di Wu Ming 1
Sul web, da qualche giorno, non si parla d’altro.
Fatta la tara di tutte le illazioni e sentiti dire, il succo sembra essere questo: il giornalista e blogger fermano Massimo Del Papa, editorialista della rivista “Il Mucchio” e autore di diversi libri (tra i quali ricordiamo Milano Funeral e Il mio mestiere è questa vita), ha minacciato di azione legale l’edizione italiana di Wikipedia e ha informato la polizia di quanto avvenuto intorno alla voce “Massimo Del Papa”.
Cos’è avvenuto? Che nei giorni scorsi la voce è stata integrata da una fotografia (le cui sembianze non erano però quelle del Del Papa), una riga di testo in più (in cui si affermava che tra il 2005 e il 2006 Del Papa aveva postato diversi articoli sull’attualmente congelato sito italy.indymedia.org) e un link che rimandava agli articoli suddetti.
Solo che – molti lo hanno appreso soltanto dopo l’esplodere della querelle – quei pezzi non erano stati postati direttamente dal Del Papa, ma da anonimi Pasquini che li trovavano sul suo blog e li ricollocavano beffardamente. Si trattava spesso di articoli durissimi contro Indymedia, da qui il prevedibile, persino ovvio détournement da “autofagia” (Indymedia attacca Indymedia) con relativa catena di sberleffi e contumelie.
E’ capitato tante volte anche a noi Wu Ming (anzi, siamo forse quelli a cui è capitato più spesso), era come andavano le cose su Indymedia, partito come sito di informazione ma col tempo divenuto – per colpa di tutti noi, noi “movimento”, nessuno può chiamarsi fuori dalla responsabilità – collettore e amplificatore di goliardate, dicerie incontrollabili, stronzate e spesso anche attacchi personali, che per fortuna hanno lasciato il tempo che trovavano.
Vi sono versioni contrastanti su quanto accaduto in seguito, delle quali preferiamo non occuparci. Fatto sta che la voce dell’enciclopedia è ora bloccata e inconsultabile, e tutta la rete parla della contrapposizione tra il giornalista e la comunità di contributori volontari.
Vi è chi accusa il Del Papa di aver trovato un espediente per farsi pubblicità.
Vi è chi lo difende a spada tratta.
Vi è anche chi approfitta del caso specifico per discutere, con diverse argomentazioni, di problemi più vasti quali l’anonimato in rete, la sicurezza, la privacy, l’attendibilità delle notizie.
Si è, insomma, alzato uno spulvràzz di quelli che periodicamente oscurano il sole.
Indygestione
Il Del Papa – dal canto suo giustamente – non vuole averci niente a che fare, con Indymedia. Anzi, due anni fa – anche questo lo si è appreso adesso – denunciò il sito antagonista, anche per via di ingiurie e minacce espresse in calce ai suoi articoli (suoi ma, lo ripetiamo, riproposti da altri). In particolare un’estemporanea minaccia di morte, da parte di qualche imbecille (forse tredicenne) che si firmava “Walter Alasia” (giovane brigatista milanese morto in uno scontro a fuoco nel 1976 e a cui fu intitolata una colonna delle BR, poi divenuta autonoma dall’organizzazione).
Ora, chi minaccia tirando in ballo brigate clandestine e partiti combattenti è una testa di cazzo, sempre. Non c’è giustificazione, mai. Ad esempio, chi ha usato Indymedia per fare sinistre apologie di recenti omicidi, cedendo al canto di sirene lottarmatiste con testa di stalinista e coda di pesce avariato, non può avere alcuna scusante.
Invece, sarebbe il caso di non farsi troppo il sangue amaro per sberleffi, pasquinate, cazzate, pernacchioni, peti ascellari, battutacce, scatologie assortite, schiaffi del soldato e scherzacci da caserma. Non potevamo pretendere che i media “di movimento” fossero maturi, dato che lo stesso movimento è morto soffocato sotto il peso dei suoi (quindi nostri) infantilismi: scazzi tra fazioni, ripicche, settarismi, coltellate alla schiena e chi più ne ha più ne metta. Siamo gente un po’ di merda, e abbiamo prodotto una comunicazione molto di merda, quasi nessuno escluso.
Su Indymedia anche il Sottoscritto è stato ripetutamente bersagliato, una volta mi fu addirittura attribuito un pezzo apologetico nei confronti di Cofferati (!), e non si contano i falsi testi firmati da… “me”.
E alzi la mano chi può dire di aver sempre resistito alla tentazione di lasciare su Indymedia, firmandosi con un “nom de plume” usa-e-getta, una battuta o un vaffanculo in calce a qualche notizia assurda, presa di posizione demenziale o provocazione di troll.
Su Indymedia, quando ormai si era rinunciato del tutto a fare informazione, si è vista anche auto-satira di discreto livello. In che altro modo definire le teorie del complotto che davano Indy stessa come finanziata dal movimento raeliano (quello in contatto con gli extraterresti Elohim), a sua volta finanziato da George Soros o forse viceversa?
[Cliccate sul link, poi guardate l’URL e ditemi che numero compare dopo “indymedia.org”! E’ soltanto una coincidenza? Paranooooiiiaaaa…]
Peccato che il contesto fitto di provocatori rendesse comunque tutto pesantissimo. Sic transit, anzi: sick transit.
Schmitt & Wesson
Ma arriviamo al punto. Vorremmo dare un contributo analitico, per aiutare a definire il contesto in cui tutto questo avviene. Contesto che non si può comprendere in alcun modo se non si tiene conto di un fatto, per ovvie ragioni oscuro ai più: il Del Papa è un giornalista sanguigno e intemperante, un polemista spesso sagace ma ancor più spesso – mettiamola così – “ruspante” e popolano. A volte rabelaisiano nella sua bulimia espressiva, spesso schmittiano nel suo muoversi secondo la logica amico-nemico, sovente pomposo e portato al tragico/autocommiserevole, il Del Papa passa senza soluzione di continuità dall’invettiva furibonda alla prosa poetica crepuscolare.
Soprattutto, il Del Papa è ammirevolmente cocciuto nel portare avanti le critiche a coloro che ha scelto come nemici. Come i diamanti, la sua ostilità è per sempre. Esiste e s’ingrossa vieppiù nei ranghi una “compagnia di giro” di personaggi pubblici e semi-pubblici (alcuni invero oscuri), scrittori, musicisti e colleghi giornalisti che è fatta bersaglio degli strali delpapiani ormai da diversi anni.
Un bersaglio polemico, fatto oggetto di brillanti geremiadi, è la cosiddetta (spesso sedicente) “sinistra radicale”, sui cui vizi (nonché su quelli dei “no global”, additati come brodo di coltura dei terrorismi) il Del Papa svolge un’approfondita opera di informazione.
Qualche esponente della suddetta sinistra ha talvolta l’onore di essere scelto per un trattamento personalizzato, com’è capitato a Wladimir [sic] Luxuria: “scarto dello spettacolo costretto a riciclarsi in politica”, “un guitto che ha dirottato se stesso dall’avanspettacolo, dove non sfondava, alla Camera dei deputati”, tenuto a galla da “quest’orrido concettuale per cui Luxuria, essendo un travestito, è intelligente”.
Altri, invece, meritano soltanto fugaci menzioni, come è capitato a Dario Fo (“giullare di 80 anni ideologizzato fino al midollo”).
Queste polemiche hanno luogo sul suo blog e sulle pagine del “Mucchio”, dove il Del Papa ha un prezioso alleato in un altro coriaceo polemista di lungo corso, il direttore Max Stèfani, uno che comunque – e questo non si può discutere – ha avuto dei meriti.
Qui è ancora tutta campagna
Anche noi collaboratori di Carmilla facciamo parte della “compagnia di giro”. Nella “fase alta” di una lunga campagna-stampa (e web) finalizzata a esporre al mondo le nostre (innegabili) nefandezze, il Del Papa ci regalò giudizi duri ma onesti, come:
Dietro l’apparenza giacobina e leninista, sono dei piccolo borghesi attenti “al 27 dello stipendio”, agli affarucci con Berlusconi, alle amicizie mafiose con cui scambiare raccomandazioni e prefazioni, al perdonismo cattolico e vittimista. Sono dei Giuliano Ferrara con meno dignità: quello, almeno, s’è dimesso da comunista prima di trovarsi un altro padrone, piduista.
Questa sobria opinione appariva in calce all’ancor più sobria lettera di un lettore, il quale ci paragonava a “coloro che incitavano a ‘segnare’ le case degli Ebrei”.
E’ solo uno dei tantissimi esempi possibili. Per tutto il periodo 2003-2005 furono rari i numeri della rivista (che proprio in quel lasso di tempo passò da settimanale a mensile) che non contenessero almeno una (talvolta più d’una) cloridrica filippica contro i “wuminghia” (così ci chiama Del Papa, con simpatia) e/o Valerio Evangelisti e/o Giuseppe Genna.
Non che dopo il 2005 la cosa sia scemata: solo che il Del Papa nel frattempo aveva scoperto la blogosfera, quindi la rivista si è col tempo “alleggerita”, poiché le arringhe si erano spostate sul web. E non solo sul blog del Del Papa, ma a volte anche su quelli altrui. Spulciando su google è infatti possibile trovare lucide perle regalate ad altri fondali, come:
di anonimi ci sono già queste lecciso della rivoluzione godo(t), ingaggiati da berlusconi. la chiamano lotta dall’interno, ma sono asce di guerra per ascemi di guerra che ci credono. però, siccome la verità è rivoluzionaria, oramai questi wu minghia non incantano più nessuno: mi vanto di essere stato il primo a sputtanarli per quello che erano.
[…] i wu minghia li ho denunciati mille volte […] questa lecciso n. 1 ci raccontasse quanto pigliano di diritti d’autore coperti da copyright dall’odiato berlusconi che tra l’altro assicura loro strategie, distribuzione capillare, penetrazione, pubblicità e critiche benevole. […] La verità è che senza il piccolo padre, certi rivoluzionari pop starebbero ancora a pulire il culo a qualche amico terrorista.
Siamo sempre stati in buona, anzi ottima compagnia: contumelie durissime sono state indirizzate anche ad Afterhours e Subsonica, rèi di aver partecipato a una compilation uscita in allegato alla defunta rivista “Tutto” (gruppo Mondadori).
Col tempo si è iscritto al circolo anche il collega Roberto Saviano, di cui abbiamo scoperto che:
[…] è un paraculo. Uno costruito dalla testa ai piedi. Va bene, va bene, ha la scorta, è glamour, è un vip. Il prossimo romanzetto se lo farà pagare il doppio e sarà un best seller: già gli intrepidi colleghi scodinzolano (una vera mafia, quella letteraria). E, sai come si dice: dimmi con chi vai… […]
[…] Saviano fa folklore, è uno dei tanti Pitrè che ogni tanto affiorano: saturo di noir, di commissari, di zoccole adolescenti, il mercato adesso vuole questo: già seguono gli emuli, dalla Puglia se non sbaglio. Sospetto che la mafia s’incazzi più con chi la usa, che con chi la denuncia per quella che è dove tutti la conoscono […]
[…] questo Saviano, costruito dal basso, ma più che altro dai bassi, con la sua sceneggiat(ur)a molto apprezzata dai camorristi in carcere.
E così via.
Altro preso di mira – per ragioni a noi oscure ma certamente fondate e serissime – è Andrea Scanzi, anch’egli giornalista (ora ex) del “Mucchio” oltreché della Stampa di Torino. A Scanzi il blogger fermano ha dedicato scritti lunghissimi, per qualificarlo infine come “non degno del rispetto che si rivolge a un uomo”. Del rispetto forse no, ma di attenzione sì evidentemente, stanti le decine di migliaia di battute prodotte sull’argomento.
Che amore è?
Le due polemiche più “famose” innescate dal Del Papa prima dell’ultima in ordine di tempo (che s’avvia senz’altro a diventare la più famosa), furono quella seguita alla morte di Enzo Baldoni e quella sulla trasmissione “Anno zero” di Michele Santoro.
La prima determinò la fine dei rapporti tra lui e la storica rivista “Linus”, su cui aveva scritto alcuni articoli. Vi è chi sostiene che sia stata la rivista ad allontanare il Del Papa, e vi è il Del Papa che sostiene di aver chiuso lui i rapporti. Questione di poco conto, in questa sede. Ma cos’era successo?
Dopo l’uccisione di Baldoni (collaboratore di “Linus”) in Iraq, il “Mucchio” pubblicò un’esternazione del Del Papa che vale la pena riportare integralmente per l’originalità del taglio:
Baldoni, la cui morte mi fa ovviamente orrore, era un dannunziano ammantato di buoni sentimenti. Quando si scrive, a circa sessant’anni, nel proprio diario (anzi: blog): “vado incontro alla morte ma non me ne frega niente, l’avventura mi chiama, forse morirò ma felice perché ho sempre fatto quello che volevo, siamo tutto un minestrone cosmico”, l’impressione che se ne ha è di un Peter Pan spostato, un vitalista senza il coraggio d’esserlo fino in fondo. Un annoiato della vita (e delle sue brutture “qui”) che esorcizzava la noia “andando a far del bene”, guarda caso sempre dove non poteva farne che al proprio ego: in mezzo a polveriere come Timor Est, Colombia, ecc. Sappiamo benissimo che in Iraq ci sono bande di predoni alle quali non frega niente se sei italiano “di sinistra o meno”. Hanno beccato lo sprovveduto, senza satellitare, senza conoscenza della lingua, senza che nessuno potesse imboscarlo, e l’hanno subito trucidato. Fammela dire a me, ora, una cosa di insopportabile buonismo piccolo borghese: quando si ha l’amore di una donna e di due figli che ti aspettano, non puoi farli vivere per sempre col cuore in gola e lasciargli in eredità la tua assenza. Non puoi fare “come mi pare” tutta la vita. Che amore è? Vuoi fare il pirata della solidarietà? Bene, ma allora lascia stare tutto il resto. Prenditi la libertà, ma accettane anche la solitudine. Ne faranno un eroe, ma era un eterno dilettante che da dilettante è morto.
Questo scritto appariva nel settembre 2004, e da allora è stato più volte riprodotto in rete, però a stralci, grave scorrettezza di cui il Del Papa si è lamentato. A suo dire, gli stralci avrebbero falsato il suo pensiero. Noi lo abbiamo riportato integrale, com’è giusto che sia, sperando di rendere giustizia al messaggio che il Del Papa voleva comunicare.
Non diciamo che è fascismo
La seconda polemica iniziò quando il Del Papa recensì la prima puntata di “Anno zero” sul sito dell’associazione Articolo 21.
Va detto che la recensione del Del Papa conteneva alcune verità, e infatti la formula della trasmissione, di puntata in puntata, ha mostrato molti limiti. Tuttavia, ciò che non fu gradito né dalla redazione né dall’associazione fu qualche passaggio lievemente sopra le righe, come: “Vauro, ormai sprofondato in un qualunquismo penoso”; “lo stupido qualunquismo brechtiano”; “cattivo giornalismo, populismo proprio dell’anno zero di ‘Servire il popolo’ ” et dulcis in fundo: “Non diciamo che è fascismo perchè crediamo alla definitiva buona fede di Santoro” (lo definì invece “zdanovismo”).
Loris Mazzetti di Articolo 21 definì l’articolo del Del Papa “volgare e offensivo”, e aggiunse: “abbiamo commesso, pubblicandolo, un grave errore non solo nei confronti di Santoro ma nei confronti di noi stessi […] il problema non sono le ‘minchiate’ del signor Del Papa, ma la pubblicazione di quelle ‘minchiate’, ripeto, è stato un grave errore.”
Vi furono altre botte seguite da risposte, repliche e controrepliche. La conclusione è che oggi il Del Papa si rivolge ai rappresentanti di Articolo 21 chiamandoli “21 farisei”.
La cornice fantasma
Purtroppo anche noi collaboratori di Carmilla, così tante volte presi a male parole dal Del Papa, abbiamo ceduto alla tentazione dello sberleffo iconografico. Gli uomini non son fatti di legno massello. E poiché la polizia indaga a tutto campo, abbiamo optato per il nobile atto di costituirci. Anche noi siamo colpevoli di “lesa delpapità”.
Nel 2004 realizzammo una piccola immagine, sorta di “spilletta” da apporci sul bavero, con il volto del Del Papa e la scritta (in inglese perché fa più fico): “Orgogliosi di essere sulla lista nera di MDP e fatti oggetto di caccia alle streghe” [Proudly Blacklisted & Witch-Hunted by MDP]. L’immaginetta apparve in calce ad alcuni nostri articoli dell’epoca, qui su Carmilla. Eccola qui accanto, intatta come l’avevamo creata.
E fu così che il Del Papa, forse perché ignaro dell’idioma anglosassone, iniziò a sostenere in più occasioni che… l’avevamo minacciato di morte, poiché a suo dire quest’immagine sarebbe… una foto da necrologio con tanto di cornice funebre. A dire il vero, a noialtri non pare di vederla, la cornice, nemmeno a Genna che ha 11/10 di vista. E la somiglianza con una foto da necrologio ci pare dubbia, anche perché il soggetto della frase siamo noi, non lui.
Purtroppo però la diceria che noi lo avremmo “minacciato” continua a circolare, con nostro grande dispiacere.
Conclusione
Questi, come si diceva, sono soltanto alcuni elementi utili a definire meglio il contesto in cui avviene il dibattito. Non sono che l’1% di quanto è disponibile sulle polemiche che circondano questo giornalista-scrittore.
Del quale ultimo va detta una cosa: quando gli riesce il miracolo di controllare lingua ed espressione, scrive bene.
Il problema, a nostro (ar)dire, è che questo miracolo gli riesce assai di rado. Finisce sempre per aggiungere qualche nota che trasforma una potenzialmente brillante invettiva (forma letteraria nobilissima) in una “piazzata” il cui risultato (se non addirittura lo scopo) è ferire le persone. C’è nei suoi scritti un furore totalizzante, una voglia matta di annichilire chiunque si trovi sulla traiettoria dei suoi colpi, un piacere quasi orgasmico nel comminare sentenze dopo processi sommari [qui c’era un refuso, lo abbiamo corretto :-)] e, soprattutto, un prendersi terrificantemente sul serio, un riempirsi di sé che – come ipotizzava sulla Stampa la giornalista Anna Masera – non possono che renderlo bersaglio di beffe, lazzi e sfottò, alcuni francamente eccessivi (e non ci riferiamo alle minacce, che sono atti vili e non rientrano nemmeno nella categoria presa in esame). Purtroppo, tali beffe si rivelano controproducenti per il consorzio civile, poiché non fanno che alimentare il circolo vizioso. E lo spulvràzz oscura il sole.