di Alessandra Daniele
Diritti
Fred si svegliò con l’eco del jingle ancora in testa. NeuroShopping, il canale delle televendite trasmesse direttamente nella corteccia cerebrale durante il sonno. I cubicoli del Capsula Hotel forniti di spinotti corticali obbligatori erano una tortura, ma non aveva trovato altro posto dove nascondersi.
Si tolse lo spinotto, e scivolò alla cieca fuori dal cubicolo. Cercò a tentoni la vecchia microcamera, la collegò alla sua presa corticale sulla tempia, e reggendola per il cavetto la fece penzolare davanti a sé per guardarsi attorno. Dal buio solcato da scrosci prese forma un volto che lo fissava.
– Non hai l’autorizzazione per quella videocamera — disse la faccia sfocata. – Non hai pagato i diritti per la vista, per questo ti sono stati asportati i bulbi oculari.
Il volto fu coperto dal primo piano di una mano che afferrò la microcamera, oscurandola.
Fred tornò cieco. Subito dopo un dolore violento e bruciante gli trafisse il cervello.
L’agente buttò a terra la microcamera strappata dal cavetto, e la schiacciò col tacco, producendo un piccolo scricchiolio.
– Non puoi vedere senza pagare. Lo sai, è una questione di diritti. Tutto quello che ci circonda è coperto da vari brevetti e copyright. Il paesaggio, i monumenti, gli edifici, facciate e arredi interni, i veicoli, gli abiti… la mia divisa — aggiunse, con una leggera sfumatura beffarda nella voce — appartengono a qualcuno, ed è illegale vederli senza pagare i diritti.
Fred barcollò all’indietro, stordito dal dolore e dalla cecità. Poi si sentì afferrare
– Hai abusivamente avuto la vista per alcuni giorni. Il tuo cervello è pieno d’immagini ottenute illegalmente — disse l’agente — Dovremo sequestrartelo — concluse, e lo trascinò via.
Dio padre
Il piccolo Abele si premeva le mani sulle orecchie.
– Stanno ancora litigando? — chiese al fratellino. Caino annuì.
– Come al solito. Si danno la colpa a vicenda.
– Ma non è colpa loro, giusto? La colpa è di quel serpente.
Caino sbuffò — Macché serpente! La colpa è di chi li ha fatti come sono, e poi ha punito loro per come sono fatti.
– Dio? – Mormorò timidamente Abele.
– Allora, com’è che siete ancora svegli? — ringhiò Adamo, irrompendo nella grotta. — Domani mattina avete da lavorare, parassiti!
I bambini trasalirono.
– Cosa cazzo avete da confabulare?! Chi ha cominciato, eh? Chi è il colpevole?
– Dio – disse Abele con un filo di voce.
Adamo afferrò una pietra dal focolare spento, e gliela scagliò contro.
Abele si afflosciò, col cranio sfondato.
Caino smise di tremare e sbarrò gli occhi, come fulminato.
Poi scappò via.
– Che succede? — chiese Eva al marito, entrando — che gli hai fatto stavolta? — urlò, scuotendo il cadavere del figlio minore.
– Aveva… bestemmiato — rispose Adamo con la voce impastata. — Ho già avuto abbastanza guai da Dio, non ne voglio altri.
– E cosa credi che penserà Dio di questo? — disse Eva mostrandogli il sangue sulle mani.
– Possiamo mentirgli di nuovo, possiamo dirgli che è stato il serpente.
– Come cazzo fa un serpente a tirare una pietra?
Adamo si guardò intorno — Aspetta, dov’è Caino? È scappato? Bene! Daremo la colpa a lui! Diremo che era geloso.