di Alessandro Morera

YoussefChahineYusufShahin.jpgMarco Müller, rendendo noto il programma della 65a Mostra del Cinema di Venezia, ha dedicato questa edizione a Youssef Chahine, uno dei cineasti più illuminati della storia del cinema, proiettando “Porta di ferro/Cairo Station” domenica 31 agosto in Sala Grande a mezzanotte.
L’egiziano Youssef Chahine (il cui ultimo film, “Il Caos”, è stato presentato a Venezia lo scorso anno) è morto a 82 anni il 27 luglio 2008, già da giugno versava in gravi condizioni a causa di un aneurisma cerebrale. Nato ad Alessandria d’Egitto, debuttò con lo straordinario “Bābā Amīn” (1950); un anno dopo, con “Il ragazzo del Nilo” (1951), fu per la prima volta invitato al Festival del Cinema di Cannes, dove diede scandalo dichiarando candidamente tanto il suo laicismo quanto la sua bisessualità. Fu però negli anni ’70 che si affermò a livello internazionale con “Il passero” (1973), in cui attaccava l’Egitto per la sconfitta nella “guerra dei sei giorni” contro Israele: epica la sequenza finale, in cui la gente si riversa nelle strade per gridare il suo sostegno nei confronti del presidente Nasser.

Famosissima la sua autobiografia visiva in fieri, che parte da “Alessandria… perché?” (1978), passando per “Una storia egiziana” (1982), “Alessandria, ancora e ancora” (1990) e il meraviglioso “Alessandria… New York” (2004). Combatté anche a favore dell’emancipazione femminile in Egitto e in tutta l’Africa, come dimostrato da uno dei suoi maggiori film, “Porta di ferro/Cairo Station” (1958). Si scagliò altresì contro l’occupazione francese in Africa e i guasti che questa produsse, nella sua personale e struggente rilettura dell’invasione napoleonica in “Addio Bonaparte” (1985), dove viene narrata la sconfitta che il generale corso subì ad Abukir. Con “Il Destino” (Palma d’Oro al 50° festival di Cannes nel 1997) ha messo in scena una delle più profonde riflessioni critiche nei confronti non solo della religione islamica, ma di tutte le religioni, ponendo al centro del film uno dei più grandi personaggi della storia dell’umanità: Averroè.
Un Averroè costretto a subire l’offensiva della censura da parte degli stolti religiosi, illuminante riferimento al ruolo reazionario esplicato dai fondamentalisti islamici in epoca contemporanea. Come d’altronde fece scalpore in Occidente (e non solo) il bellissimo episodio, “Egypt”, che diresse per il film collettivo “11 Settembre 2001”
Chahine era costantemente minacciato di morte dai fondamentalisti islamici (e non solo, visto la sua forte opposizione prima a Sadat e successivamente al suo delfino ancora al potere, Mubarak) e nonostante ciò ha sempre continuato a vivere in un quartiere popolare al Cairo, rifiutando la scorta e vivendo tra la gente di ogni fede e religione che si mescola e vive quotidianamente, in pace e armonia, nella splendida città egiziana. Ecco, la sua migliore arma, oltre al cinema, era la gioia di vivere un costante confronto con l’altro da sé, senza mediazioni o steccati di sorta, quell’altro che è anche il titolo di uno dei suoi ultimi film, “L’altro” per l’appunto, del 1999. Ci piace qui ricordarlo attraverso alcune sue parole estratte dalla lezione di cinema che tenne nell’ambito del Festival del Cinema di Cannes nel 1998 (pubblicata nel volume antologico edito dall’Editrice Il Castoro nel 2007 Lezioni di cinema):

Avevo diciotto anni, ero ancora più brutto di adesso, il naso molto più appuntito, le orecchie come vele di barche… Come si dice, tutto questo aveva un certo charme, ma non lo charme slavo, né quello britannico, piuttosto il fascino arabo-greco-meticcio. Incarnavo tutto il pasticcio che caratterizzava a quei tempi Alessandria. E a chiunque mi parlasse nella propria lingua rispondevo nella sua lingua. Parlavo italiano, francese, arabo, inglese, e a quei tempi non ancora abbastanza il russo… L’ “altro” esisteva ad Alessandria, era così. C’erano ebrei, c’erano cristiani, c’erano musulmani, e fra di noi, siamo onesti, tutti sono andati a letto con tutti. E non è che fosse peggio!
Oggi è cambiato tutto, e vivo al Cairo, dove mi consigliano di spostarmi scortato da guardie armate di pistole. Tanto vale prendersi una prigione, una prigione ambulante. Averroè, il filosofo arabo-andaluso, diceva: “Preferirei morire nel mio letto circondato da donne in lacrime, ma se domani un pazzo mi uccide per strada, pazienza.”
Oggi è sicuro che la penso come lui! Ho quindi mandato indietro le guardie del corpo armate. Le ho sopportate una settimana, non di più. Vivo in uno dei quartieri “difficili” della città, ma è proprio per questo che trovo la mia sola e fondamentale sicurezza: essere come gli altri in mezzo agli altri.

Sito ufficiale

Frammenti dei suoi film:

Cairo Station
Egypt