di Alessandra Daniele
Mino aspettava tranquillo di passare il controllo bagagli. “Ho fatto bene a scegliere di tornare in aereo – pensava – Questa sera alle otto sarò a casa”.
L’agente finì di ispezionare la valigetta col detector. Poi l’aprì, ci rovistò dentro, e ne estrasse un paio di occhiali.
– E questi? — Chiese torvo. Mino s’affrettò a scusarsi.
– Li ho scordati lì… mi dispiace, la fretta – disse con aria mortificata.
– Sa che portare qualsiasi oggetto di vetro in aereo è reato, vero?
– Sì certo, da quando è stato scoperto quel progetto di dirottamento che prevedeva l’uso di cocci come arma da taglio.
L’agente buttò gli occhiali in un piccolo tritarifiuti e li distrusse. Mino farfugliò qualcosa con aria avvilita, l’agente lo zittì perentorio.
– Bisogna distruggere qualsiasi oggetto sospetto. È per la vostra stessa sicurezza. Metta le mani dietro la schiena.
Mino trasalì.
– Ma le ho spiegato che è stata solo una dimenticanza!
– Gli occhiali non c’entrano — rispose l’agente con una smorfia di fastidio — È la procedura standard per tutti i passeggeri — afferrò i polsi di Mino, e lo ammanettò.
– Lo è da quando è stato scoperto quel progetto di dirottamento nel quale i terroristi meditavano di aggredire l’equipaggio a pugni e calci — aggiunse, e gli chiuse due strette cavigliere incatenate ai piedi.
Mino restò a bocca aperta.
Subito l’agente gliela tappò con la palla di plastica d’una mordacchia agganciata dietro la nuca.
– Procedura standard per tutti i passeggeri — ripeté — da quando sono stati scoperti quegli aspiranti terroristi che si addestravano a emettere acuti in grado di spaccare i finestrini, provocando una decompressione esplosiva.
Mino si sentì soffocare. Si guardò attorno e vide una fila di passeggeri che si lasciavano ammanettare docilmente, mentre i pochi recalcitranti venivano trascinati via in malo modo.
Poi non vide più niente. L’agente gli calò il cappuccio sulla testa.
– Procedura standard — disse ancora una volta — non possiamo permettere che un passeggero veda l’interno dell’aereo. Potrebbe essere un terrorista che compie un sopralluogo per progettare futuri attentati — Incatenò Mino alla fila — È per la vostra stessa sicurezza.
Avanzando alla cieca guidato da spinte e strattoni Mino si ritrovò sull’aereo. Pigiato fra gli altri sopportò il decollo in piedi, e capì che in quell’assurda posizione gli sarebbe toccato fare tutto il viaggio.
“Ma appena arrivo…” pensò con un misto di rabbia e umiliazione.
– Attenzione! Il detector dell’aereo ha riscontrato una presenza sospetta a bordo! — Annunciò una voce computerizzata. — Per motivi di sicurezza questo volo sarà cancellato.
“Volo cancellato?! Ma siamo già partiti!…” pensò Mino
Poi capì.
“Questa sera alle otto non sarò a casa”.
DIO È AMORE
– Santità, sono a tiro! — Annunciò l’artigliere francescano.
– Fuoco! — Ordinò il pontefice. La sua voce raschiante proveniva dal sintetizzatore vocale collegato alla vasca biotech di liquido verdastro nella quale galleggiava il suo cervello.
– Colpiti! — Esultò il cardinal vicario, indicando lo schermo.
Gli spinotti piantati nel cervello papale trasmisero anche al sommo pontefice l’immagine satellitare del campo di battaglia in fiamme. Da più di un secolo ormai Papa Pietro II non era che un encefalo senza corpo.
Appena eletto, aveva scelto quel nome per sfidare le profezie apocalittiche, e riportato sul piano militare la millenaria guerra della Chiesa Cattolica contro il relativismo.
Colpito da fuoco amico durante la tentata Reconquista della Spagna era bruciato vivo, ma l’espianto d’emergenza aveva salvato il suo cervello, che continuava così dalla vasca biotech a guidare il suo esercito di pochi devoti, e molti mercenari.
Da allora era ritenuto un esempio dai suoi seguaci anche per come sopportava il male fisico, benché di fisico gli fosse rimasto ben poco.
– Rispondono al fuoco? — Ringhiò il cardinal vicario — Come osano?
Dopo secoli di furibonde battaglie non riusciva ancora ad accettarlo. Continuava a considerarlo un inconcepibile sacrilegio.
I colpi d’artiglieria pesante piovvero sul gigantesco mezzo corazzato sul quale si trovavano, il Pontifex, ma s’infransero contro le paratie di polititanio rossastro.
– Dio è con noi — gracchiò il sintetizzatore papale.
– Santità, i proiettili che ci hanno sparato contro sembravano contenere una sorta di gas.
Dal sintetizzatore provenne un bizzarro scroscio, la simulazione elettrica d’una risata.
– Cosa speravano di ottenere? I filtri del Pontifex sono in grado di proteggerci da qualsiasi infiltrazione. Attivi la sonda, preleviamo un campione giusto per curiosità.
Il cardinal vicario annuì con un ghigno. La voce meccanica di Pietro II ordinò:
– Via al bombardamento!
Attraverso gli spinotti l’ordine arrivò direttamente anche al computer della centrale operativa vaticana. Dalla pista di piazza San Pietro uno stormo di gigantesche blatte transgeniche si alzò in volo con un assordante crepitio. Gli insetti modificati geneticamente e controllati attraverso nanochip impiantati nel cervello erano la principale risorsa dell’armata pontificia. In particolare gli scarafaggi, fra gli esseri più resistenti della terra. Capaci di sopravvivere senza cibo per più di un mese, e immuni alle radiazioni.
Non bisognava costruirli né acquistarli, bastava allevarli, e si riproducevano di continuo.
Inoltre, secondo una caratteristica tipica di tutti gli insetti, ogni blatta gigante poteva portare un carico pari a molte volte il suo peso.
Quindi sganciare molte più bombe di qualsiasi aereo.
Lo sciame puntò diritto sul campo di battaglia.
– Arrivano! — Comunicò il francescano. Le blatte s’addensarono in una nuvola rossastra che oscurava il sole. Poi cominciarono a volteggiare in tondo, come disorientate.
– Che succede?
– Non so Santità, dai loro tracciati neurali che sto ricevendo sembrano in preda a un fortissimo impulso istintivo capace di contrastare la programmazione imposta dai nostri nanochip – notò perplesso il gesuita alla console.
– Santità — lo interruppe trafelato il francescano – ho i dati dell’analisi del gas col quale ci hanno ricoperto. Feromoni — deglutì — è un concentrato sintetico di feromoni di scarafaggio…
Le blatte gigantesche ruppero definitivamente il condizionamento elettronico, e si precipitarono di colpo sul Pontifex con tutto il loro carico esplosivo.
L’ultimo stridio meccanico dell’ultimo pontefice si perse nel frastuono di migliaia di gusci d’insetto.