di Tito Pulsinelli
[L’editoriale di Franco Ricciardiello L’estetica di Superciuk ha indotto Tito Pulsinelli, dal Venezuela in cui risiede, a inviarmi questa bella lettera.] (V.E.)
Caro Valerio,
il pezzo di Superciuk coglie il bersaglio, ha l’effetto dissolvente di un acido che corrode il grumo arrugginito del capovolgimento del senso comune.
Sono convinto del buon effetto disvelante di offrire lo specchio grottesco del “modernariato”, su altre forme della rappresentazione-interpretazione del reale.
Alla fine, per il ritorno della critica è indispensabile la memoria, la densità del passato sulle evanescenze del presente. La forza della tragedia sulla moderna rappresentazione, ridotta a cabaret e colate laviche di figurine. Una coatta collezione di album Panini a vita.
Superciuk è la memoria breve che volge lo sguardo sulla fase adolescenziale o giovanile degli attuali leghisti, o dei partigiani del Partito delle Tasse e di quello dei Tagli.
New Italian Epic è la memoria di più lunga gittata che sa risalire ad alcune sorgenti vitali, e traccia le traiettorie dei corsi e dei ricorsi, delle cadute e delle risalite. E’ indispensabile, perchè solo gli Stati Uniti sono il regno millenarista dell’assoluta ignoranza della storia e della geografia.
Superciuk illustra il nuovo elettorato indifferenziato. Diabolik, invece, delimita gli spazi di quelli che riescono a piazzarsi in una municipalizzata o nelle liste dei due partiti autorizzati. I mascherati inchiodati alla coazione a ripetersi.
Diabolik è la solitutidine consacrata alla routine della crescita infinita delle statistiche, la “motivazione” scarnificata della cifra obligatoriamente crescente. Reiterazione asettica, asessuata, il crimine “politicamente corretto” come un reddito procapite certificato. Nessun amico, pura competitività: il calvinismo senza filtro delle periferie che si sono fatte centro.
Che ne fa Diabolik della ricchezza accumulata e del potere? Boh, di certo non ha tempo nemmeno per le vacanze. Comprerà i “prodotti finanziari” dai biscazzieri globali? Se avesse parenti, però, sicuramente li affiderebbe a qualche “badante”.
Come sai, anche da queste parti, sono in gran agitazione epigoni autoctoni del “leghismo”. Quelli boliviani hanno costretto a sfilare i locali “rom” a torso nudo, mani legate, sputacchiati dalla canaglia a copertura mediatica garantita, e costretti a rinnegare pubblicamente la loro bandiera e la loro identità. Eppure abitano quella terra da molto prima dei pallidi discendenti degli “scopritori”.
Quelli argentini, invece, per rifiutare una tassa sulle loro crescenti e fiorenti esportazioni di cereali — al fine di garantirne il consumo anche ai loro concittadini – non esitano a bloccare i rifornimenti alle città e creare una carestia indotta. E che serva da lezione agli ingenui “populisti” che osano disturbare il mercato!
L’unica differenza è che qui il “leghismo” è sulla difensiva e reagisce con virulenza contro il potere politico che — fortunatamente – è di tutt’altra natura di quello romano. In primo luogo è autoctono, cioè più sovrano rispetto alle Conferenze episcopali e all’impero declinante. A Roma, invece, si affidano alla protezione taumaturgica dello scudo papale, in aggiunta a quello imperiale.
D’altronde, non hanno tutti i torti, c’è veramente di che preoccuparsi: crisi demografica conclamata, crescita zero, élites dirigenti sotto-vuoto-spinto, obbligo di sborsare ogni anno dai 50 agli 80 milioni all’usura globalista di FMI e Banca Mondiale. Rimangono solo due possibilità: il partito dei Tagli o quello delle Tasse, uniti nella lotta per il Normale Paese Semplice.
Quello in cui la neolingua maccheronica dei cabarettisti dei Palazzi romani e dei nuovi arroganti “caporali d’industria”, non può spiegare l’inspiegabile: hanno bisogno di braccianti stranieri e li odiano. Sbavature insignificanti in attesa del progresso della “robotica”?
Affidano i loro vecchi e i loro bimbi a gente cui non si fidano di assegnare una carta di identità. Jatevenne!
I partiti delle Tasse e dei Tagli rispettano il patto di omertà integrale sul debito estero, sulla sua entità e liceità, nonchè sulle modalità di rimborso della iniqua gabella. Non sarebbe elegante impugnarne la validità, chiederne la sospensione parziale o esborsi più dilazionati. Suvvia, farebbe troppo “terzomondo”!
Il Normale Paese Semplice è al terzo posto nella lista nera dei debitori, davanti a molte contrade regolarmente irrise dagli stolti cabarettisti. Ma il mondo non è ancora diventato un teleschermo. L’impero declinante da creditore è diventato debitore, e tre reami orientali controllano la metà del suo cronico debito.
Il patto d’omertà si estende alla collusione con la rampante economia “sicariale”, all’impunità per gli autori della catena di “stragi di Stato” e alla carta bianca per le basi militari straniere, vecchie e nuove. Persino in Argentina e in Cile, hanno timidamente cominciato a processare i criminali delle loro “stragi di Stato”. Il piccolo Ecuador ha dato l’avviso di sfratto all’unica base straniera trapiantata sul suo territorio.
Il Normale Paese Semplice ne autorizza di nuove, edificate dalla Coperativa Cementisti Muratori, perchè più della geopolitica e della sovranità, si impone la servitù volontaria che è una inclinazione spirituale.
Il partito dei Tagli e delle Tasse, è preda di un innovativo convergente estremismo, e presto sederanno sui banchi della stessa confraternita politica nel parlatorio di Strasburgo. E’ un contributo originale alla moderna sociologia della rappresentanza politica.
Il successo fondato sullo spaccio massivo della paura degli alieni, specialmente tra le fasce non protette della terza e quarta età, ha quagliato il supponente trionfalismo necrotico della mediocrità che si sente meritocrazia.
La tecnica orientale della “morte dai mille Tagli”, somma di molteplici tumefazioni, ferite, emoraggie interne e microfratture, lascia aperta una sola porta: combattere. Alla paura degli alieni, si deve opprre memoria e orgoglio, passione e amore.