Craig Davidson – RUGGINE E OSSA – Einaudi Stile Libero – pp. 271 – € 11.50
Libro d’esordio di Davidson (qui il suo sito ufficiale), una serie di racconti collegati dal filo comune di esprimere la difficoltà di adattarsi a una vita difficile. I personaggi dei racconti di Davidson sono disperati, a volte combattono i propri malesseri e altre volte li assecondano morbosamente, come se fosse l’unica possibilità di accettarsi. Il titolo del romanzo richiama il primo racconto, dove un pugile di 36 anni senza più possibiltà di arrivare alla fama, rimugina sul coma del nipote rievocando il giorno in cui accadde l’incidente che ha rovinato la vita a entrambi. Durante una passeggiata su un laghetto ghiacciato, il ragazzino scappa di mano allo zio — allora un promettente boxeur — e sfonda la superficie. Per salvarlo, lo zio si rompe le ossa di una mano nel tentativo di rompere il ghiaccio che intrappola il bambino. Il racconto avviene a quindici anni di distanza, il nipote Jake si è salvato ma i danni cerebrali subiti l’hanno lasciato in coma.
Nel racconto “Friction” in cui Sam si racconta durante gli incontri di terapia di gruppo. Sam confessa apertamente di essere un sex-addicted, e per essere coerente con il suo vizio di mestiere fa l’attore porno. Divorziato e con una bambina di cinque anni — l’unica persona per la quale Sam nutre un amore vero e sincero — trova una specie di affinità elettiva con una ninfomane frequentatrice della terapia. Per entrambi l’unico modo per accettarsi e non nascondere la propria malattia, coscienti di essere anormali.
Lo stile di Davidson (a destra nella foto) è asciutto, stringato ed efficace. Non ama la retorica e arriva al punto senza giri di parole. Inoltre, e considerato il tema dei racconti, un sarcasmo cinico e la surrealità di certe situazioni e personaggi secondari non rendono pesante la lettura, che invece si fa sempre più coinvolgente a mano a mano che il piano dell’autore prende forma. Infatti i racconti, pur essendo slegati l’uno dall’altro, vengono tenuti insieme dalla presenza di costanti richiami: ad esempio nel racconto “The Rifleman” fanno da comparsa i personaggi di “A Mean Utility”, il cui personaggio principale compare in “On Sleepless Roads”.
Molto bello il racconto “Rocket Ride”: storia di un giovane ammaestratore di orche e delfini a cui viene mangiata una gamba dall’orca Niska durante uno show. Per Benjamin è solo l’inizio di una discesa agli inferi che si conclude solo con l’unica scelta possibile per lui: rientrare nella vasca di notte e lasciare che Niska finisca l’opera, facendosi divorare.
Oltre a Palahniuk (per le situazioni borderline dipinte con lucida efficacia e prive di simpateticità), un titolo che viene in mente per spiegare il tipo di link tra i vari racconti è “Acqua dal sole” di B. E. Ellis (evocato anche nelle atmosfere di ordinaria morbosità del racconto “Friction”), mentre per lo spirito — ma senza essere così nichilista e misantropo — ricorda Hubert Selby Jr, in particolare i racconti che compongono “Il canto della neve silenziosa”.
Un gran bel libro.