PUNK A BARI: DAI WOGS ALLA GIUNGLA (1979-1984)
qui il livejournal di Enzo Mansueto
Punk: quando è entrata questa parola nel mio mondo? La memoria vacilla, e falsifica. Per questo genere di cose è facile appoggiarsi alle storie collettive, ai racconti, alle teorizzazioni sedimentate. E sul punk, anche italiano, la letteratura è ormai fluente. Mi risulta davvero difficile, dopo tanti anni e tante pinte, scindere le schegge mnemoniche della mia adolescenza dal flusso immaginario condiviso. O no?
Un luogo comune stabilizzato racconta delle mitiche puntate di Odeon o dell’Altra Domenica, tra 1976 e 1977. E’ vero, le ho viste. Non avevo ancora l’apparecchio a colori. E ricordo anche le prime apparizioni e recensioni sulla stampa specializzata, sulle riviste per audiofili ai tempi del culto dell’hi-fi, quando, accanto ad un Alan Parsons o ad un ennesimo Pink Floyd, dischi ottimi per testare la nuova puntina o le esoteriche bass reflex, scoprivi uno speciale punk con foto d’ordinanza, in un guazzabuglio mediatico capace di mescolare gli X-Ray Spex ed Elvis Costello, i Boomtown Rats e gli Adverts, i Damned e Patti Smith, gli Skiantos e i Chrisma.
Nel 1975 avevo dieci anni. Nel 1977 dodici: feste delle medie. Per me, davvero, tutto sarebbe cominciato nel 1979. Ma ero nel Sud del Sud dei Santi, lento e meridiano… potevo aspettare.
Per farla breve: in certe, in molte faccende, qui a Bari, bisogna considerare il ritardo medio nazionale e aggiungervi, più o meno, un triennio. Anche se a sentire le testimonianze dal resto dello stivale, in quanto a no future non eravamo poi così indietro…
Insomma, se l’anno seminale del punk, dalle parti di Kings Road — il negozio del Sex, la prima audizione dei Pistols, le prove a Rotherithe, il concerto al St. Martins College of Art, per tacere dei prodromi da New York -, fu il 1975, le cose in Italia cominciarono a muoversi appena nel 1977, a latere del Movimento, quando Londra stava già bella che bru-ciando. Mentre qui, in questo cazzo di capoluogo adriatico, i punk sapiens comparvero soltanto tra ’79 e ’80, fatte le debite, isolatissime, splendide eccezioni.
Vedi ‘ba Sandro, titolare di un negozio di automazioni per ufficio e fotocopie in centro, futuro quartiere generale dei gruppuscoli in crescita (nello scantinato – tipo retrobottega del negozio di fiori del gruppo T.N.T. — si montava il losco complotto), il quale figuro, un incrocio tra Marc Bolan, Rob Tyner e John Belushi, protagonista di un fortunato turismo musicale in Londra e dintorni già dai primi anni Settanta, recava testimonianze viventi dei concerti dei Sex Pistols allo Screen On The Green, dei Suicide al Vortex, degli Stranglers a Battersea Park… e noi, intorno: a boccaper-ta.
Per tacere dei vestiti originali, dei badges, delle borchie, dei crazy colours, delle creepers. Roba che ti sognavi di notte — tu, stilista fai da te, che dopo aver comprato un cinque tasche da Fiorucci, correvi in merceria e ferramenta, per l’adeguato corredo di zip, catene, fibbie e moschettoni -, roba che vedevi taroccata nelle pagine di avvisi commerciali in fondo al New Musical Express grattato all’edicola della stazione – e che casino ordinare quella roba in posta centrale, dove a malapena l’impiegato sapeva cosa fosse un vaglia internazionale! – , robetta esotica, infine, che vedevi esibita da qualche figlio di papà di ritorno dal viaggio-studio in Inghilterra. Il bastardo.
Per certe faccende, qui, il 1977, dico, era un tempo prima del tempo. O un futuro passato: una dimensione virtuale, parallela. Onore a Tani Tiberino, oggi reporter, che esibiva anzitempo connotati up to date. Almeno in foto: componente dei fascistoidi Cani e Porci, con tanto di spilla da balia nella guancia e tutto il resto, “già” nel ’77, a Bari.
Ah!, ‘ba Sandro — occhio pallato e glitterato, agilità obesa intatta e paranoie ballardiane – oggi lo trovi a Londra, nel suo negozio di preziosi vinili a Islington, D.O.C. Music, in fondo alla quieta Chambers Road, vicino alla prigione di Holloway, il negozio che avrebbe ispirato Nick Hornby per Alta fedeltà, dove non è difficile incontrare Suggs dei Mad-ness e altri vecchi compagni. E’ scappato da Bari un secolo fa, ‘ba Sandro, vendendo tutto. Lasciando tutto. Fu lui, nell’agosto 1981, il mio demo-tape fresco fresco in tasca, a portarmi per la prima volta a Londra. In treno.
Avevo sedici anni: vidi Siouxsie, i Meteors e il Last Call Tour degli Anti-Pasti al Lyceum con Zoundz, Vice Squad ed Exploited. Quattro cose buttate nella sacca e la moquettosa stanzaccia a Penywern Road — in quel microlavandino Armitage Shanks la mia prima decolorazione. Vidi tutta la Londra che un comune mortale non avrebbe potuto vedere. E’ diventata la mia seconda casa. O la prima: home is where the heart is. Gli Exploited li avrei ritrovati un anno dopo a Bologna, nei camerini e sul palco del secondo Festival Rock, al palazzetto. Una velenosa bolgia.
Del nome Last Call feci tesoro, battezzando nel gennaio dell’82 la nuova band di Massimo Lala, sciolti i Bloody Riot. Gli omonimi de Roma — i Bloody Riot, intendo – verranno dopo: i baresi, infatti, debuttarono con noi il 31 ottobre del 1980; i romani, invece, più di due anni dopo, con gli abortiti concerti/rissa al Uonna Club del dicembre 1982, eppoi, definitivamente, proprio qui a Bari, al Fireplace, mi pare, con gli stessi Last Call e i Chain Reaction, nel gennaio del 1983!