di Alessandra Daniele
Il presidente Raff era certo che la scoperta d’una rete di wormhole che pareva collegare tutta la galassia sarebbe stata rivoluzionaria. Per questo era deciso a mantenerla segreta.
L’anomalia spazio-temporale incontrata dalla sonda Gloryfinder a metà strada fra Marte e la terra s’era rivelata una sorta di condotto subspaziale collegato a molti altri, capaci di mettere in contatto istantaneo alcuni tra più lontani angoli del cosmo. Agli occhi di Hilaryus Raff, presidente ereditario degli Stati Uniti d’Occidente, si spalancava una nuova era di possibili conquiste che non intendeva certo spartire.
Appena entrato nella sala operativa sotterranea, notò passare sul megaschermo centrale un rapido mix delle immagini riprese dalle sonde spedite in esplorazione. Visioni confuse ma suggestive, che Hilaryus trovò colme d’una loro fosca bellezza.
– Sono molto scure, i toni dominanti sono seppia e ruggine… professor Grogan, si riesce ugualmente a decifrare quei simboli? — Chiese indicando un angolo del megaschermo. Grogan annuì soddisfatto.
– Sì, e grazie al mio programma di decodifica presto saremo in grado di metterli nella giusta sequenza e tradurli — Mostrò al presidente una serie di immagini ingrandite sullo schermo del suo laptop — Le sonde ne hanno trovato una serie su ogni pianeta che hanno ripreso sbucando dai vari wormhole connessi al nostro.
– Stupendo! — Commentò Raff — Questa rete di condotti subspaziali è di certo opera d’una grande civiltà galattica del passato… un Impero Stellare, e noi stiamo per raccoglierne l’eredità — disse, pensando “da un Impero all’altro”.
Grogan e gli altri lo fissavano, pallidi.
– Allora? — Sbottò Raff — Vi siete precipitati a svegliarmi nel cuore della notte per comunicarmi i risultati della traduzione, che cazzo aspettate a farlo?
Grogan deglutì, e si fece avanti col suo fido portatile.
– Ecco, signor presidente, come può vedere in questa sequenza, i vari simboli formano una sorta di fraseggio algoritmico spiraliforme…
– Venga al dunque, cosa ci dicono della rete subspaziale che abbiamo scoperto?
– Che è una rete… fognaria.
– Cosa?
– La civiltà galattica che l’ha costruita la usava per scaricare le scorie su pianeti lontani dal centro dell’impero. I rilevamenti compiuti sui vari corpi celesti raggiunti dalle sonde lo confermano: sono tutti immense discariche di liquami e rifiuti.
Il presidente crollò a sedere sulla poltrona preferita di sua nonna.
– Ma perché lo facevano? – Obbiettò avvilito — Perché non scaricare la spazzatura nel vuoto interstellare?
– Perché ci vivevano — rispose Grogan — La loro forma di vita cresceva e prosperava nello spazio esterno, quindi era logico per loro considerare invece i pianeti come… pattumiere gravitazionali dove scaraventare le scorie, che venivano appunto lì trattenute dalla forza centripeta.
– Ed è questa dunque la loro eredità imperiale?
– Beh, in fondo qualcosa del genere è già successo, abbiamo ereditato le fognature dall’Impero Romano.
Raff sradicò un bracciolo della poltrona della nonna, e lo tirò su Grogan, che si riparò col portatile.
– Signor presidente, aspetti, non è tutto! Pare che la civiltà artefice dei condotti non sia del tutto estinta, e occasionalmente li adoperi ancora.
– Anche questo l’avete dedotto dai simboli?
– No, abbiamo intercettato e tradotto un loro messaggio.
– E cosa diceva?
Un bizzarro frastuono cominciò a scuotere la Casa Bianca. Sembrava provenire dal cielo.
Grogan deglutì ancora.
– Parlava della terra – Alzò la voce cercando di superare il rumore crescente — La definiva “Scarico inutilizzato nel quale si sono sviluppati parassiti nocivi” e concludeva con l’ordine di… “Spurgare, e riutilizzare”.
Il frastuono fece esplodere i vetri. Poi cominciò la pioggia acida.