di Danilo Arona
All’inizio degli anni Settanta qualcuno in Italia ebbe una bella pensata in nome del profitto. Una di quelle ideone che forse fecero scuola all’estero, o dall’estero provenivano. Il progetto consisteva nell’esporre chilometri e chilometri di coltivazioni di frumento ai raggi gamma di un reattore nucleare per provocare una mutazione genetica. Dopo il primo bombardamento si ottenne un cereale più produttivo, ma più piccolo, decisamente tendente al nanismo (180 cm). Restava ancora un problema da risolvere, quello dell’allettamento, termine che in agricoltura non ha nulla a che spartire con lusinghe e attrazioni fatali.
Per “allettamento” s’intende infatti quella problematica cui va incontro una spiga di almeno 180 cm per colpa del vento e della pioggia: la spiga cioè casca verso il basso ed è perduta. Con un ulteriore bombardamento di raggi gamma i 180 cm divennero 80 e il problema fu eliminato, con un ulteriore e gradito supplemento alla produzione perché in tal modo si anticipava il raccolto di almeno tre settimane. Al nuovo cereale gli scienziati diedero un nome e un programma: CRESO. L’esperienza, dato il “successo”, non restò isolata: sull’onda della mutazione a raggi gamma, tanto in Italia che nel mondo, il frumento venne via via esposto a materiale radioattivo, raggi x e cobalto. Chissà se già allora esisteva qualche trombone che sosteneva la nobiltà di questo progetto per sconfiggere la fame nel mondo… A memoria, mi pare proprio di sì.
Da questa orripilante mutagenesi proviene tutto il grano convenzionale che ci mangiamo oggi. Siccome il grano sta ovunque, persino laddove a volte si presume non ci debba essere, è facile che tutti noi da un trentennio circa a questa parte c’ingeriamo pane ai raggi gamma e brioche al cobalto. Non ci è mai successo nulla? E chi lo può dire? Qualche scienziato o ricercatore ha mai messo in relazione la proliferazione di un certo tipo di tumore – magari trent’anni fa statisticamente assente – con la spesa fatta dal panettiere sotto casa?
Ma, invece di alzare cortine fumogene, snoccioliamo dei dati. Assieme a tutto lo schifoso corollario di malattie mortali provocate da fattori ambientali in crescita esponenziale (amianto, diossina, cromo esavalente, scegliete voi perché l’Italia è parimenti inquinata, da nord a sud), lo stato di salute media della nazione negli ultimi vent’anni è stato caratterizzato da una vera e propria esplosione dei casi di celiachia, passati da un caso ogni 1000 persone a un caso ogni 100 (un insignificante zero di differenza), e da una proliferante casistica sempre più allargata di cosiddetta “falsa celiachia”, comprendente tutta una serie di sintomi di rigetto al frumento, che l’organismo dei soggetti ipersensibili o “intolleranti” non riconosce più come elemento-alimento familiare, ma come un vero e proprio invasore.
Fantascienza? Ecco quanto si può leggere su un recente numero di “AAM Terra Nuova”, uno degli ultimi baluardi di stampa libera in Italia. A parlare è il professor Luciano Picchiai, primario ematologo dell’ospedale Buzzi di Milano:
“Sembra fondata l’ipotesi che la modifica genetica indotta nel frumento CRESO sia correlata a una modificazione della sua proteina e in particolare di una frazione di questa, la gliadina, proteina basica dalla quale per digestione peptica-triptica si ottiene una sostanza chiamata frazione III di Frazer, alla quale è dovuta l’enteropatia infiammatoria e quindi il malassorbimento caratteristico della celiachia“.
Coraggio, amici celiaci dell’ultimo decennio, sapete chi ringraziare. Anzi, mi correggo a 360°: non lo saprete mai! Ma andiamo oltre. Elemento-alimento invasore, dicevamo. Perché la mutagenesi elimina cromosomi, altera la funzione degli aminoacidi, ma soprattutto è in grado d’introdurre nell’organismo invaso una frequenza vibratoria del tutto anomala. Un messaggio elettromagnetico “intruder” provieniente dal cibo stesso che creerebbe alterazioni a livello della membrana cellulare dei sistemi biologici (Prof. Adey 1988). Le membrane, avendo dei complessi glicoproteici che agiscono come antenne tra l’ambiente extra e intracellulare, porterebbero queste vibrazioni anomale fino al DNA cellulare. Con la possibile creazione di una catena di reazioni che creerebbero nel tempo una serie di disturbi dapprima aspecifici, in grado di diventare successivamente malattie gravi e conclamate. Reazioni che non solo portano a reazioni biofisiologiche, ma anche a reazioni sul terzo corpo o emozionale, in modo particolare disturbi psichiatrici quali ansia, depressioni, malinconie. E soprattutto, dipendenza. Più, se vi gusta l’elenco, malattie delle orecchie, del naso e della gola; malattie reumatiche: osteoarticolari, artriti, spondiliti, artrosi; malattie del digerente: coliti, gastriti, ulcere duodenali, morbo di Crohn; malattie cutanee: eczema, psoriasi, acne; malattie ginecologiche: cistiti croniche, candidasi.
Ma non sono un medico. Bensì un viaggiatore all’interno della Luce Oscura. E allora, da quelle parti, gira questa storia: ci sono cibi che, se opportunamente modificati, oltre a creare dipendenza e malattie (quindi business per l’industria farmaceutica e le strutture ospedaliere), sono in grado di creare controllo, narcosi di massa, abbassamento di certe soglie reattive del corpo emozionale e innalzamento di certe altre primarie tipo l’aggressività primaria. Sarà interessante sapere che la frequenza vibratoria del grano modificato è più o meno identica a quella dell’aspartame, un dolcificante che dicesi “naturale” e che invece è artificiale, definito cancerogeno da migliaia di scienziati in tutto il mondo (l’anno scorso, si videro al TG2 passare in seconda notizia alle ore 13 due scienziati italiani che lo ribadivano a suon di dati oggettivi, ma da allora comanda ancora il nulla e l’aspartame è regolarmente distribuito in bustina in tutti i bar della penisola!) e sul quale non si può intervenire perché è proprietà di multinazionali (la penultima proprietà, una certa Monsanto…).
Non la faccio lunghissima, ma i i disturbi accertati da aspartame – che sono disturbi da potenziale mutagenico esattamente come quelli del grano nanizzato – risultano essere: mal di testa, vertigini, difficoltà di concentrazione, perdita della memoria, problemi dell’articolazione delle parole, problemi di vista sino alla cecita e tumori al cervello (John W. Olney, Wahington University di St. Louis). Guarda caso, problematiche salutistiche che presuppongono un livello di controllo esterno. La chiudo qui, perché a buon intenditor poche parole. Se non ricordare che il metodo per sfuggire alla modificazione interna provocata dal cibo geneticamente mutato esiste ed è l’alfabetismo: leggete le etichette, leggetele bene e scegliete cibi sicuri. L’agricoltura seriamente biologica è un ottimo scudo.
Siccome però mi occupo anche di letteratura, faccio mia una frase dell’ottimo Gianfranco Manfredi, l’autore del recente Ho freddo, quando afferma che, senza un fondamento crudamente realistico e sociale, l’horror rischia di diventare un innocuo divertimento, come il padiglione degli orrori di un luna park. Bene, allora si sappia che l’horror si è occupato del grano geneticamente modificato e delle sue conseguenze devastanti sull’intero ecosistema planetario sin dal lontano 1985 con lo scrittore John Farris e il romanzo Minotaur, uscito in sordina in Italia ben dodici anni dopo con il titolo Gli artigli del male.
John Farris, sulla cresta dell’onda negli anni ottanta per avere scritto il soggetto di Fury di Brian De Palma, qui s’immagina che uno scienziato riesca a creare un tipo di grano capace di resistere all’attacco di un devastante microrganismo, chiamato Cirenaica, in grado di distruggere l’intera produzione di grano “normale” presente sulla Terra…
Accipicchia, ho scritto “s’immagina”?