di Diego Albano
DUBLINO – Dublin Writers Festival – In Italia uscirà soltanto in autunno, per la casa editrice Guanda. Ma in Irlanda Redemption falls è già in testa alle classifiche dei libri più venduti da settimane. L’ultima fatica di Joseph O’ Connor sembra destinata a bissare il successo di Stella del mare, il primo e fortunato romanzo storico di un autore ricordato per titoli come Cowboys and indians e I veri credenti.
Redemption falls prende il via là dove la narrazione di Stella del mare si era interrotto, alle origini di un’America nel pieno della guerra civile. E prosegue in un intreccio di documenti, lettere e punti di vista per raccontare un passato dal carattere epico, a partire dal viaggio di una donna da un capo all’altro degli Stati Uniti.
“Iniziai a scrivere un romanzo moderno — racconta O’Connor – e mentre prendevo una pausa a tarda notte questa donna, che poi si rivelò essere Eliza Mooney, mi si presentò in mente, in cammino. Presi a girarci attorno, per vedere se riuscivo ad averne un immagine più chiara. Così, questo romanzo è cominciato da un personaggio”.
Anche questo libro, proprio come Stella del mare, è un romanzo storico. Cosa ti ha fatto allontanare dal descrivere il contemporaneo?
Se prendi un libro come Stella del mare, e lo riduci ai suoi elementi di base, è un romanzo che riguarda immigrati, rifugiati, la grande carestia, il terrorismo. In qualche modo ho pensato fosse un modo per scrivere qualcosa riguardo l’oggi, ma con una certa distanza. Credo inoltre che derivi dal fatto di essere tornato in Irlanda dopo aver vissuto a Londra per nove anni, trovandomi in un paese meta di emigranti. E ho pensato che questo avesse qualcosa a che fare con il nostro passato. Uno dei modi nei quali possiamo capire cosa sta accadendo oggi deve avere qualcosa a che fare con la storia di cui abbiamo cantato, parlato e per la quale abbiamo costruito statue.
Pensi che l’Irlanda stia cambiando solo in superficie o c’è qualcosa di più profondo?
Penso stia cambiando in modo fondamentale, e molto velocemente. Quando ho smesso di studiare, nell’86, qui non si vedeva una persona di colore o un asiatico per le strade. Ma la chiesa cattolica ha ancora molto potere, il partito conservatore (Fianna Fail, n.d.a.) è appena stato rieletto, assieme ai Verdi che, sai, neanche esistevano anni fa. L’Irlanda sta diventando un paese multiculturale, che ci piaccia o no. E penso ci sia l’opportunità, per un paese all’inizio di questo processo, di non ripetere gli stessi errori che hanno fatto altri paesi europei, dove gli immigrati sono stati confinati nelle zone povere delle città, creando quindi una percezione negativa. Penso che qui ci siano alcune politiche intelligenti, qualsiasi piccolo paese di campagna ha persone che vengono dalla Cina, dall’Estonia o Polonia. E credo sia il modo giusto di affrontare la questione.
Hai intenzione di scrivere un libro ambientato nell’ Irlanda contemporanea?
Sì, e non vedo l’ora di farlo. E’ un posto di cui vale la pena scrivere.
Hai già un’idea?
No, non ancora, perché scriverò ancora un romanzo storico, Ma poi sì, spero di iniziare a scrivere qualcosa che riguardi l’Irlanda di oggi.
Puoi darci un’anticipazione del tuo prossimo romanzo storico?
Ho cominciato a scrivere un libro che riguarda una persona realmente vissuta, un drammaturgo che morì agli inizi del ventesimo secolo. E nell’ultimo anno della sua vita ebbe una tempestosa relazione segreta con una donna più giovane, un’attrice dell’Abbey Theatre. Lei cattolica, lui protestante e appartenente alla classe dei proprietari terrieri. Sto pensando di scrivere un romanzo sulla loro relazione.
Dunque sarà la terza parte della trilogia iniziata con Stella del mare.
Sì, sarà la terza parte.
In romanzi come Fine della strada, Stella del mare o lo stesso Redemption falls le coincidenze sembrano giocare un ruolo importante. E’ solo un trucco letterario o c’è qualcosa di più?
Penso derivi dal fatto di essere cresciuto in una città piccola. Lo scopri andando in giro per Dublino per qualche giorno. È colpa della geografia di Dublino… le coincidenze accadono in continuazione. Quindi penso sia probabilmente dovuto dalla mia cultura.
Nei tuoi ultimi lavori si scorge il tentativo di abbracciare la realtà completamente, per quanto sia possibile. Pensi sia un elemento fondamentale nella stesura di un romanzo?
E’ fondamentale per me. Altre persone fanno diversamente, e molto bene. Ma è il tipo di scrittura dal quale sono stato attirato negli ultimi anni. Perché c’è una tale tensione tra il modo nel quale noi ci presentiamo al mondo e quello che invece siamo, che già ci sono due personaggi. C’è un modo di presentarci ai bambini, se ne abbiamo. E ce n’è un altro per tua moglie, tuo marito, tutte le persone che pensi ti conoscano. Ognuna di loro ha la propria versione di te. Potresti scrivere un intero romanzo con centinaia di personaggi, tutti basati su una sola persona.
In un’intervista hai affermato che un romanzo è come un brano musicale. Che tipo di musica rappresentano i tuoi libri?
Credo che gli ultimi due libri siano stati come sinfonie. Sono lunghi, epici, lirici. Ma spero che il prossimo sia come una ballata irlandese: molto diretto…corto e con semplici “scintille”, e fine della storia.
Penso comunque che questo sia un modo utile di pensare un libro. Chiedere a te stesso che musica stai suonando. Io lo faccio. E naturalmente ogni libro dovrebbe avere una musica. Una delle cose belle del linguaggio è il suono stesso. Sai, il suono lampeggia. Così devi scrivere in un modo tale che il lettore possa sentire il suono. Puoi fare molto per stabilire il tono emotivo della scena a seconda del tipo di parole che scegli. Penso a questo continuamente, assieme alla storia, allo sviluppo dei personaggi e a tutto il resto. E’ molto difficile. Scrivere è un lavoro terribile.
Terribile?
Orribile. Ricordo quando vivevo a Londra, e vicino a dove stavo c’era un fornaio. E alle sette del mattino lo sentivo arrivare al lavoro, alzare la serranda, e poco dopo potevi annusare il delizioso profumo del pane. E alle nove apriva il negozio, arrivava la gente che comprava tutto il pane. Chiudeva a mezzogiorno. E io invidiavo quell’uomo così tanto, pensavo facesse una cosa tanto utile. La gente poteva mangiare sempre il pane, faceva una cosa meravigliosa. E qualcuno lo pagava ogni giorno per questo. E io stavo lì cercando di scrivere un romanzo, senza sapere se nessuno mai lo avrebbe voluto. E’ difficile, ma è anche divertente allo stesso tempo.
Hai detto inoltre che la letteratura può cambiare il mondo…
Beh, penso che dovresti crederlo, sia che questo conti qualcosa o meno. A volte non ne sono sicuro. Ma credo che possa cambiare il mondo un po’ alla volta, cambiando la nostra percezione delle cose. E alcuni dei cambiamenti più radicali della mia vita sono accaduti nello spazio privato che esiste tra lo scrittore e il lettore. Puoi gettare nuova luce sulle cose, mostrare le cose alla gente sotto una luce diversa.
Pensi che i romanzi storici possano cambiare le cose in modo più efficace?
Dipende da come si fa. I romanzi storici possono rivelare il fatto che molte delle cose che affrontiamo oggi le abbiamo già conosciute nel passato. Nell’ottocento enormi masse di emigranti partirono da tutta Europa verso gli Stati Uniti…i rifugiati, il terrorismo…la carestia irlandese. Queste cose accadono nel mondo adesso, e a volte è utile vedere come furono affrontate nel passato.
Qualcosa cosa come Historia magister vitae…
Sì, interamente. Voglio dire, non sono sicuro di quanto funzioni, ma sono d’accordo.
Hai intitolato il tuo ultimo libro Redemption falls. Credi nella redenzione?
Sì, credo nella possibilità di una redenzione. Voglio dire, se non ci credessi credo non uscirei dal letto la mattina, standomene lì con una bottiglia di gin e le coperte sopra la testa. Devi credere che tempi migliori stiano arrivando. Io ci credo, anche politicamente. Credo che l’uomo sarà ancora qui fra 500 anni, e il mondo sarà un posto molto più giusto.
Penso che noi scopriremo che Marx aveva ragione su molte cose, e che l’unico modo che noi abbiamo per continuare a esistere sia diventare più “redistributivi”. Non deve essere per forza chiamato comunismo, non importa come si chiama, ma credo che scopriremo che non possiamo continuare in questo modo, con la vasta maggioranza della ricchezza posseduta da una piccola minoranza di uomini. Penso che i giovani si accorgano di tutto questo, e quindi siano interessati alla politica ambientalista e no global. La gente dice che i giovani non sono interessati alla politica, ma in realtà sono molto più idealisti e ambiziosi, hanno un’idea più ampia di democrazia che non si riduce al decidere quale tipo di manager guiderà il paese. Per questo ho fiducia nel futuro.
Forse mi sto sbagliando… ma aver fiducia è qualcosa che devi pur fare.