di Danilo Arona
Il villaggio dei dannati
Vi ricordate di Giovanni Albanese, il fioraio cinefilo perdutamente innamorato del ricordo di Melissa Prigione, scomparsa da Bassavilla nella primavera del 1925?
Forse, ma nel caso contrario vi rinfresco la memoria.
Giovanni Albanese, nato in città nel 1902, faceva il fioraio come suo padre. Era un uomo triste e sempre chiuso in se stesso. Non si era mai sposato. La sua vita nell’aprile del 1925 aveva imboccato il percorso della rassegnazione e del rifiuto alla serenità: sua cugina, Melissa Prigione (la bellissima Melissa che incantava le clienti della cappelleria Valizzone), era misteriosamente scomparsa sul tragitto di casa all’ora del rientro dal lavoro, più o meno intorno alle venti. Giovanni amava con tenerezza la sua splendida cugina e, nonostante la parentela così diretta non giocasse a suo favore, possedeva la certezza di esserne ricambiato.
Quella scomparsa, della quale mai s’intravide il fantasma di un’ipotesi, gli schiacciò il cuore che ne restò per sempre spezzato. E altrettanto male fecero allo spirito di Giovanni le maldicenze che circolarono a seguito dell’evento, prima su suo padre (perché la Melissa, tutte le sere prima di rincasare si fermava a scambiare qualche parola con lo zio) e poi su lei stessa, sulla quale il settimanale Cronaca e Processi, quello che poi divenne Il Piccolo, riuscì a inventarsi che la sua scomparsa a che spartire con una presunta «morbosa passione per le letture romanzesche», tanto malsana da indurla a buttarsi nel fiume.
Dal 1925 in poi la vita per Giovanni Albanese segnò un elettroencefalogramma piatto: dalla disperazione alla rassegnazione, dalla tristezza più profonda alla malinconia più struggente. Si lasciò vivere e imparò, per quel che c’era da imparare, a vendere fiori alla gente. Manco a dirsi, per lui quel mestiere assumeva un minimo di significato soltanto ai primi di aprile e il 2 di novembre per riflesso. Quando il padre morì, ereditò il negozio e ne continuò l’attività.
L’unico suo svago in quasi quarant’anni si limitò al cinema. Vedeva di tutto in realtà, ma soprattutto amava quei film che gli parlavano indirettamente di Melissa. Transitando dal cinema muto al sonoro, dal bianco e nero ai primi technicolor colorati a mano, gli pareva spesso di cogliere un messaggio da quel mondo parallelo che si agitava sul bianco telone: i noir, gli horror e, in generale, tutti i film che rappresentavano il mistero della morte, se non altro corroboravano la sua mente spingendola a porsi sempre più domande. In ogni caso, domande sempre senza risposta. Il cinema sembrava soltanto un surrogato della vita.
(da Cronache di Bassavilla, Dario Flaccovio Editore, Palermo 2006)
Insomma, Giovanni da quel mondo parallelo si attendeva risposte. Qualcuna in seguito gli giunse, ma quella domenica pomeriggio di febbraio – il giorno di San Valentino, la data degli innamorati – non si aspettava proprio nulla: gli occhi giallastri, i capelli biondi e lisci, un gruppo di bambini più inquietanti di qualsiasi mostro da laboratorio, un titolo senza appello e pesante come un macigno (Il villaggio dei dannati). Niente in quel film gli avrebbe mai parlato di Melissa.
Però entrò lo stesso. Perché la solitudine alla domenica pomeriggio, in un luogo come Bassavilla e per di più in periodo carnevalesco, era una tara troppo grande da sopportare. Si mise in coda alla biglietteria del Cinema Teatro Virginia Marini, bellissimo edificio stile liberty posto tra i giardini pubblici e la stazione ferroviaria, e chiese, una volta giunto al cospetto della signora occhialuta, se c’era un palco libero. Gli fu risposto di sì e lui se ne rallegrò: per quanto in compagnia di tanti suoi simili, sarebbe stato comunque da solo.
Entrò nel palchetto mentre stavano terminando i prossimamente, riuscendo a vedere il lancio di un torbido thriller dal titolo Zaffiro nero. Poi, mentre partivano i titoli di testa de Il villaggio dei dannati, Giovanni lanciò un’occhiata distratta verso i due palchi confinanti col suo, l’uno a destra e l’altro a sinistra. Nel primo s’intravedeva la silhouette di un solitario come lui, che neppure si era tolto il cappotto e fumava con apparente nervosismo. Di qua una coppietta che, a giudicare dalle effusioni già in atto, non si stava dimostrando per nulla interessata alle vicende del film.
Già, il film… In bianco e nero, titoli sbrigativi, un’aria sciatta di film da quattro soldi. Eppure già drammatico e controcorrente sin dai primi minuti: un tipo al telefono che cadeva svenuto, uomini e animali che parevano andare in improvviso letargo, un autobus che finiva fuori strada. Insomma, in quel villaggio inglese che si chiamava Midwich si stavano addormentando tutti quanti di colpo, mucche comprese.
Giovanni percepì un movimento strano alla sua destra. Il solitario freddoloso si era alzato in piedi e gettato la cicca sul pavimento di legno. Poi, lentamente e continuando a guardare nella sua direzione, il tipo era sgusciato fuori dal palco.
Alla sua sinistra invece proseguivano le grandi manovre. Con qualche effetto sonoro francamente imbarazzante. Nonostante la sua quasi veneranda età, Giovanni non avrebbe mai immaginato che due lingue in attività sinergica potessero provocare tanta cacofonia di risucchi mandibolari e contrazioni salivari. Pareva una dimostrazione d’idraulica spiccia, altro che innocenti bacetti. Che fastidio!
Eppure, vecchio ingeneroso e senza memoria, anche tu ci avevi dato dentro nello stesso modo con la tua indimenticabile Melissa. Il veglione di Capodanno ai Ferrovieri, quello cupo del ’25. Cupo per tutta l’Italia, ma non per te, che allo scoccare di mezzanotte avevi condotto la tua bellissima cugina – lei 20, tu 22 anni – nell’angolo più oscuro e l’avevi baciata sino a quasi soffocarla. Con rumori analoghi a quelli che adesso pensavi di dover sopportare.
Il film scomparve agli occhi di Giovanni per parecchi, fondamentali secondi. Un soldato con maschera antigas si era avvicinato al villaggio e aveva preso a tremare per il freddo. Un aereo aveva sorvolato la zona e si era abbattuto al suolo. Un poliziotto si era avvicinato all’autobus uscito di strada ed era andato giù come un sacco di patate. Ma Giovanni, in quella campagna inglese monocromatica, ci vedeva soltanto Melissa che correva nell’erba alta, tra i fiori di brughiera. Ma non era il film che gli mandava messaggi. Era lui, Giovanni, che li stava proiettando sullo schermo a proprio, masochistico consumo.
Tentò di tornare a concentrarsi sulla misteriosa vicenda. Il miracoloso tempo filmico era già scorso in avanti di due mesi e le donne di Midwich, solo quelle in grado di concepire, avevano ricevuto la visita dello Spirito Santo. Perlomeno, quello se ne deduceva, a giudicare dalle loro reazioni.
Ma ancora una volta gli risultò impossibile di seguire la storia. Il tipo appena uscito dal palco di destra era di soppiatto entrato in quello dei due fidanzatini e si stava minacciosamente avvicinando alla coppia. I ragazzi, che stavano ancora e sempre sul beato pianeta degli innamorati, non si erano accorti di nulla.
A Giovanni quel tipo parve una concreta minaccia. Così il fioraio di via dei Martiri non ci pensò due volte e sbottò con voce imperiosa:
“EHI, LEI! COSA CREDE DI FARE?”
Ma si ritrovò la luce di una pila a un millimetro dalle pupille, mentre una voce dall’inconfondibile cadenza meridionale gli rispondeva a tono:
“Qui è la benemerita, stia al suo posto!”
Poi il trambusto. Le urla delle ragazza. Il giovanotto che imprecava. Le luci che si accendevano in sala e il film che s’interrompeva. Il solitario, adesso in coppia con un’altra brutta faccia come lui, che conduceva fuori i due fidanzati. Frasi ritrite e offensive del genere: “Favorisca i documenti” e “Ai miei tempi si finiva in galera per molto meno”. Ma cos’avevano mai fatto di male quei due che assieme forse non facevano cinquant’anni?
Giù in platea crescevano proteste e risate sguaiate. Anche qualche scurrilità da parte di chi aveva capito la situazione occorsa fra i palchi. I soliti, immancabili furbastri che sapevano già tutto (Lei ci aveva la testa infilata fra i pantaloni di lui!) e che rilasciavano testimonianze di prima mano. Chissenefregeva più delle donne misteriosamente incinte di Midwich?
Il film non ricominciava. Il rumore sgradevole della folla pomeridiana aumentava d’intensità. Giovanni decise di venirsene via. Adesso si sentiva turbato, quasi offeso. Ma che razza di mondo si stava avvicinando?
In biglietteria la cassiera stava commentando l’accaduto assieme alla maschera. Parole di condanna anche qui. Senz’appello, naturalmente.
Un paio di mesi dopo, verso la fine di aprile, quasi in concomitanza con l’anniversario della scomparsa di Melissa Prigione, Giovanni lesse gli sviluppi di quella storia domenicale sulle pagine de Il Piccolo.
Si è svolto martedì scorso alla pretura di Alessandria l’annunciato processo a carico di Giuseppe Boscaro di 25 anni, abitante in via Bergamo n. 5 e di Rita Maria Cane, di 22 anni, abitante in via Cunietti n. 11/E. I due, che sono fidanzati e si sposeranno tra qualche mese, una domenica dello scorso febbraio si erano sistemati in un palco del Teatro Virginia Marini per assistere alla proiezione di un film. Pare che, con la complicità del buio, si siano scambiati qualche bacio, senza avvedersi di essere spiati da un brigadiere dei carabinieri, il quale apposta si era recato nel locale per stroncare il malvezzo – che aveva suscitato lamentele – di alcune coppie di comportarsi senza ritegno. Il tutore dell’ordine e della morale, dopo lungo appostamento, ha ritenuto che i due giovani non si stessero comportando correttamente, e dopo essersi qualificato, li ha condotti al Comando Provinciale per identificazione, denunciandoli subito dopo all’autorità giudiziaria per atti osceni in luogo pubblico e per atteggiamento a suo parere licenzioso. Il dibattimento ha avuto luogo a porte chiuse: i fidanzati hanno ammesso di essersi scambiati qualche bacio, ma di non essere andati oltre e di avere agito senza malizia; il difensore, avvocato Fracchia, ha fatto presente che la visibilità, durante la proiezione del film, era assai scarsa nel locale, ed era quindi impossibile che il sottufficiale potesse scorgere ciò che la coppia stava facendo, disattendendo quindi in parte la sua denuncia; dal canto suo, il brigadiere non ha potuto dirsi sicuro che il comportamento dei fidanzati fosse riprovevole. Il P.M. dott. Vinciguerra ha chiesto la condanna degli accusati a due mesi di reclusione con i benefici di legge. Ma il pretore dott. Parola, assistito nel corso dell’udienza dal cancelliere dott. Rossi, in considerazione anche dell’ottima moralità dei due giovani, li ha assolti dall’imputazione di atti osceni per non avere commesso il fatto, e da quello di effusioni eccessive per insufficienza di prove.
Giovanni Albanese ne gioì. I cambiamenti si percepivano nell’aria, certo, ma forse al meglio. Quasi quasi a quel punto non ci sarebbe stata male una “seconda visione”, completa, del Il villaggio dei dannati.