di Daniela Bandini
Sara Gran, La voce dentro, Longanesi, 2006, pp. 165, € 13,00
Questo romanzo di successo di una giovane scrittrice americana ha avuto importantissime segnalazioni e recensioni, è pubblicato in ben dodici paesi del mondo, e leggendolo con attenzione ho colto la palese causa del suo successo: l’identificazione. Chiunque potrebbe aderire a questo affascinante questionario che riporto, anche solo per dare un tono un più, una valorizzazione in più, forse anche uno scopo in più, o magari l’unico, alla sua vita. Una grigia esistenza di miseri conflitti, intrisa di invidie e crisi di autostima può mutarsi in una “possessione”. Se rispondi di sì ad almeno 4 domande su 10 c’è la possibilità che tu sia posseduto, da 0 a 3 probabilmente non lo sei, da 6 a 10 ne hai la certezza. Sei pronto per il test?
SEI POSSEDUTO DA UN DEMONIO?
1. Sento degli strani rumori in casa, soprattutto di notte, e i miei familiari riferiscono che si verificano solo in mia presenza.
2. Ho cominciato a coltivare attività e passatempi che sembrano “disdicevoli”, e faccio cose che non erano nelle mie intenzioni e non riesco a capire.
3. Sono stizzoso e irascibile con i miei amici e i miei cari.
4. Riesco a capire lingue che non ho mai studiato, e so cose che non avrei potuto sapere per vie normali.
5. Soffro di blackout non causati da droghe, alcool o malattie persistenti.
6. Mi capita di avere idee insolite o di sentire voci dentro la mia testa.
7. Ho avuto visioni o fatto sogni di personaggi che potrebbero essere demoni.
8. Un medium, un sacerdote o un’altra guida spirituale mi ha detto che sono posseduto.
9. Sento l’impulso di ferire o uccidere animali o persone.
10. Ho ferito e ucciso persone o animali.
Diciamo subito che fino al punto 3 di questo test (terribilmente americano!) non vedo grandi fenomeni attribuibili al paranormale. Dal 4 all’8 qualche preoccupazione c’è, mentre dall’8 al 10, diciamo che è meglio stare alla larga da un simile personaggio e magari informarsi seriamente per un TSO a decorrenza immediata.
Ora, al di là dell’ironia, le motivazioni che mi hanno spinto a parlare di questo romanzo, che diventa sempre più drammatico col susseguirsi delle pagine, sono l’avvilente linearità delle circostanze e delle manifestazioni che conducono alla follia. Il romanzo narra del progredire di un’entità “aliena” nella psiche di una giovane donna, che introietta, fa entrare dentro di sé, una figura che risale alla prima infanzia, nei panni di una donna bellissima che le promette che non la lascerà mai, creandole uno stato d’animo di rasserenante protezione.
La logica della possessione obbliga un’accettazione, alla domanda “posso entrare” è necessario rispondere “sì”, o non se ne fa niente. Questa giovane donna è sposata con una persona che lei stessa definisce “la mia salvezza”, per aver impostato finalmente la sua vita su una carreggiata gestibile e razionale. Vivono in un loft dove lei architetto investe tutte le sue conoscenze di studio, esperienza, emotività. Lui è una persona ordinata e precisa, solida famiglia alle spalle, amante dell’ordine e della precisione. Mai uno sgarro, nessuna violenza, nessun tradimento, il matrimonio è una scelta definitiva, una firma un valore inappellabile.
Quest’ordine viene scompaginato come da un uragano. Abiti sporchi o dismessi abbandonati sul pavimento, orari non più rispettati senza dovute giustificazioni telefoniche, il vizio del fumo, dell’alcool, del sesso con sconosciuti. Ogni certezza crolla. Nella testa della donna un demone che provoca, provoca, provoca, fino all’inevitabile rottura. E alla tragedia. Ma è’ così facile gestire la perenne riconoscenza? E’ forse facile sapere di dovere il proprio equilibrio psico-fisico all’altro senza provare la tentazione di distruggere questo equilibrio per vivere il dramma del proprio caos?
Scene da un matrimonio: lei pensa che si può rimediare, che tutto può tornare come prima. E’ al super, stasera farà un’improvvisata, preparerà una cenetta, uno dei suoi piatti preferiti. “Preparare la cena? Ore in cucina, e poi lui non tornerà nemmeno a casa in orario e non l’apprezzerà. E poi sono secoli che Ed non cucina per te, dalla volta che si inventò quel piatto disgustoso con i fagiolini, mesi e mesi fa…” “Ributtai la bistecca nel banco frigo, mollai il carrello e uscii dal supermercato”.
Quante occasioni, per colpa di questi demoni che si intrufolano nel nostro cervello, per colpa di questi precisi ragionamenti perdiamo, prima di capire che sono alla base della fine di ogni relazione tra madre e figlia, tra padre e figlio, tra colleghi, tra amici, tra fidanzati, tra marito e moglie? Continuiamo a chiamarli demoni, e lo sono davvero. Per lo più ci trascinano nell’abisso della solitudine e del rimpianto.