[Letizia Muratori è una delle più importanti autrici italiane contemporanee. Ha pubblicato per Einaudi Stile Libero i romanzi Tu non c’entri e La vita in comune. Per Adelphi sta per uscire La casa madre, chiasmo tra due racconti lunghi su cui si ragionerà in Carmilla. La recensione di Muratori allo splendido “oggetto narrativo” di Giacopini è condotta utilizzando alcuni parametri del memorandum sul New Italian Epic, enunciati da WM1. gg]
Documentare vite alternative, fare storia alternativa.
Nel saggio New Italian Epic Wu Ming 1 segnala tre
esempi di mockbiopic, cioè biografie deviate e alternative rispetto ai fatti storici: Il signor figlio di Alessandro
Zaccuri, L’uomo che volle essere Perón di Giovanni
Maria Bellu [clicca per leggere la recensione di Giancarlo De Cataldo, N.d.R.] e Havana Glam di Wu Ming 5. Ovvero
Leopardi a Londra dopo il 1837, Perón sardo, e David
Bowie simpatizzante comunista.
Su necessità e importanza del lavoro di WM1 tornerò al
più presto e con l’attenzione che merita. Al momento
ne approfitto per ragionare su Re in fuga di
Vittorio Giacopini (Mondadori, € 17.50), libro che per certi versi rientra
nella categoria dei titoli appena citati. Si tratta
della vita di Bobby Fischer. Anche in questo caso
siamo in territorio mock.
Attenzione però, in scena
non c’è un Fischer “parallelo” che continua a giocare
via Internet. Ipotesi che per anni ha eccitato
scacchisti telematici e cultori della strategia
sovversiva del campione americano. Non c’è nemmeno un:
cosa sarebbe accaduto se Fischer avesse perso
contro Spassky? Il racconto di Giacopini prende
un’altra strada, non sceglie il “what if” potenziale,
segue la traccia dei documenti, mezzo secolo di
presunta storia vera.
Così, riposizionando in pagina
dettagli reali, Giacopini si inventa tutto, senza
inventare niente. Per tutto si intende l’invenzione di
un rigoroso spazio mentale, dove il Fischer
personaggio conta quanto ciò che lo circonda. Siamo in
uno spazio-scacchiera. E questo mockbiopic si
approssima con grande efficacia alla realizzazione
letteraria del desiderio impossibile del vero Fischer:
“voglio soltanto giocare a scacchi, non mi importa di
nient’altro”. Giacopini lo prende in parola.
Leggendo si delinea subito un preciso profilo tattico,
una specie di intermittenza o economia della presenza
del personaggio in scena. A volte Fischer è visto,
altre si racconta da sé, altre ancora è tutt’uno con
un luogo di cui magari avverte solo il clima. Spesso
si dà alla macchia e lascia spazio alle
interpretazioni, ma il vuoto resta e sentirlo è un
bene.
D’accordo, il “riappari, poi scompari” di Dylan è
citato spesso da Giacopini. C’è un esplicito tentativo
di collocare Fischer nella repubblica invisibile dei
ribelli che hanno spezzato il ritmo degli anni
Sessanta sottraendosi al flusso, nel momento giusto:
Mingus che lascia il jazz per dedicarsi alla
fotografia, Ornette Coleman blindato nel seminterrato
di Prince Street alla ricerca di nuovi suoni, lo
stesso Dylan recluso nella casa rosa. Ma
l’intermittenza di Fischer, asceta della rinuncia, è
molto più che un segno dei tempi in questo libro, è
qualcosa di fisico che si sente come fosse
l’incarnazione perfetta di un sospetto: stare al mondo
non è cosa che va data per scontata, soprattutto non è
naturale. Non tanto perché esiste la morte, piuttosto
perché esiste la vita. Re in fuga va letto alla luce
di questo paradosso.
Dichiarazioni, fisime, manie, genialità, vezzi e
cialtronerie del vero Fischer sono raccontate non
tanto con pudore, come si legge in bandella, forse non
sono nemmeno raccontate, ma direi registrate, messe a
disposizione del racconto. Scorrono stralci di vita
documentata e resuscitata attraverso l’esorcismo della
scrittura, scorrono proiettati su un fondale
d’invenzione della realtà. Contrappuntata da figure
memorabili: Regina, la madre braccata dalla Cia,
Spassky il perfetto doppio sovietico, i primi maestri,
la tana di Lincoln Place. Infine la rapida violenza di
certe partite. Un’opera di ampio respiro,
squisitamente mock perché la beffa rivelatoria riesce.
Un ottimo esempio di scherzo creativo intentato
dall’autore al suo personaggio, prima ancora che al
lettore: Vuoi soltanto giocare a scacchi? Eccoti
pezzi di vita. Ci sei anche tu in mezzo. Avanti:
gioca.
Altrettanto mock è il destino di Re in fuga in
libreria. Alla Feltrinelli è inutile andarlo a cercare
dove dovrebbe stare, tra le uscite di narrativa,
poiché svetta sugli scaffali della sezione Tempo
libero, accanto a un manuale di bridge, prossimo ai
segreti utili a realizzare banchetti veloci e cene
fredde. Non so se lo abbia fatto ma, mock a parte,
Giacopini ha tutto il diritto di incazzarsi per
questo, ci mancherebbe altro.
AGGIORNAMENTO 08/07/2008:
“Due chiacchiere con Giacopini”, dal blog Lipperatura