di Gaspare De Caro e Roberto De Caro
4. Pene d’amor perdute
La Polizia avvertì troppo tardi l’inconfondibile fetore del tradimento, ma non si arrese senza combattere. Il 12 gennaio 2000, a Roma, nella Sala del Refettorio di Palazzo San Macuto, uno dei locali che dipendono dalla Camera dei Deputati, i comunisti italiani ospitarono un Convegno dell’Associazione Nazionale Funzionari di Polizia (ANFP) su “Democrazia, equilibri istituzionali e cultura della sicurezza civile. Commento all’Atto Camera n. 6249 (Riforma Forze di Polizia e coordinamento)”. Gli atti del Convegno costituiscono una testimonianza fondamentale per la comprensione della genesi e della natura della riforma che in materia di ordine pubblico i governi di centrosinistra hanno regalato agli italiani.
Al convegno[25] parteciparono ed intervennero, oltre a Giovanni Aliquò e Carlo Morselli, rispettivamente segretario e presidente dell’ANFP, i deputati Paolo Palma (PPI) e Elvio Ruffino (DS), relatori del disegno di legge, Tullio Grimaldi e Giovanni Meloni (PDCI), Mario Tassone (misto-CDU), Tiziana Parenti (misto-SDI), Paolo Cento (Verdi), il senatore Alberto Maritati, sottosegretario al ministero dell’Interno, il prefetto Vincenzo Grimaldi, vice capo della Polizia, il questore di Bologna Domenico Bagnato, già presidente dell’ANFP, Ennio De Francesco, dirigente dell’Unità nazionale Europol e, così lo presenta Aliquò, uno dei «protagonisti della riforma della Polizia di Stato e tra i precursori dei valori della Legge 121/81». Una partecipazione quindi molto qualificata e direttamente interessata anche sul piano strettamente procedurale.
I temi centrali della discussione vengono immediatamente elencati da Morselli:
Che cosa ci preoccupa maggiormente in questo Atto Camera 6249? In primo luogo che sono sensibilmente snaturati i valori della legge 121 dell’81; che si pongono i presupposti per una futura dequalificazione dei quadri direttivi della Polizia di Stato, che le norme presentano palesi profili di incostituzionalità e, soprattutto, non si rinviene alcun positivo contributo a quella richiesta di sicurezza che viene da più parti.
L’Atto Camera 6249, inoltre, rafforza ulteriormente le competenze delle Forze di polizia a ordinamento militare, orientandole verso compiti estranei e parcellizzandone le dipendenze, secondo un modello che non trova riscontro in altri paesi industrializzati e di consolidata democrazia.
Poi Aliquò, in un discorso importante sotto molti aspetti, evidentemente maturato in anni di riflessione e di battaglie sindacali, ma anche politiche e istituzionali, contro la deriva autoritaria prossima ventura, riprende ed amplia tutti i motivi di critica al disegno di legge. L’intervento del segretario dell’ANFP riportato nell’Allegato A sarà il punto di partenza per lo sviluppo del dibattito e gli altri relatori vi faranno costante riferimento.
Un’analisi dettagliata degli Atti del Convegno, proprio per la sua ricchezza di contenuti e la sensazione di essere di fronte alla testimonianza di una svolta storica nella configurazione dello Stato italiano, richiederebbe almeno un intero libro. In questa sede è però possibile e utile concentrarsi sulla questione centrale dibattuta, che è né più né meno quella della consegna, tramite la legge sul riordino delle forze di polizia, di un potere incontrollato e incontrollabile nelle mani dell’Arma dei Carabinieri, che potrebbero quindi decidere a loro discrezione il grado di fedeltà alle istituzioni e l’effettivo tasso di democrazia da concedere di volta in volta al Paese. E anche se ciò non si ponesse subito in essere, la minaccia incomberà per sempre, poiché, come rileva l’onorevole Parenti,
quando noi creiamo le regole, non le creiamo per oggi e non le dobbiamo creare fidandoci delle persone. Perché oggi diventa presto domani e le persone, quando hanno acquisito un potere autoreferenziale, come in questo caso, diventano diverse da quelle di oggi. E i poteri autoreferenziali sono sempre stati una minaccia per la democrazia, sono sempre stati una minaccia per la stabilità dello Stato. Ancor più, a un «esercito» dotato organicamente, strutturalmente di forze così rilevanti, si dice che è un obiettivo militare la difesa delle istituzioni, come se le istituzioni fossero un obiettivo militare.
Perché così è scritto: è un obiettivo militare difendere le istituzioni, è un obiettivo militare difendere i cittadini in caso di calamità. Io credo obiettivamente che una ventina di anni fa qualcuno ci avrebbe pensato di più prima di scrivere queste cose.
Poi seguono tutti i compiti: militari, militari, militari. Quindi noi abbiamo creato un quarto «esercito», autonomo e autoreferenziale. Poi, naturalmente, dopodomani il Comandante sarà dei Carabinieri; sarebbe singolare che fosse degli Alpini. Con un «esercito» così strutturato e così connotato, non vi sarebbe più alcuna valida ragione per mantenere estraneo il Comandante generale.
[…] si è creato questo quarto esercito autoreferenziale che ha non solo tutti i dettagliatissimi compiti militari, ma viene impiegato anche in ordine pubblico ed effettua le indagini giudiziarie.
Io credo che non esista alcun Paese in queste condizioni, se non quelli di qualche regime trucido, alla cilena di una volta. Perché in nessun Paese un «esercito» può fare le indagini e occuparsi dell’ordine pubblico. Questo è davvero un problema tanto per la sicurezza dello Stato che per la libertà dei cittadini. Questo è quello che prevede questa legge.
[…] Ma c’è ancora qualche cosa di più. Noi conosciamo l’Arma dei Carabinieri nella sua attuale strutturazione, ma, grazie all’Atto Camera 6249, i regolamenti interni dell’Arma dei Carabinieri quarto «esercito» autonomo e quindi forza autoreferenziale avranno forza fonte di legge primaria così l’Arma potrà autonomamente ristrutturarsi sul territorio. Obiettivamente sono sconcertata, anche da un punto di vista della legittimità costituzionale e della correttezza: nella scelta delle fonti del diritto. Mi chiedo se sia ammissibile che un corpo militare possa ristrutturarsi autonomamente e anche completamente attraverso un semplice regolamento, piuttosto che non con una legge dello Stato.
[…] Leggevo oggi sul Corriere della Sera la grande lamentela: non ci sono più i corpi speciali, che hanno una competenza nazionale. Ecco, perché sono stati eliminati i corpi speciali aventi una competenza nazionale? Perché davano luogo a forti deviazioni in quanto rispondevano solo a se stessi. Figuriamoci cosa succederà con un intero «esercito» che risponde solamente a se stesso.
Tutti gli organi autoreferenziali sono organi particolarmente a rischio. Nella Costituente di 50 anni fa fu affrontato comunemente questo problema della pericolosità di tutto ciò che si forma autonomo e quindi irresponsabile, rispetto all’ordinamento dello Stato, allorquando si parlava della magistratura e del pubblico ministero. Figuriamoci in questo caso.
[…] A un certo punto ci si chiede a che cosa serve una riforma dello Stato, perché questa è una riforma dello Stato, le Forze di polizia sono una parte importante dello Stato.
L’intervento di Parenti che insieme a Tassone aveva già espresso sia alle Commissioni sia in assemblea alla Camera (ma a suo dire e come effettivamente sarà, «assolutamente in modo inutile») i propri dubbi in merito all’art. 1 della legge scuote il governativo Cento almeno quanto scuote noi, ma forse, per ragioni più che comprensibili, anche un po’ di più. Il deputato sembra rendersi conto dell’orrendo Golem che la Sinistra sta creando a tambur battente. Sembra sinceramente sorpreso e spaventato dalla sbrigativa superficialità con la quale sono state liquidate da mesi tutte le critiche, in special modo degradando a mere rivendicazioni sindacali e di corpo le obiezioni sollevate dai funzionari di polizia:
Credo che questo convegno, se può produrre un effetto politico, al di là delle analisi e delle discussioni, è quello di creare una pausa di riflessione e un ulteriore elemento di discussione nella maggioranza per poi individuare la strada da percorrere in ambito parlamentare, con lo stralcio di alcuni articoli, come veniva accennato anche prima.
Riprendere il testo, fermandolo, aspettando che la riflessione produca risultati migliori. Ho visto una proposta di legge specifica dell’on.le Carotti che entra nel merito e affronta alcune particolarità. Vi sono alcuni emendamenti condivisi, credo anche dal relatore, relativi a ciò che riguarda aspetti specifici della carriera, dell’accesso alla carriera, delle riserve di quota nei concorsi. Quelli sono aspetti importanti, ma marginali rispetto alla sostanza del problema politico che il convegno di oggi pone, alla sostanza dell’equilibrio dei rapporti tra le diverse forze e istituzioni in campo.
Lo stupore dell’onorevole Cento per ciò che si sta compiendo è tanto maggiore quanto più si prende coscienza che tutto ciò è promosso e sta passando in Parlamento non con un governo di Destra con a capo Licio Gelli, come sarebbe logico pensare, ma con un governo amico, di centrosinistra, che si conosce pieno di tormenti progressisti, di sincere afflizioni democratiche, di non comune senso dello Stato. E inoltre, checché Cento ne dica, se qualche residua obiezione viene ancora tenacemente e coraggiosamente avanzata, è soprattutto grazie ad alcuni deputati dell’opposizione, i quali a volte, come nel caso di Tiziana Parenti, sono addirittura bollati dalla vulgata del Transatlantico e dalla propaganda di Sinistra come reazionari venduti al «mafioso di Arcore». L’onorevole Cento si esibisce quindi in un patetico e confuso esercizio apotropaico, che come sappiamo non sortirà alcuna ribellione tra le compatte file dei silenziosi e ubbidienti sherpa democratici. È un reiterato e crescente epicedio che merita riportare, a riprova che in questa storia non ci sono innocenti e chi voleva sapere, sapeva:[26]
È stata messa faticosamente, ma credo in maniera meritoria, al centro dell’attenzione nel dibattito politico-parlamentare una proposta di legge che, bisogna ammetterlo, è stata sottovalutata nel confronto tra le forze politiche e che non ha avuto nella fase precedente sufficiente approfondimento. L’iter, purtroppo, è molto avanzato. Il testo è stato approvato in Senato ed è arrivato a buon punto anche alla Camera. Molti emendamenti che potevano in qualche modo cambiare il corso di questa proposta sono già stati respinti nel corso del dibattito a Montecitorio. È evidente che grazie alla mobilitazione, all’iniziativa dell’Associazione Nazionale Funzionari di Polizia e anche a questo dibattito, io credo che all’interno delle forze politiche, specie quelle di maggioranza e di questo penso che il Relatore dovrà tenerne conto che hanno espresso qui un’opinione documentata e di merito sia emersa con forza la necessità che prima di ritornare in aula a Montecitorio per il prosieguo dell’iter parlamentare, su questa proposta vi sia una pausa di riflessione e anche una riunione all’interno delle forze politiche di maggioranza di centro-sinistra.
[…] Non è pensabile che un provvedimento su cui si sono registrati interventi di dissenso così autorevoli all’interno della maggioranza che sostiene il Governo, possano essere ignorati in relazione alle conseguenze che un errore di valutazione politica rispetto agli effetti che questo provvedimento, se approvato, potrebbe determinare anche negli equilibri delle diverse forze militari e di polizia in campo.
[…] Certamente il Governo, nel momento in cui presenta questa proposta, è spinto dalle migliori intenzioni, ma probabilmente non ha tenuto conto dei possibili effetti nella gestione quotidiana dell’ordine pubblico, del turbamento dell’equilibrio tra le diverse forze che se ne occupano nel nostro Paese.
Non parliamo, poi, del rapporto con quelli che sono i vertici della struttura militare e dell’apparato propriamente militare del nostro Stato, anch’esso oggetto di una profonda riforma che a me fa residuare qualche preoccupazione […]. Credo, perciò, che si renda necessario (e come Verdi lo proporrò anche a chi materialmente per il mio gruppo parlamentare ha seguito il testo in Commissione Affari Costituzionali) porre il problema di una verifica politica all’interno della maggioranza.
Questa nostra preoccupazione, ci siamo accorti oggi, non è solitaria, non proviene solo da chi è portato a guardare alla realtà da una particolare ottica ma è forte e condivisa anche da rappresentanti di altre forze politiche presenti in Parlamento e che compongono la maggioranza.
[…] Se fino alla discussione fatta alla Camera a dicembre si poteva dire da parte di chi non conosceva nello specifico gli effetti dei singoli articoli, che era un problema della Commissione di merito e che non si conoscevano o comunque non si erano valutati a pieno gli effetti e le conseguenze che questa proposta sta determinando, oggi questo non è più possibile dirlo.
[…] come si può mandare avanti una proposta di riforma che ha questi effetti e crea questo contrasto in uno dei settori fondamentali per il funzionamento delle Forze di polizia, quello civile, e suscita perplessità anche, come giustamente ricordava il dott. Aliquò, all’interno della stessa Arma dei Carabinieri? […] Come si può pensare che una riforma di questa portata, che produce queste conseguenze, che trova perplessità se non avversità da parte di chi poi, materialmente, dovrà dirigere la nuova fase prevista dalla legge quando sarà approvata, come si può pensare di farlo senza tener conto di osservazioni, proposte e controproposte che vengono fatte?
[…] si faccia una pausa di riflessione; non si può continuare nell’iter parlamentare in aula, come se niente fosse accaduto e come se questo dibattito e tutti gli scambi di opinioni che lo hanno preceduto non si fossero mai verificati. Non possiamo superare o pensare di risolvere i nostri dubbi con un semplice richiamo alla disciplina di maggioranza. Su queste questioni credo che l’approfondimento sia necessario e anche modifiche sostanziali, se non addirittura stralci rispetto a ciò che ci viene proposto e c’è stato demandato dal testo del Senato.
«Le migliori intenzioni» della maggioranza rimasero le migliori. La Destra dal canto suo, incassata la bella figura istituzionale di alcuni dei suoi membri, si guarderà bene dall’approfondire l’argomento e, come per i bombardamenti in Serbia, contribuirà in Parlamento a stendere il tappeto rosso preparato dalla Sinistra per i benemeriti generali dell’Arma. [2. continua. Le altre puntate qui]
[25] La trascrizione degli interventi registrati (non revisionata dagli intervenuti) si può leggere su Internet all’indirizzo www.uni.net/anfp/conv1212000.htm.
[26] Tiziana Parenti prende consapevolmente e definitivamente le distanze dalle conseguenze future dell’applicazione della legge, rifiutando qualsiasi responsabilità, anche velata, di complicità con il Governo: «Qualcuno ha detto che il Paese non è ancora preparato a questo ulteriore passo. Il Paese, in realtà, non se ne accorgerebbe neppure. Diciamo la verità. Non si è accorto di una Legge così importante perché nessuno ha portato alla ribalta il problema. […] Vi ringrazio di questo convegno, sicuramente interessante. Ho qui espresso, con molta sincerità, le mie preoccupazioni che avevo esplicitato anche in aula, assolutamente in modo inutile, ma ciò non toglie che è necessario che ciascuno faccia la sua parte e che poi ciascuno si assuma la sua responsabilità, ammesso che ci si ricordi, perché in questo Paese poi succede che nessuno c’era mai e che nessuno si ricorda mai di niente».