmeno asserire che sia la melma in cui versa il presente: da quando nasce a quando muore l’umano è sempre in regime di dipendenza.
La dipendenza si gioca grazie a un’attività simbolica. Il bambino appena nato non sa chi diavolo sia la madre, non vede che un’enorme ombra che lo nutre, dal nutrimento deriva una sua religione del simbolo: nutrimento è simbolico, materno è simbolico; e anche l’ombra grande è simbolica. Il tossicomane conosce l’effetto, ma non è consapevole delle cause reali dell’azione stupefacente e comunque non parrà un caso che l’eroina sia connotata in senso materno, nel gerco tossico.
La battaglia prosastica di Valter Binaghi [ a destra nell’immagine] è dunque contro la potenza del simbolo o, meglio, contro l’imbecillità umana che non avverte il simbolo come via interiore, come veicolo di Grazia e amore, per ricondurre se stessi a se stessi e, quindi, agli altri. Ma non c’è dubbio che questa battaglia, forte di un background cattolico del tutto idiosincratico che connota il percorso filosofico ed esistenziale dello scrittore milanese, è tesa ad abolire comunque la figura dura, spessa, impenetrabile del simbolo in sé: non si parla di un Dio che sia Padre e non Madre e questo non è, per quanto mi concerne, un romanzo cattolico. Che sia un romanzo cristiano è altra cosa: ma qui è una sfida non soltanto di Binaghi, se posso considerare ciò che accade, per fare un esempio, in certo Evangelisti, come cristiano – questa propriamente è la politica del bene, è la città di Dio in terra, è l’atto politico innestato su una consapevolezza metafisica. E non è in ogni caso sotto tale risguardo che mi permetterei di interrogare i testi di Evangelisti, e così anche quelli di Binaghi.
Una delle imbecillità umane di fronte al simbolismo la manifesta la critica contemporanea. Per esempio, coniando l’idea di genere. Devoti a Babele è la sconfessione più smaccante di una tale specie (che appare ubiqua come la messaggistica sms) di critica, che ha raggiunto una sorta di epilogo stanco della propria cretineria, come se Forlì diventasse di colpo la capitale degli Stati Uniti d’America o in quel di Pisa, con la torre storta, i pisani asserissero con fare accademico che la è dirittissima.
La sconfessione dell’idea stessa di genere (in questo caso: l’autofiction, che ha innescato un insopportabile dibattito sui rapporti tra letteratura e cosiddetta “realtà”, negli ultimi tempi italioti) avviene con lo svilupparsi della prima parte, tra tre, di Devoti a Babele. Io non ho mai letto una mimesi tanto profondamente precisa, analiticamente acuta, soddisfacente dal punto di vista della geometria degli affetti, come quella che Binaghi impegna in questa incredibile sezione del romanzo. Il tossico Arvo è a tutti gli effetti l’eroinomane che ho conosciuto io da ragazzo, e la Milano in cui si muove non ha nella nostra narrativa una rappresentazione tanto fedele a ciò che fu Milano in tempi dissennati e di cui fui testimone. Detto questo, finisce subito l’elogio della fidejussione che supposta “realtà” avrebbe concesso al genio pittorico dell’artista. Perché Binaghi non è un fotografo e non scrive un diario. Certo, c’è tutta la psicologia e la logica di Mamma Eroina, qui dentro (ho citato una poesia resa celeberrima, a quei tempi, dall’antologia della poesia settantina pubblicata da Antonio Porta e Giovanni Raboni). Non è nella rappresentazione in scala 1:1, seppure drammatica, che Binaghi gioca le sue carte di scrittore. Le gioca invece in un modo ambiguo e perciò letterario: riesce nel fare scattare la mimesi impossibile tra chi non coincide col protagonista e Arvo stesso; al tempo stesso, trainando potentemente il lettore nel meccanismo di identificazione, prepara un rovesciamento e un violentissimo e scioccante trascendimento di piano narrativo.
Il rovesciamento avviene nel momento in cui Arvo partecipa a un programma di disintossicazione presso una comunità – indifferentemente gestita da un para-Muccioli o da un responsabile di una pseudo-Narconon (il programma di detossificazione allestito da Scientology e reso famoso dalle memorabili pagine di Christiane F.). Si tratta, a tutti gli effetti, di un processo di sostituzione del feticcio simbolico: dall’eroina a qualcos’altro, che non sto a rivelare. Questo qualcos’altro è aberrante, poiché si avvicina a una metafisica dell’Ostacolatore, in quanto pare una ricerca spirituale che conduca all’autoconsapevolezza e invece è un itinerario della mente tra le fauci del lupo del condizionamento – dopotutto, anche il decondizionamento è un condizionamento. Non solo per questo si tratta di aberrazione: è aberrante che che ciò che sostituisce l’eroina sia anche “reale”, e cioè funzioni nella realtà mondana e così sembri vero. E si ripetono, specularmente opposti alle tramature emotive della prima parte del romanzo, gli intrecci e gli eventi emotivi, anche erotici, che fanno sembrare a un forlivese-pisano di essere davvero e oggettivamente nel mondo, che gli permettono di crederci. Ma credere a cosa? Non si rende conto, l’umano abietto che venera il simbolo per ciò che non è (il libro poteva benissimo intitolarsi Devoti a Mammona, se i cretini umani non avessero identificato il simbolo del vitello d’oro col denaro e non con quello che è: il simbolo stesso svuotato di potenza consapevolizzante), non si rende conto che il suo feticismo del mondo depotenzia, rovina e conduce all’esaurimento l’umano stesso, il mondo stesso?
La risposta è: no. I cretini, in ogni epoca, siano nati a Forlì o lavorino a Pisa, rimangono tali: zelanti, perfettamente plausibili, misinterpretanti rovinosamente per se stessi e soprattutto per gli altri.
Il cretino di cui sopra, con un colpo di genio davvero assoluto, è messo sotto torsione narrativa da Binaghi: è Binaghi stesso? E’ ciò che fu Binaghi? E’ un critico nato a Forlì? Poiché il personaggio Arvo, in cui ci siamo identificati, presupponeva un io che non avevamo intercettato, che nella terza parte del libro, a sorpresa, prende le redini del racconto e lo sprona alla ricerca del protagonista. Dalla terza alla prima persona: un mutamento non sintattico ma semantico; nemmeno sintattico: ontologico. Arvo diviene un oggetto di ricerca, cioè di osservazione, nel momento in cui crolla nella più grottesca finzione emotiva, che è quella che intercorre tra un soggetto che guarda e un soggetto fatto oggetto di osservazione, a cui si sovrappone una finzione affettiva che sembra vera. Cioè: l’ennesima dipendenza. Perfino il finale, che è una sorta di cartolina dall’inferno contemporaneo, color rosa confetto, assai simile all’epilogo del Fight Club di Fincher, altro non è che un ribadire la sostanzialità di ciò che è apparentemente vero e invece è il simbolo supinamente accettato senza saperlo – peraltro, ancora una volta, la Mamma Più Che Sufficientemente Buona, per distorcere Winnicott allo stesso modo in cui Binaghi distorce una teleologia storicista e una teologia storica.
Questo è un libro che la contemporaneità può trattare in due modi: ignorarlo non capendolo; oppure aggredendo l’autore, perché qui, in questa denuncia che è la quintessenza del politico che sprigiona Devoti a Babele, essa stessa viene aggredita nell’unico modo in cui si può fare – abolendo la rappresentazione (poiché non c’è rappresentazione figurale della dipendenza come demone e potenza onnivora e ubiquitaria che agisce nel mondo: eppure è un libro sulla e contro la dipendenza: la Dipendenza).
Per questo va dato asilo a Valter Binaghi: in uno spazio di eccellenza. I suoi libri vanno protetti, perché l’aggressione del silenzio o delle parole scritte e pronunciate a sproposito sia frenata. Lasciare fuori dal recinto dell’editoria di eccellenza uno scrittore come Binaghi significherebbe ripetere un errore di cui l’editoria novecentesca e anche la nostra ancora devono pagare il fio.
Se non dovesse muoversi foglia, perlomeno davanti alla critica, a cui il fio lo fanno pagare le opere stesse, il libro avrà asilo in una comunità di lettori che, Binaghi, lo vedono benissimo. Il loro esorcismo, che è la lettura dei libri di questo autore, andrà sicuramente a centrare il target.
Articoli recenti
- L’hacking al servizio dei potenti nell’era dell’intelligenza artificiale 18 Novembre 2024
- Mutualismo, autodifesa, lavoro sociale. Il caso delle Pantere Nere – ep.2 17 Novembre 2024
- Il tempo del genocidio 15 Novembre 2024
- Il più grande falò di libri che la Storia abbia mai conosciuto 15 Novembre 2024
- La rivoluzione come una bella avventura /1: Asia ribelle 1900-1930 13 Novembre 2024
- W il cinema! 13 Novembre 2024
- Spezzare le catene, anche quelle colorate 12 Novembre 2024
- Apartheid now 10 Novembre 2024
- La coscienza di Gustav (appunti meyrinkiani) 3 9 Novembre 2024
- Anticapitalismo e antifascismo (prima parte) 8 Novembre 2024
- Mutualismo, autodifesa, lavoro sociale. Il caso delle Pantere Nere – ep.1 8 Novembre 2024
- György Lukács, un’eresia ortodossa / 1 — L’attualità dell’inattuale 6 Novembre 2024
- Il reale delle/nelle immagini. Leggere Kracauer nell’era digitale 5 Novembre 2024
- Dal letame nascono i fior: storie che fanno la Storia 4 Novembre 2024
- Morte dell’anarchico Durruti, di Paolo Bertetto 3 Novembre 2024
- Nulla di cui vergognarmi: Aleister tra talamo e dungeon 2 Novembre 2024
- Ragionare camminando 2 Novembre 2024
- Ossessioni familiari e deficit di forza vitale 31 Ottobre 2024
- Il profeta americano dell’illusione e il talento necessario per sopravvivere agli anni Sessanta 30 Ottobre 2024
- Ideologia, mascheramento e resistenza nella società agraria 29 Ottobre 2024
- Tina Modotti, la mostra 28 Ottobre 2024
- Per il pane, le rose e i capponi 28 Ottobre 2024
- La coscienza di Gustav (appunti meyrinkiani) 2 26 Ottobre 2024
- Sport e dintorni – Non camminerai mai da solo 25 Ottobre 2024
- Tempest Rap Matteotti 25 Ottobre 2024
Chi siamo
1) Carmilla è un blog dedicato alla letteratura di genere, alla critica dell'immaginario dominante e alla riflessione culturale, artistica, politica, sociologica e filosofica, riassumibile nella dicitura: “letteratura, immaginario e cultura d'opposizione”.
E' esente da qualsiasi tipo di attività a scopo di lucro ed è priva di inserti pubblicitari o commerciali. Inoltre non è oggetto di domande di provvidenze, contributi o agevolazioni pubbliche che conseguano qualsiasi ricavo e si basa sull'attività volontaria e gratuita di redattori e collaboratori.2) Carmilla non si articola in piani editoriali ed è esclusivamente on line. La pubblicazione di contributi su temi d'attualità è esclusivamente funzionale ad affrontare i temi sopra elencati.
3) Pertanto, in riferimento ai punti 1) e 2) Carmilla non è soggetta alla registrazione presso il Tribunale, ossia alla Legge 1948 N. 47, richiamata dalla Legge 62/2001, nonché l’Art. 3-Bis del Decreto Legge 103/2012, _N. 4_16 e successive modifiche, l’Articolo 16 della Legge 7 Marzo 2001, N. 62 e ad essa non si applicano le disposizioni di cui alla delibera dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni N. 666/08/CONS del 26 Novembre 2008, e successive modifiche.
4) Carmilla è composta da editor chi si autogestiscono con senso di responsabilità nei riguardi del collettivo redazionale e del Direttore Responsabile. I contributi pubblicati non corrispondono
necessariamente e automaticamente alle opinioni dell'intera Redazione o del Direttore Responsabile. Questo aspetto va tenuto presente per quanto riguarda ogni tipo di azione o richiesta, in un'ottica di composizione di eventuali contenziosi, contattando la Redazione tramite l'e-mail sotto indicata.5) L’indirizzo e-mail ha una funzione esclusivamente tecnica, di interfaccia con quanti intendano comunicare osservazioni relativamente al materiale già pubblicato (titolarità delle immagini, dei contributi e correttezza dei medesimi), motivo per cui non si risponderà' a chi lo userà per inviare contributi da pubblicare o a qualsiasi tipo di richiesta di carattere editoriale, commento o discussione. Esso è: carmillaonline_legal chiocciola libero.it
6) La pubblicazione online, cartacea, multimediale o in qualsiasi altro format dei contributi già pubblicati su Carmilla, è consentita solo citando la fonte egli autori dei contributi menzionati.
Direttore Responsabile: PETER FREEMAN
Archivi
- novembre 2024
- ottobre 2024
- settembre 2024
- agosto 2024
- luglio 2024
- giugno 2024
- maggio 2024
- aprile 2024
- marzo 2024
- febbraio 2024
- gennaio 2024
- dicembre 2023
- novembre 2023
- ottobre 2023
- settembre 2023
- agosto 2023
- luglio 2023
- giugno 2023
- maggio 2023
- aprile 2023
- marzo 2023
- febbraio 2023
- gennaio 2023
- dicembre 2022
- novembre 2022
- ottobre 2022
- settembre 2022
- agosto 2022
- luglio 2022
- giugno 2022
- maggio 2022
- aprile 2022
- marzo 2022
- febbraio 2022
- gennaio 2022
- dicembre 2021
- novembre 2021
- ottobre 2021
- settembre 2021
- agosto 2021
- luglio 2021
- giugno 2021
- maggio 2021
- aprile 2021
- marzo 2021
- febbraio 2021
- gennaio 2021
- dicembre 2020
- novembre 2020
- ottobre 2020
- settembre 2020
- agosto 2020
- luglio 2020
- giugno 2020
- maggio 2020
- aprile 2020
- marzo 2020
- febbraio 2020
- gennaio 2020
- dicembre 2019
- novembre 2019
- ottobre 2019
- settembre 2019
- agosto 2019
- luglio 2019
- giugno 2019
- maggio 2019
- aprile 2019
- marzo 2019
- febbraio 2019
- gennaio 2019
- dicembre 2018
- novembre 2018
- ottobre 2018
- settembre 2018
- agosto 2018
- luglio 2018
- giugno 2018
- maggio 2018
- aprile 2018
- marzo 2018
- febbraio 2018
- gennaio 2018
- dicembre 2017
- novembre 2017
- ottobre 2017
- settembre 2017
- agosto 2017
- luglio 2017
- giugno 2017
- maggio 2017
- aprile 2017
- marzo 2017
- febbraio 2017
- gennaio 2017
- dicembre 2016
- novembre 2016
- ottobre 2016
- settembre 2016
- agosto 2016
- luglio 2016
- giugno 2016
- maggio 2016
- aprile 2016
- marzo 2016
- febbraio 2016
- gennaio 2016
- dicembre 2015
- novembre 2015
- ottobre 2015
- settembre 2015
- agosto 2015
- luglio 2015
- giugno 2015
- maggio 2015
- aprile 2015
- marzo 2015
- febbraio 2015
- gennaio 2015
- dicembre 2014
- novembre 2014
- ottobre 2014
- settembre 2014
- agosto 2014
- luglio 2014
- giugno 2014
- maggio 2014
- aprile 2014
- marzo 2014
- febbraio 2014
- gennaio 2014
- dicembre 2013
- novembre 2013
- ottobre 2013
- settembre 2013
- agosto 2013
- luglio 2013
- giugno 2013
- maggio 2013
- aprile 2013
- marzo 2013
- febbraio 2013
- gennaio 2013
- dicembre 2012
- novembre 2012
- ottobre 2012
- settembre 2012
- agosto 2012
- luglio 2012
- giugno 2012
- maggio 2012
- aprile 2012
- marzo 2012
- febbraio 2012
- gennaio 2012
- dicembre 2011
- novembre 2011
- ottobre 2011
- settembre 2011
- agosto 2011
- luglio 2011
- giugno 2011
- maggio 2011
- aprile 2011
- marzo 2011
- febbraio 2011
- gennaio 2011
- dicembre 2010
- novembre 2010
- ottobre 2010
- settembre 2010
- agosto 2010
- luglio 2010
- giugno 2010
- maggio 2010
- aprile 2010
- marzo 2010
- febbraio 2010
- gennaio 2010
- dicembre 2009
- novembre 2009
- ottobre 2009
- settembre 2009
- agosto 2009
- luglio 2009
- giugno 2009
- maggio 2009
- aprile 2009
- marzo 2009
- febbraio 2009
- gennaio 2009
- dicembre 2008
- novembre 2008
- ottobre 2008
- settembre 2008
- agosto 2008
- luglio 2008
- giugno 2008
- maggio 2008
- aprile 2008
- marzo 2008
- febbraio 2008
- gennaio 2008
- dicembre 2007
- novembre 2007
- ottobre 2007
- settembre 2007
- agosto 2007
- luglio 2007
- giugno 2007
- maggio 2007
- aprile 2007
- marzo 2007
- febbraio 2007
- gennaio 2007
- dicembre 2006
- novembre 2006
- ottobre 2006
- settembre 2006
- agosto 2006
- luglio 2006
- giugno 2006
- maggio 2006
- aprile 2006
- marzo 2006
- febbraio 2006
- gennaio 2006
- dicembre 2005
- novembre 2005
- ottobre 2005
- settembre 2005
- agosto 2005
- luglio 2005
- giugno 2005
- maggio 2005
- aprile 2005
- marzo 2005
- febbraio 2005
- gennaio 2005
- dicembre 2004
- novembre 2004
- ottobre 2004
- settembre 2004
- agosto 2004
- luglio 2004
- giugno 2004
- maggio 2004
- aprile 2004
- marzo 2004
- febbraio 2004
- gennaio 2004
- dicembre 2003
- novembre 2003
- ottobre 2003
- settembre 2003
- agosto 2003
- luglio 2003
- giugno 2003
- maggio 2003
- aprile 2003
- marzo 2003
- febbraio 2003
- gennaio 2003