di Serge Quadruppani (trad. di Maruzza Loria)
[Da un mese i lavoratori delle “colonie d’oltremare” francesi sono in sciopero. Reclamano aumenti di salario generalizzati e uguali per tutti, quale risposta alla crisi. Uniscono rivendicazioni anticolonialiste a quelle sindacali. Chi pensa che la lotta di classe sia un ricordo del passato, dovrebbe sollevare il muso dalla greppia e guardare il mondo. Ma è un somaro e non lo fa. Peggio per lui, rischia brutte sorprese.] (V.E.)
E se l’insubordinazione della Guadalupe, della Martinica, della Réunion
(e prima della Guyana) si estendesse nella Francia Metropolitana? A quanto pare una maggioranza di francesi ci crede, e una buona parte di loro se lo augura. E se l’esigenza dei 200 euro di aumento per i salari bassi fosse estesa a tutto il paese? A quanto pare, il governo lo teme. Una vera pressione sui salari, che viene ad aggiungersi a ciò che somiglia sempre di più alla nascita di un’Onda francese, potrebbe dare alcuni bei momenti di dissidenza generalizzata.
Il movimento sociale di grande ampiezza che tanta gente aspetta e che i sindacati si sforzano di canalizzare a colpi di manifestazioni tutti i mesi (perché non tutti i semestri?), questo movimento sociale che nasce a partire dalla “periferia” per guadagnare la “metropoli”, sarebbe una magnifica immagine del rovesciamento che si verifica nel mondo, dove si vede il Brasile dare lezioni di democrazia alla Francia e all’Italia (per ora, almeno, riguardo al caso Battisti), proprio come il Sudafrica ha mostrato non molto tempo fa come trattare le conseguenze di una guerra civile (con la Commissione per la Verità e la Riconciliazione che l’Italia non è capace di fare sugli anni ’70), dove si vede il Sud America emanciparsi dall’assoggettamento agli States, dove un’estensione e una generalizzazione delle rivolte dei dannati della terra cinesi avrebbe conseguenze incalcolabili per l’insieme dell’economia-mondo…
Sarebbe così bello se i figli di schiavi venissero a liberarci…
Da Guaino (consigliere del presidente Sarkozy) a Chérèque (capo del sindacato più collaborazionista), troppa gente dell’altra costa annuncia troppo spesso il pericolo dei movimenti incontrollati per non vedervi una strategia di controllo preventivo. Con tali profeti, non è sicuro che il proletariato abbia voglia di sollevarsi. Il calendario è a punto: stasera Sarkozy annuncia ai suoi partners quel che ha sovranamente deciso, questi si dichiareranno delusi e “prepareranno la risposta” accuratamente distillata nel tempo. Tutto sembrava pronto perché la combattività sociale si esaurisse, come fu il caso, per esempio, nel 2003, del duro sciopero dei professori sulle pensioni, o nel 2007 con quello dei regimi speciali. Era essenziale, tra una giornata d’azione e l’altra, lasciare il tempo alle energie di ricadere e alla rassegnazione di insediarsi. Ma qualcosa di simile a una nuova speranza sta spuntando.
In effetti, se il “centro” è sorvegliato da vicino da certi sindacati trattenuti dal guinzaglio corto delle sovvenzioni (ufficiali o no) e dalla loro funzione oggettiva di pacificatori, alla “periferia” spuntano delle nuove radicalità.
Da molto tempo, il movimento degli irregolari e dei precari ha mostrato che si può condurre una lotta radicale, profondamente anticapitalista, rompendo con l’allucinazione generalizzata del “tutto per il posto di lavoro”. Il Manifesto per i “prodotti” di prima necessità che hanno appena pubblicato nove scrittori e intellettuali d’oltremare, insistendo sulla portata poetica del movimento nelle Antille, denuncia implicitamente (ed esplicitamente, almeno per alcuni firmatari) il ricatto dell’impiego e pone la vera domanda del nostro tempo, quella sulla natura e sulla ripartizione delle ricchezze. Dopo il movimento di resistenza all’operazione MAMista di terrorizzazione dell’11 novembre scorso (1), partito dall’altopiano di Mille Vaches per estendersi da New York e a Mosca, quel che succede nei Caraibi sotto amministrazione francese mostra che la vecchia gioventù del sogno di una società meno ingiusta e più libera sa trovarsi dei territori inaspettati.
E’ una buona notizia, in un’epoca che si annuncia avara di belle novità.
(1) Si tratta di un’operazione spettacolare di Michèle Alliot-Marie (MAM), ministro dell’interno francese: blitz e arresti di ragazzi accusati di sabotaggi ferroviari, presentati come terroristi. La cosa più tardi si è sgonfiata, uno solo è ancora in galera, e una fitta retta di comitati di difesa si è costituito, partendo dall’altopiano di Milles Vaches, nel centro della Francia, dove buona parte degli accusati abitavano.