di Enrico Miele
“Decine di occupazioni.
Studenti, operai, insegnanti.
Insegnanti! Ti rendi conto?”
Gian Maria Volontè in “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”
“Secondo lei mister, il futuro è dei giovani?
No, il presente è dei giovani.”
Josè Mourinho in un’intervista rilasciata alla Rai
C’erano una volta, elementari, medie, superiori e università. Nulla d’invidiabile, per carità. Anche allora i problemi non mancavano. Ma cosa potete saperne? Voi rievocate il passato solo perché sto smantellando il vostro presente. E fossi la prima, capirei anche tutte queste proteste. Ma è un percorso lungo. Che viene da lontano. Io sono stata scelta per terminarlo. Io sono la figlia del sapere.
Dicevo, c’era una volta. Avete presente, quando da piccoli, seduti nel proprio banco, regolarmente arrivavano in classe gli ex alunni della maestra? Gente che appariva adulta. Sembravano dei giganti. Erano solo qualche classe più avanti. Tornavano per salutare l’insegnante. Per ringraziarla. Non tutti, è chiaro. Alcuni odiavano la scuola fin da piccoli. Fannulloni che desideravano solo lavorare. Io no. Io amavo la scuola. E come invidiavo quei ragazzi. Anche io, un giorno, sarei tornata. Sarei stata riconoscente verso la mia maestra. Entrando in classe all’improvviso, avrei detto: “Signora, sono Mariastella, si ricorda di me?!”. E baci. E abbracci. E dai banchi sguardi di ammirazione per l’alunna che tornava a salutare l’insegnante. La maestra. La mia maestra unica. Perché io amavo la scuola.
Non è mai accaduto. Mai. Perché nella mia piccola scuola di Leno, in provincia di Brescia, c’era l’amianto. Quel bel tetto rosso era in amianto. Quel bel tetto rosso che s’intonava così bene con le pareti gialline dell’istituto, era tutto in amianto. E l’edificio non c’è più. L’hanno smantellato. Pericoloso, dissero. Per un po’ d’amianto, pensai io?! La più brava non sarebbe mai andata a trovare la maestra nella vecchia classe in fondo al corridoio per colpa di una stupida norma. Come se non bastasse, qualche anno più tardi hanno inserito il doppio modulo. Cioè due insegnanti. Uno per le materie scientifiche e uno per tutto il resto. Ma che bisogno c’era, vi chiedo?! Ma sapete quale fortuna nell’avere un’unica persona che in classe, giustamente, si occupa solo dei più studiosi? La maestra non riesce a seguire tutti e trenta gli alunni? E tu diventa uno dei più bravi, no? Che ci vuole. Io poi ero davvero fortunata. La nostra insegnante era anche una devotissima cattolica. E quindi, nell’ora di religione, non avevamo una suora come le classi più sfortunate, ma era lei stessa a leggerci i passi del Vangelo.
Tutto svanito per colpa delle riforme. Niente più vecchie scuole piene di grembiuli. Niente più maestra unica. Da quel momento ho odiato quei ricordi. E ora smantello la scuola per ripicca. E la ricostruisco com’era prima. Troppa confusione. Altrimenti finirete come me. Senza una vecchietta dietro una cattedra da andare a trovare per colpa dell’edilizia scolastica. Come me, senza più il mio piccolo istituto elementare. La mia piccola scuola di Leno, in provincia di Brescia. Dove il sabato si usciva prima per aiutare i grandi a preparare la “sagra del pà e formaì”. Che secondo me non ha nulla da invidiare alla Fiera di Milano. E l’ho detto anche al mio governo che andrebbe valorizzata. E forse l’anno prossimo ci verrà Vissani e faranno anche un collegamento con Rete 4 la domenica mattina. Ci pensate? Gli abitanti di Leno in televisione. Ma non è la prima volta, dovete sapere. Quando già studiavo all’università di Brescia, venne Mengacci. C’era un matrimonio. E chiamarono Mengacci. E lui venne. Tutto il paese in festa davanti alle telecamere. E c’era quella presentatrice tanto brava. Io pensai subito che avrebbe fatto carriera. Non mi sbagliavo. Ed è un’emozione oggi averla al mio fianco nel consiglio dei ministri.
Ma io quella volta di “Scene da un matrimonio” al paese non c’ero. Vidi poi i filmati girati da mia madre. E ascoltai i racconti delle amiche. Io dovevo preparare l’esame di diritto privato. Avevo speso novantamilalire per poter comprare il manuale. I libri non li fotocopiavo. Li compravo, io. Perché per l’istruzione non ho mai badato a spese. Non certo come quelli del collettivo. Che sbraitavano tutto il tempo. E la mensa non c’era più. Vogliamo la mensa. E i libri costano troppo. Vogliamo i libri. E lo studentato aveva pochi posti letto. Vogliamo gli studentati. E io mi chiedevo: “Questi vogliono tutto, ma non sanno che c’è la crisi? Li leggono i giornali?”. No, era ovvio. Sbraitavano di pantere indomabili. Nere, per giunta. Ma io badavo al sodo. Studio, impegno e dedizione. Non a caso fui eletta nel consiglio comunale di Desenzano del Garda a soli 25 anni. Sfido io. Anche Brunetta lo dice sempre: “Fossero tutti come te Mariastella!” e mi dà un buffetto, ma sul sedere perchè il povero Renato non è molto alto, e se si alzasse sulle punte mi vergognerei da morire.
E ora ci si mettono anche gli Atenei. Ricercatori, studenti, rettori, dottorandi, bidelli, docenti. Non manca nessuno. Io ho solo ridotto un po’ le spese. Niente di più. Anche Tremonti era d’accordo. E mi aveva assicurato che Frati, Calzolari e Decleva erano persone tanto per bene. E invece? Come nel peggiore degli incubi, di nuovo vi sento parlare di movimento studentesco, occupazioni, blocco della didattica. E al centro della contestazione non c’è più quel buon uomo del ministro Ruberti o il sardo là, come si chiamava, Gramsci, no Berlinguer, ma io. Proprio io, Mariastella. E stavolta ci capisco ancora meno.
Almeno negli anni passati casa, libri, affitti erano parole comprensibili anche ai più studiosi. Ma stavolta no. Diritto al sapere. Cosa vuol dire? Ma perché, all’università non ci andate già? Il sapere è di tutti. Eh già, e come faranno i più bravi a distinguersi? Riappropriarsi del sapere. Ma se è una vita che dico che i libri vanno comprati! Io sono il ministro dell’Istruzione, mica del Lavoro cognitivo!
Mi sembra un incubo. È un incubo. E il prossimo anno in Italia c’è anche il g8. Mi viene da piangere. Devo trovare il tempo per prendere un caffè con la Moratti. Mi dicono ci sia già passata, quasi indenne.
C’era una volta, ma stavolta ho paura non basti più. Questi vogliono troppo, questi vogliono tutto.
Traduzione dal latino
a cura di Enrico Miele
de.erique@gmail.com