di Alessandra Daniele
La suoneria lo svegliò di colpo, dissolvendo le tracce del sogno.
Aprì gli occhi, guardò il braccialetto elettronico da cui provenivano i trilli. Non ricordava di averlo mai avuto. Un rumore più forte sovrastò la suoneria, e un megaschermo si accese davanti a lui, abbagliandolo. Il volto perfetto d’una donna bionda apparve sorridente sul video «Buongiorno — disse. Poi il suo sorriso si stemperò in un’espressione di gentile autorevolezza — Ci troviamo nel secondo distretto Occidentale, e oggi è il giorno 301 del quarto anno dopo la Neurodemia, cioè la pandemia di necroencefalite che ha ucciso tre quarti della nostra popolazione, e semi distrutto le capacità mnemoniche dei sopravvissuti».
L’immagine in Cgi d’un cervello attaccato da virus mutageni rimpiazzò il primo piano della bionda, la sua voce continuò: «Privati della possibilità di conservare la maggior parte dei ricordi oltre le venti ore, abbiamo attraversato un periodo terribile di panico e caos autodistruttivo — il cervello in Cgi fu sostituito da immagini di masse in tumulto, esplosioni, incendi — Molti sono impazziti. Solo in pochi hanno mantenuto il controllo».
Ricomparso sullo schermo, il volto femminile s’incupì. Poi tornò a sorridere «Alla fine però siamo riusciti a trovare una soluzione, un modo per ricostruire — la bionda sollevò l’elegante mano destra accanto al suo volto, mostrando il suo braccialetto — Questo è il Memotech. Tutti ne abbiamo uno. È la nostra nuova memoria sintetica».
L’uomo si guardò il polso. Sul suo braccialetto era comparsa una piccola scritta luminosa: «Buongiorno Tom! » Era il suo nome? La donna sullo schermo continuò
«Se poteste ricordare il livello tecnologico raggiunto dalla nostra civiltà prima della Neurodemia, probabilmente vi chiedereste come mai non abbiamo scelto un impianto di nanochip neurali. Ma se poteste ricordare anche la follia e la distruzione seguite alla Neurodemia, accogliereste con stupita gratitudine il primitivo ma funzionale dispositivo che siamo alla fine riusciti ad assemblare — la donna si fece molto seria, i suoi occhi sembrarono ingrandirsi — Sul vostro Memotech compariranno tutte le informazioni che vi servono per affrontare la vostra giornata. In qualsiasi momento potrete richiedere informazioni aggiuntive collegandolo alla MemoNet» indicò un piccolo foro sul suo braccialetto, poi puntò il dito verso il basso. Tom lo seguì con lo sguardo, e notò il modem posato sotto lo schermo. La bionda sorrise ancora «Buongiorno e buon lavoro!» Poi il video si spense.
Tom rimase qualche minuto seduto in silenzio. Si sentiva vuoto e stordito. L’ultima cosa che ricordava bene era una lunga febbre, e la mano fresca di sua madre sulla fronte. Era la febbre necroencefalica? «Non è possibile» pensò, sua madre nel ricordo era appena una ragazza. Guardò la sua immagine riflessa nello schermo spento. Gli sembrò terribilmente estranea.
La madre che ricordava era più giovane di lui.
Lo assalì una sensazione d’angoscia. Aveva davvero perduto tutta la sua vita? Era davvero successo a tutti quanti? Il braccialetto trillò. La scritta diceva «Il tuo nome è Tom. 36 anni. Maschio etero occidentale neocristiano. Professione: addetto alla rimozione. Apri la porta».
Tom si alzò, e apri. La stradina di fronte al suo cubicolo sembrava deserta. Di colpo un’ombra gli si parò davanti e lo spinse dentro.
– Ci hai creduto di nuovo, vero? — Gli chiese.
Tom la guardò. Era una ragazzina bruna, magra come un randagio. E gli puntava contro una pistola più grande della mano con cui la reggeva.
– Ci hai creduto di nuovo, certo. L’epidemia e tutte quelle stronzate. Non è un virus, è un mix di gas e condizionamento selettivo, ve lo danno tutte le sere, e poi ogni giorno vi portano in giro come burattini. Ascoltami! Te l’hanno già detto, e tu te lo sei già scordato, più d’una volta!
Il braccialetto trillò. Tom sbirciò il polso cercando di non perdere d’occhio la pistola. La scritta diceva «Questo è il tuo lavoro».
– Fottuto braccialetto! — Disse la ragazzina — lo sai già che non puoi toglierlo? No. Sono arrivata presto, ma non abbastanza da impedirti di sentire quella troia alla TV — agitò la pistola — E adesso magari pensi che sono una pazza.
– Senti, io non penso niente – Tom alzò le mani – Non mi ricordo niente, non capisco niente — sentì il braccialetto vibrare.
– Lo so. Non mi crederai mai. Andiamo! — Gridò la ragazzina, e indicò l’uscita. Tom si diede un’altra occhiata furtiva al polso.
«Accanto alla porta. Sotto il pannello»
Tom si diresse all’uscita. La ragazzina lo seguì tenendolo sotto tiro. A un passo dalla porta, Tom finse di inciampare. Infilò la mano sotto il pannello, afferrò quello che c’era, e si girò di scatto.
La ragazzina urlò.
Tom sparò.
Lei cadde a terra fulminata. Lui rimase stordito a chiedersi perché ricordasse come usare una pistola.
La scritta sul braccialetto diceva «Ottimo lavoro».
Quella notte la sognò. Lei lo guardava, dicendogli «Ti tirerò fuori di qui. Dovessi tornare cento volte, riuscirò a farti ricordare. O almeno ti convincerò a seguirmi».
Sembrava la stessa ragazzina, solo meno magra, forse più giovane. Stava scappando, ma si voltava per dirgli «Ti tirerò fuori, papà!»
La suoneria lo svegliò di colpo, dissolvendo le tracce del sogno.