di Giuseppe Pensabene Perez
[Dopo l’articolo di Giuseppe Pensabene Il nemico che avanza e la replica dell’ambasciatore d’Italia nello Yemen, Mario Boffo, il primo interviene precisando il suo punto di vista. Con questo, riteniamo chiusa la polemica, anche se i due interlocutori sono invitati, quando credono, a tornare sulla interessante realtà yemenita. Per maggiore chiarezza dei lettori, è bene precisare che gli ambasciatori sono nominati secondo carriera, e non dal governo in carica, di cui non sono tenuti a condividere per forza gli orientamenti politici.] (V.E.)
Quando ho mandato il mio testo a Carmilla già sapevo che probabilmente sarebbe stato letto anche dall’ambasciatore, avendo notato in precedenza la recensione al suo libro sullo stesso sito. Il fatto non mi spaventava e assolutamente non credevo di innescare una tale reazione. Ammetto anche che ho un certo desiderio di leggere Femmina Strega essendo appassionato di letteratura storica e fidandomi ciecamente del giudizio di V.E.
Leggendo che il Boffo si chiede perché non gli abbia detto in faccia le cose che pensavo mi fa credere che non siano stati capiti l’intento e la forma del mio testo e questo certamente per colpa mia.
Pensavo si cogliesse che “il nemico che avanza” è essenzialmente un diario personale, scritto durante il mio soggiorno per motivi di studio a Sana’a, in cui sono presenti degli spunti interessanti di riflessione sulla società e sulla situazione politica dello Yemen, ma che il protagonista principale del testo sono io, le mie reazioni emozionali alle vicende che accadevano in quel meraviglioso paese e la mia visione soggettiva. Infatti il tono per la maggior parte delle volte è sarcastico o ironico e i commenti ingiuriosi sono messi fra parentesi e in corsivo. Non è un articolo giornalistico sull’operato dell’ambasciata italiana in Yemen bensì il racconto di come un giovane ragazzo di ventiquattro anni ha vissuto tutta una serie di vicende e sulle quali, esprime il suo parere, spesso esagerando volutamente i toni, spingendosi fino al paradosso, esclusivamente per ingenue, criticabili e a quanto pare mal riuscite, intenzioni/velleità letterarie. Ed infatti è stato pubblicato su una rivista che reca come intestazione “Letteratura, immaginario e cultura d’opposizione” e non su un sito di reportage giornalistici.
Riguardo alla frase “il nemico che avanza” adoperata dal Boffo, che mi accusa di non capire le metafore, mi basta citare quel che ho scritto: “Sicuramente involontario e dovuto più alle velleità artistiche del nostro ambasciatore, che a un effettivo parere personale, il paragone che aveva adoperato era emblematico: rappresentava perfettamente il sentire comune di buona parte dell’occidente nei confronti dei popoli musulmani: il nemico che avanza. Era chiaro che il nemico inteso erano al Qaeda e i terroristi ma stante che, in Italia e nel resto del mondo “civilizzato”, l’identificazione religione islamica — terrorismo era consolidata presso buona parte della gente e diffusa e patrocinata dalla stessa classe dirigente (i vassalli del castello che mettono in guardia i contadini?), la metafora usata dall’ambasciatore mi agghiacciò. Coloro i quali avevano fatto esplodere le stazioni di Londra e Madrid sono, per me, nemici quanto i governi che con fantasiose giustificazioni diffondono morte e devastazione attraverso avide guerre sanguinarie.”
Ciò che mi aveva colpito erano semplicemente i termini utilizzati, da cui ho tratto spunto per spiegare il mio parere su un errato e pericolosissimo giudizio che circola nel nostro paese al riguardo della religione musulmana e dei suoi praticanti. Non ho detto “il Boffo la pensa così”, ho invece sottolineato il fatto che, in quella situazione, l’ambasciatore rappresentava lo Stato italiano, Stato governato da individui (Berlusconi, Borghezio, Calderoli…) che volentieri associano la parola Islam alla parola Nemico.
Mi scuso e mi dispiace aver offeso l’ambasciatore, con cui peraltro condivido un ottimo amico che sempre me ne ha parlato bene. Sia chiaro che non ho nulla di personale contro di lui ne contro lo staff dell’ambasciata, che effettivamente mi ha accolto e trattato con amicizia durante tutti e quattro i mesi passati nello Yemen.
Nel mio testo speravo, ingenuamente, di raccontare le varie tendenze, spesso in contrasto, presenti nei miei pensieri: dalle reazioni più istintive, violente, anche volgari, per le quali infatti è stato usato il dialetto romanesco, fino ai rimorsi, deliranti e appositamente esagerati, mistico-religiosi.
Non mi aspettavo tanto pubblico ardore nel difendere l’operato dell’ambasciata italiana dai giudizi dati da uno che si autodefinisce studente matto e sballone.
Probabilmente mi sarei dovuto attenere ai cosiddetti generi letterari scindendo fra diario personale e resoconto di viaggio, ma l’intento originario, evidentemente non realizzato, era di amalgamare questi due generi in un testo che fosse divertente ma che facesse anche riflettere. “Non scampa da chi veste da parata chi veste una risata” diceva Guccini.
Se Carmilla ha ritenuto di pubblicare il mio articolo forse qualcosa di interessante è riuscito a emergere dal “turpiloquio” e spero che i lettori lo abbiano apprezzato.
Giuseppe Pensabene Lopez