di Valerio Evangelisti (da Robot n. 53)
Volendo farmi del male, e riscattare con il mio sacrificio i peccati dell’umanità, ho deciso di vedere, dopo quella gran boiata de I fantastici 4, anche I fantastici 4 e Silver Surfer. Be’, devo dire che le mie intenzioni masochiste e salvifiche sono in parte andate deluse. Il secondo film è molto meglio del precedente. Più autoironico, più brioso e di una spettacolarità che, a tratti, impressiona davvero. Anche i caratteri sono meglio definiti. L’uomo che si allunga, quello di pietra, quello che brucia, la donna invisibile interagiscono brillantemente e si scambiano battute ben congegnate. E poi c’è il tristissimo Silver Surfer che — va ammesso — ha una sua solennità.
Ciò significa che il film esce dal novero delle boiate? Non esageriamo. C’è della spazzatura che si lascia guardare volentieri. Quella di Napoli, per esempio, a me piace. Sembra piena di cose interessanti, tutte da scoprire. Ecco cos’è I fantastici 4 e Silver Surfer. Spazzatura da esplorare, che non annoia. E da esplorare soprattutto per risolvere un mistero che sto per descrivere.
Tutto il film è intrecciato di storie d’amore. Prima però di indagarle, è bene riassumere la trama. Questo Silver Surfer è un soggetto che schizza fuori, su una tavola da surf, da un pianeta che sta esplodendo, e vola diritto verso la terra. E’ al servizio di un misterioso padrone, un agglomerato di materiali infuocati, rocciosi. terrosi e, si direbbe, persino catarrosi compressi in una palla enorme. L’aspetto è più o meno quello di un asteroide, ma il bolo deve avere una storia più complessa perché, sebbene non parli, è noto nell’universo col nome di Galactus. Dunque, da qualche parte ha forse una mamma e un papà.
Il perfido Galactus distrugge pianeti per divorare le energie degli abitanti, e Silver Surfer è il servitore che fa per lui. Infatti, giunto sulla terra, il surfista volante congela tutto quello che può, dalle piramidi al Tamigi, e scava grandi buchi un po’ qui e un po’ là. Conta, in questo modo, di fare a pezzi il nostro mondo.
Non aveva però fatto i conti con i Fantastici 4. Costoro, se nel primo film dichiaravano a ogni piè sospinto di volere l’anonimato, adesso campano della loro popolarità. Vendono gadget, accettano sponsorizzazioni. L’imminente matrimonio tra la donna invisibile e l’uomo che si allunga è l’evento dell’anno. Collegato a questo è il maggiore momento di suspense di tutto il film: quando Jessica Alba, in un sapiente crescendo di eventi casuali, scopre il futuro marito in una discoteca, impegnato in una festa di addio al celibato. La scena occupa una decina di minuti della pellicola, per fortuna alternati a quadretti in cui si vede Silver Surfer congelare in giro.
Proprio il surfista rovina le nozze della coppia, innevando e scassando tutto ciò che può. Per fortuna, i Fantastici 4 e l’esercito riescono a staccarlo dalla tavola su cui volteggia e a ridurlo all’impotenza, grazie a un’invenzione dell’uomo elastico. Costui infatti, come gli scienziati di certi romanzetti di fantascienza degli anni ’20 e ’30 (di Vargo Statten, Murray Leinster, ecc.), fa quattro o cinque invenzioni al giorno, una sola quando è costipato. Per tutto il film non fa che inventare congegni che servono alle necessità del momento. Naturalmente si tratta di ordigni semplici, tipo un’automobile volante capace di scindersi in due auto indipendenti, volanti anche loro a velocità supersoniche.
Ma la scoperta decisiva, che determinerà l’esito della vicenda, è “l’impulso di tachioni”, e il marchingegno atto a generarlo. Udita per caso la parola “impulso”, subito l’uomo elastico ha una folgorazione e concepisce l’applicazione del concetto ai tachioni. D’altra parte, è capitato più volte anche a me di pensare “qui ci vorrebbe un impulso di tachioni”. Immagino che prima o poi succeda un po’ a tutti.
Ma restiamo a Silver Surfer. Catturato, l’esercito americano lo sottopone a tortura “umanitaria” (e qui va lodata l’intenzione critica degli sceneggiatori). Jessica Alba si impietosisce e lo salva. Così veniamo a conoscere la triste storia del surfista, che distrugge mondi per amore. In realtà lui e buono, ma Galactus tiene in ostaggio la sua donna, e così lo costringe a operare il male. Jessica somiglia a colei che ama.
Con la trama mi fermo qua, per non rovinare al lettore ulteriori, molteplici sorprese (c’è anche un altro infido nemico). Tratto invece del mistero che è un po’ la chiave di tutto il film. Silver Surfer è completamente nudo. Mentre lo torturano, lo possiamo contemplare agevolmente tra le gambe. Non c’è nulla. Non c’è il pisello. Escluso che sia un angelo, è come Big Jim: tanto muscoloso in alto quanto asessuato in basso. Che la sua donna si sia consegnata a Galactus volontariamente?
Sembra un tema secondario, e invece è il filo conduttore sotterraneo di tutta la pellicola. All’inizio vediamo l’uomo di pietra amoreggiare con una ragazza nera bellissima. Non crediate che costei sia cieca. Sono abbastanza frequenti i casi di donne che si innamorano di un grosso sasso (la moglie di Clemente Mastella, per esempio, quella di Giuliano Ferrara, ecc.).
Fatto sta che l’uomo di fuoco — discotecaro dalle labbra curiosamente rosse, come se si truccasse — all’inizio del film chiede ironicamente all’uomo di pietra come lui e la sua bella consumeranno. La risposta del macigno al quesito che tutti ci poniamo è un bofonchio rabbioso. D’altra parte, si è già visto come l’uomo di fuoco si incendi spesso, da capo a piedi (e dunque anche “lì”), nei momenti più imprevisti. Forse è per questo che cambia amanti con tanta frequenza. Non sta tanto meglio dell’uomo di pietra, in ultima analisi.
Chi invece sembra passarsela bene è la donna invisibile, dato che l’uomo elastico può allungare ogni parte di sé quanto vuole. Certo che a volte si allunga troppo, contro la sua volontà. Neanche la condizione di Jessica è in fondo troppo felice. Prima o poi si troverà sventrata, ma per il momento se la gode. E’ comprensibile, comunque, il suo feeling con Silver Surfer, che problemi del genere non ne pone affatto. Del resto la donna del surfista, che è sicuramente Barbie, difficilmente si dimostrerà gelosa.
La valutazione finale sul film è legata a una favola famosa: “L’uccello di fuoco” (quella del balletto di Stravinskij). Meglio guardarsi dagli uccelli di fuoco che, nella celebre storia, si tramutano in uccelli di pietra. Peggio ancora se si tratta di due uccelli distinti, uno di fuoco e l’altro di pietra.
Accettabili, in via transitoria, gli uccelli elastici. Passabili in senso platonico Silver Surfer e Galactus, se si è in preda a un “impulso di tachioni”.
Da cui si perviene all’espressione che circola fra gli scienziati, valida per l’intera pellicola: “che due tachioni”.