frecciabr.gif Carlo Lucarelli – NAVI A PERDERE – VerdeNero Edizioni Ambiente – 10 euro

Un uomo entra in un bar, prende un caffè, risale in auto e muore. Chi è? Perché niente nella sua storia è quello che appare? Carlo Lucarelli racconta la vicenda di Natale De Grazia, unico testimone al processo della Jolly Rosso, la nave dei veleni, per scoprire la verità celata dietro uno dei più grandi scandali dell’ecomafia italiana: un micidiale traffico di rifiuti tossici e radioattivi affondati nel Mediterraneo insieme alle navi, a perdere, che li trasportano.
Pubblichiamo, a corollario dell’importante libro di Lucarelli, parte di un’inchiesta di Riccardo Bocca, vicedirettore dell’Espresso, che nel 2004 affondò il bisturi nel pantano radioattivo del caso “Jolly Rosso”.

Intrigo Rosso
Dall’ inchiesta sullo spiaggiamento della nave della Messina oltre al traffico di rifiuti radioattivi emerge quello delle armi. Lo spionaggio internazionale. I servizi segreti. La massoneria. E pesanti indizi sull’omicidio di Ilaria Alpi in Somalia
di RICCARDO BOCCA

[In merito alla la vicenda della motonave “Rosso”, ex “Jolly Rosso”, arenatasi sulla spiaggia di Formiciche in provincia di Cosenza il 14 dicembre 1990 dopo un principio di affondamento]

JollyRosso.jpg(…) Si parte dalle rivelazioni sulla morte della giornalista del Tg3 Ilaria Alpi e dell’operatore Miran Hrovatin. Sì passa ai rapporti tra grandi trafficanti d’armi e la ‘ndrangheta. Si continua con lo spionaggio militare e la costruzione di telemine usate dagli argentini nelle isole Falkland. E ancora: si parla del piano per corrompere funzionati e parlamentari europei. Si torna a fare il nome del gran maestro Licio Gelli. Fino all’ultima, grave, novità: il ritrovamento in una discarica abusiva sulle colline calabresi di diossina e altre sostanze tossiche. Tutto questo, e altro ancora, sta emergendo dalle indagini e le audizioni relative al caso della motonave Rosso, spiaggiata nel dicembre del 1990 a Formiciche, in provincia di Cosenza.

(…) Di tutto ciò si sta occupando, oltre che la magistratura, la Commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti presieduta dal deputato di Forza Italia Paolo Russo, tra i primi a lanciare l’allarme nazionale. E proprio la sua Commissione ha convocato a Cosenza il 18 e il 19 novembre scorsi alcuni personaggi fondamentali della vicenda. Carabinieri, magistrati, esperti di radioattività, ufficiali delle capitanerie di porto, ambientalisti, testimoni oculari. Ciascuno ha raccontato nel corso di audizioni riservate o del tutto segretate particolari clamorosi e sconosciuti. Un impressionante quadro d’insieme che “L’espresso” propone in queste pagine, partendo dal cosiddetto business delle “navi a perdere” fino ai giorni nostri.

(…) Per cogliere l’ importanza del caso Rosso bisogna infatti tornare a 17 anni fa, quando al largo di Capo Spartivento, davanti a Reggio Calabria, affonda la nave Rigel. (…) [La nave Rigel] è stato l’ elemento che ha permesso agli investigatori di intercettare il faccendiere Giorgio Comerio, titolare della società Oceanie disposai management (O.d.m.) (…) «Durante la perquisizione nella sua casa di Garlasco», ricorda l’ex titolare dell’indagine Francesco Neri (oggi sostituto procuratore generale presso la Corte d’appello di Reggio Calabria), «ho trovato un’agenda con l’ appunto “Lost the ship” al giorno 21 settembre 1987: proprio quando la Rigel è affondata (…). Ecco come mi sono agganciato al Comerio: con questa annotazione sull’ agenda e con la constatazione dell’ International marinine organization che quel giorno nel mondo era affondata soltanto quella nave».

(…) E c’era dell’ altro: «A Garlasco», ricorda Neri, «ho sequestrato le telemine, i progetti di telemine e le loro fotografie. Credo sappiate benissimo», prosegue rivolgendosi alla Commissione sul ciclo dei rifiuti, «che le telemine sono state costruite per affondare i tre incrociatori della marina militare inglese nella battaglia delle Falkland. Tant’è vero che poi, quando scoprirono che Comerio era al servizio del nemico e costruiva le telemine a Malta, tra gli inglesi stessi, fu espulso (dall’isola, ndr). Lo stesso Sismi rimase spiazzato dagli elementi probatori che acquisimmo durante le perquisizioni, perché Comerio veniva ritenuto un truffatore, un “acchiappafarfalle”, mentre invece, come abbiamo scoperto poi, godeva di copertura ad altissimo livello. Ad esempio ha sottratto (lo studio per l’affondamento dei siluri con le scorie radioattive, ndr) a Ispra, quindi all’ Euratom … Non so se qualcuno di voi (deputati, ndr) abbia il permesso di andare ad Ispra, ma credo di no. Penso che neanche i parlamentari italiani possano entrare lì come ci entrava Comerio… Fatto sta che lui sottrae questo progetto, comincia con l’O.d.m. e si contorna di tutti i grandi trafficanti d’armi – parliamo di Gabriele Molaschi, Jack Mazreku e via dicendo. Se ne va in Guinea Conakri e stipula un contratto; se ne va in Somalia e ne stipula un altro con Ali Mahdi. Praticamente i signori della guerra all’epoca operavano in Somalia, dove c’erano due fazioni, e lui si alleò con Ali Mahdi. Ci sono anche fax con i responsabili della Somalia…». In questo clima, spiegano lo stesso Neri e il maresciallo dei carabinieri Nicolo Moschitta alla Commissione sul ciclo dei rifiuti, scatta il nesso tra il traffico d’armi, quello delle scorie radioattive e la morte di Ilaria Alpi. (…) Qui, testimonia il maresciallo Moschitta, «Comerio aveva corrotto Ali Mahdi, riuscendo così a ottenere le autorizzazioni per inabissare le sue scorie. Ricordo che un giorno, mentre svolgevamo questo tipo di accertamento, ci pervenne una comunicazione da Greenpeace di Londra nella quale si diceva che al largo della Somalia, nella zona di Bosaso, c’era una nave che inabissava in mare dei fusti. Quelle indicazioni, da noi riscontrate, erano iden-tiche a quanto contenuto nel progetto O.d.m. di Giorgio Comerio». «Certo non potevo tare una rogatoria con Ali Mahdi», dice alla Commissione il sostituto Neri, «cioè andare in Somalia e farmi uccidere come hanno fatto con Ilaria Alpi, quindi ho mandato gli atti al collega competente per l’indagine. Dopo qualche tempo mi ha chiamato e mi ha detto che avevo ragione: la figlia del sindaco di Bosaso aveva dichiarato che Ilaria Alpi era stata uccisa perché seguiva il traffico dei rifiuti radioattivi in Somalia». «E l’unico che inabissava rifiuti radioattivi», fa notare il maresciallo Moschitta, «era questo signor Comerio».

(…) [Tutto ciò] spiega il clima di pesantissime pressioni che ha accompagnato negli anni il lavoro dei magistrati. Anche per questo, racconta alla Commissione il sostituto Neri, « il Sismi ha collaborato molto con noi. Ci ha fornito una certa copertura, tutelandoci dalle minacce che abbiamo subito io, Domenico Porcelli e Nicola Maria Pace (addirittura
Porcelli ha scoperto una microspia nella sua stanza, ndr)». Ma questo non ha evitato che l’indagine fosse segnata il 13 dicembre 1995 dalla misteriosa morte del capitano di corvetta Natale De Grazia, insignito nel giugno 2004 dal presidente Carlo Azeglio Ciampi della medaglia al valore civile alla memoria. «Morì», ricorda alla Commissione Angelo Barillà di Legambiente, «in un momento cruciale dell’inchiesta, mentre si spostava da Reggio Calabria a La Spezia per interrogare l’equipaggio della Rosso. Fece una sosta a Nocera Inferiore e insieme ad altre persone si recò al ristorante. Lui fu l’unico a mangiare il dolce, dopodiché si rimise in viaggio in automobile, si appisolò e morì». Ucciso da cosa? «L’autopsia è stata effettuata una settimana dopo e allo svolgimento dell’esame autoptico prese parte anche il medico dei familiari», spiega Barillà: «Il risultato dell’ autopsia fu: arresto cardiocircolatorio, ma ai partecipanti rimasero comunque dubbi. Così un anno dopo i familiari ottennero che si rifacesse l’autopsia, e a quanto mi risulta i parenti non hanno mai saputo l’ esito».

(…) Le indagini della Procura di Reggio Calabria hanno toccato livelli straordinariamente alti, degni tuttora della massima attenzione delle istituzioni. Il sostituto Neri, come riferisce lui stesso, ritenne opportuno «informare il presidente della Repubblica dell’epoca tramite il procuratore Agostino Cordova, che collaborava con noi, dicendo che c’erano elementi che attentavano alla sicurezza della nazione». Il Sismi, aggiunge il maresciallo Moschitta, «aveva già atten-zionato il nominativo del Comerio per l’operazione che riguardava la fuga dì Licio Gelli a Montecarlo. E il procuratore di Reggio Antonino Catanese, riferisce l’ambientalista Barillà, «ha parlato del coinvolgimento di personaggi legati alle cosche ioniche cointeressati ad attività con società tedesche rinvenute nei libri contabili e nella documentazione sequestrata all’ O.d.m. per l’affondamento delle navi ». Ma Neri e la sua squadra si erano spinti oltre: «A casa di Gabriele Molaschi, socio di Comerio nell’ O.d.m., trovai i fax che gli erano stati inviati dalla Spectronix di Tel Aviv, nei quali si diceva di intervenire presso l’ Otobreda di La Spezia per poter acquistare i congegni di protezione delle nostre autoblindo utilizzate in Somalia», dice alla Commissione il maresciallo Moschitta: «Si raccomandava di non proseguire per vie ufficiali, bensì sottobanco, e il Molaschi forniva l’ ok, dicendo che era tutto a posto e con l’ occasione faceva presente che aveva bisogno di tante armi». «Gli israeliani», riferisce il sostituto Neri, «controllavano tutti i movimenti delle nostre truppe in Somalia. Non so per quale motivo volessero controllarci, ma c’era spionaggio militare, vendita di armi, triangolazioni. Comerio, quest’ uomo che sembrava un fesso, un quaqquaraquà, uno che andava abbindolando la gente, era invece al centro di un intrigo internazionale».

(…) Comerio, come ha spiegato il sostituto Neri alla Commissione sul ciclo dei rifiuti, aveva per la Rosso due progetti, entrambi rinvenuti durante le perquisizioni: «Il primo prevedeva l’assemblaggio delle telemine dopo la sua cacciata da Malta; il secondo il montaggio dei cosiddetti penetratori (per sparare le scorie tossiche dentro i fondali, ndr)».

(…) Ci sono persone che coraggiosamente collaborano e altre che hanno strani ripensamenti». L’esempio più evidente è quello di un testimone fondamentale, qui senza nome per ragioni di sicurezza, interrogato dai carabinieri lo scorso 17 febbraio. In quell’ occasione spiegò come due mesi dopo lo spiaggiamento della Rosso fossero stati portati nottetempo nella discarica pubblica di Grassullo, comune di Amantea, rifiuti della motonave «senza alcuna scorta della Guardia di Finanza o dei vigili urbani». La stessa persona, alla quale di recente è andato a fuoco un capannone agricolo, davanti alla Commissione ha negato tutto. Strano, ma non raro. Un simile comportamento è stato tenuto da un altro testimone del caso Rosso: il marinaio Giuseppe Scardina, imbarcato sulla motonave Rosso durante l’ultimo viaggio. “L’espresso” nella sua inchiesta ha pubblicato la deposizione del cuoco di bordo Ciro Cinque, il quale diceva: «Ho il sospetto che nel carico ci fosse qualcosa che doveva affondare con tutta la nave», aggiungendo che Scardina avrebbe commentato: «Tu hai ragione, quello che hai detto è la verità, però io non mi possono mettere contro la Messina: ho bisogno di lavorare». Lo stesso Scardina, tuttora dipendente dell’ armatore genovese, ha smentito lo scorso 9 ottobre: «Ero imbarcato sulla Rosso al tempo del naufragio», ha scritto in una lettera ai suoi superiori, «conoscevo il cuoco, ma non ho mai detto ciò che riporta il giornale». A questo punto “L’espresso” è andato a rileggere cosa il marinaio Scardina dichiarava il 7 giugno 1997 alla Guardia di Finanza sulle condizioni della motonave e sullo scopo del viaggio: «Quando siamo partiti da La Spezia con la motonave Rosso la nave era sbandata di due-tre gradi sul lato sinistro, e quando prendeva mare lo sbandamento aumentava», diceva: «Tale sbandamento era causato dal fatto che le valvole delle zavorre non mantenevano, quindi perdevamo acqua e non mantenevamo la zavorra. La nave », continuava il marinaio, «era in pessime condizioni, tant’è che il marinaio Borrelli arrivati a Napoli da La Spezia volle sbarcare a ogni costo. Anzi, ricordo che mi disse: “Scardina, questa nave non mi piace, so che va ma non so se ritorna”. Ricordo pure che a Napoli diede 50 mila lire al medico affinchè gli facesse un certificato per sbarcare. Era in ottima salute, sicuramente (stava, ndr) meglio di me».

(…) Il super consulente della Procura Ornelio Morselli ha infatti trovato consistenti tracce di diossina in un sito che fonti confidenziali hanno indicato a Foresta, comune di Serra D’Aiello. Non solo. Nei campioni prelevati ci sono anche furani e policlorobifenili, suoi stretti parenti altrettanto tossici, oltre a rame, nichel e zinco in concentrazioni fuori legge. «Visto il punto localizzato di rinvenimento, a un metro circa di profondità, si può sicuramente affermare che la presenza di tali sostanze è dovuta all’illecito smaltimento di rifiuti», scrive il consulente tecnico. (…) Per la Procura di Paola è un evidente passo avanti. Le sostanze analizzate, scrive Morselli, non sono compatibili con la realtà artigianale calabrese, viceversa «sicuramente ricollegabili ad effluvi e fanghi prodotti da industrie». Dunque è sempre più teorizzabile che i fanghi provengano dalla motonave Rosso. Il che, se da una parte autorizza l’ottimismo degli investigatori, dall’altra pone serie domande sulla salubrità dell’area indagata. (…) L’Agenzia calabrese per la protezione dell’ ambiente ha predisposto un Piano di azione integrato e collaborerà alle indagini sulla Rosso. (…)