di Valerio Evangelisti
[Propongo qui la mia introduzione al romanzo di Maurizio Cometto Il costruttore di biciclette, ed. Il Foglio, 2006, pp. 160, € 10,00. Personalmente ritengo Cometto, ancora noto a pochi, uno dei più promettenti autori del fantastico italiano, per freschezza di idee e di scrittura. Merita di essere seguito.] (V.E.)
Il lettore non si faccia trarre in inganno. Le prime pagine di questo romanzo fanno pensare alla solita storia di serial killer, per di più con l’assassino già individuato. Si rimane colpiti dal contesto ambientale di provincia, descritto estremamente bene, ma si pensa: roba già vista.
E invece no: piano piano si prepara la sorpresa. Si avanza perplessi tra le pagine, finché l’incrociarsi degli sguardi tra un uomo poco raccomandabile e un roditore sbucato dal terreno fa capire che la vicenda è completamente diversa da quella che si era ipotizzata.
E, da quel momento, sottrarsi al suo fascino diventa praticamente impossibile.
C’è chi dice che il genere “thriller” (assieme al giallo ribattezzato noir) domini il mercato librario italiano. Non credo che sia vero in assoluto, e che comunque la constatazione riguardi essenzialmente pochi romanzi che si sono imposti in virtù della loro banalità (uno di essi è addirittura una sfacciata imitazione del vecchio film Occhi di Laura Mars). Non vedo comunque nulla di male nel fatto che scrittori italiani abbiano ormai acquisito la fluidità di scrittura e il grado di leggibilità propri un tempo solo di autori stranieri. Soprattutto se gli scrittori di cui parlo, giovani ma non solo, sono capaci di mettere la tecnica acquisita al servizio di una storia originale, che cita dei modelli (il più riconoscibile in questo caso mi pare Lovecraft: il “custode della porta”, “l’altra parte”, certi animaletti domestici graditi e sgraditi, ecc.) senza tuttavia copiarli.
Dopo la lettura de Il costruttore di biciclette, classificherei Maurizio Cometto come uno dei capofila della nuova schiera di giovani scrittori di fantastico. Riesce a rendere persuasiva e accattivante una trama bizzarra in quanto più complessa di ciò che appare, e credibile la piccola comunità assediata da un antico nemico che ben si presterebbe a interpretazioni psicanalitiche.
Ma, soprattutto, Cometto si rivela esperto nella costruzione della suspense: un’arte niente affatto scontata, qui sorretta da una sapiente disseminazione di indizi inquietanti e da dialoghi fulminanti, in cui ogni riga quasi impone la lettura della successiva.
C’è qualcosa di molto cinematografico, in tutto ciò, ma anche di letterario: tornano in mente, nella seconda parte del libro, vecchie fiabe destinate agli adulti, di quelle care da sempre agli inglesi e da noi disdegnate non dai lettori, per fortuna, ma da una critica neghittosa che coltiva ideali di scrittura tramontati da mezzo secolo.
Spero che il pubblico si accorga di questo romanzo. Capirebbe che non occorre cercare oltre frontiera la letteratura che ama e ha sempre amato: quella che inchioda, che costringe a passare velocemente da una pagina all’altra. Avevamo i nostri artigiani, costretti alla semiclandestinità. Oggi abbiamo anche i nostri piccoli maestri. E mica tanto piccoli, a ben vedere.