PULSE
di Danilo Arona
Una lunga e-mail che mi sono trovato in casella pochi giorni fa.
Ciao, Danilo, e scusa il disturbo. Anch’io vivo ad Alessandria e, mentre sto leggendo il tuo libro Cronache di Bassavilla, resto contemporaneamente colpito dall’ondata di suicidi che sta colpendo la città. Ecco in ordine cronologico gli ultimi tre, di cui senz’altro sei al corrente.
Alessandria, 29 agosto. Un uomo di 56 anni si getta dalla finestra della sua casa in via D’Angennes 65, dove abitava con la famiglia. L’uomo si è lanciato nel vuoto, dal settimo piano, compiendo un volo di una trentina di metri. A nulla sono valsi i soccorsi del 118. E’ stato ritrovato steso nel cortile, privo di vita.
Alessandria, 31 agosto. Ragazzo di vent’anni si impicca davanti al computer. Ha lasciato scritto un biglietto in cui sostiene che un terribile bug gli ha mandato in crash tutto il sistema.
Alessandria, 6 settembre. Tragedia all’ospedale cittadino. Una donna di 46 anni, in visita a una parente ricoverata da pochi giorni presso il reparto di chirurgia, si è allontanata improvvisamente dal letto della ricoverata e ha raggiunto la parte alta del monoblocco al settimo piano, gettandosi al suolo e morendo sul colpo.
Si può azzardare una spiegazione che leghi fra loro questi tragici eventi? Magari gli scrittori potrebbero diventare utili in casi del genere. Allora mi sono preso la briga di “usare” un personaggio secondario del tuo libro, lo psichiatra Renato Panizza che ha curato una delle due ragazzine “infettate” da Melissa, e di farlo interagire con una misteriosa ragazza bionda caricata nottetempo mentre fa l’autostop su una strada collinare. Ho immaginato che “Reno” e la bionda (indovina chi può essere?) facciano quello che devono fare due adulti consenzienti. Lei quindi sparisce, in che modo misterioso non importa. E Reno continua la sua vita. Così arriviamo al pomeriggio dell’Epifania, quando verso sera Reno torna a casa dopo aver accompagnato la sua amica Michela al paese dove abita, Campo Ligure. Il loro è di sicuro un rapporto complesso e inespresso, a metà strada fra l’amicizia vera e un mix di affettuoso erotismo. Sono entrambi maturi, quasi coetanei, ma dentro si sentono ancora dei ragazzini un po’ irresponsabili. E’ una conseguenza dell’appartenere, loro malgrado, a quella generazione che a suo tempo ha inteso mandare con le gambe all’aria le relazioni tradizionali, quelle che tra uomo e donna transitano attraverso un “fidanzamento” per concludersi con il matrimonio. In ogni caso per Reno si tratta di un legame perfetto, proprio perché nella sua strana e mutante provvisorietà si coglie quell’ingrediente che più esalta il suo sentirsi sradicato e cittadino di nessun luogo. Forse sarà colpa della sua logorante professione (gli incubi e la psiche non sono proprio dei territori incontaminati) o forse, anzi è quasi certo, è colpa di Bassavilla, ultima landa della certezza.
Posteggiata la motocicletta nel piccolo prato, Reno raccoglie la posta che si è accumulata nella cassetta durante il periodo festivo, quindi spinge la chiave ed entra nella villetta. Accende la luce e, per qualche secondo, come spesso capita ai rientri vacanzieri, l’ambiente di casa gli appare per qualche secondo estraneo. Ma dura pochissimo: un’inesplicabile e inattesa luce bluastra scaturisce dalla camera da letto alla sua sinistra. Con i battiti cardiaci solo un po’ accelerati fa capolino e vede il personal aperto e acceso.
Percorre pochi passi: aperto, acceso e collegato alla rete.
E’ sicurissimo, Reno, di averlo lasciato spento e chiuso. Ma, se c’è lei di mezzo, risulta ormai impossibile lo stupirsene. Sullo schermo in alto si legge l’indirizzo del sito al quale il computer è collegato, http://melissa1999. S’intravede una stranza oscura sullo sfondo della quale transitano ombre indecifrabili e al centro un messaggio su cui si legge:
mi hai tradito
e pochi secondi dopo un flash, come quello delle macchine fotografiche, che parte dal monitor, come se qualcuno dall’altra parte scattasse impossibili fotografie.
Il terrore paralizza Renato Panizza, professione psichiatra. Un terrore occulto, indicibile, irrazionale.
Due giorni dopo, dopo aver telefonato per ore da Campo Ligure a casa e all’ufficio di Reno, Michela, preoccupata, raggiunge la casa dello psichiatra. Vede la moto posteggiata all’interno del piccolo vialetto e suona il campanello sulla strada. Dopo una serie di trilli che all’apparenza sembrano significare che non vi è nessuno in casa, qualcuno dall’interno fa scattare l’apriporta. Michela entra, percorre i pochi metri dell’ingresso esterno e appoggia la mano alla porta per capire se anche questa è aperta. Lo è. Con una certa titubanza, Michela s’introduce nell’abitazione e scorge Reno seduto per terra, al centro del salone, esattamente vestito come il giorno della partenza dalla montagna. Gli si avvicina, mormora il suo nome, ma lui alterna momenti di catatonia ad altri di autentico sconvolgimento. Guardando nel vuoto, alza la mano indicandole lo schermo del personal computer alle sue spalle in camera da letto. Michela non capisce: si alza e va a sbirciare, ma vede solo un salvaschermo che pare una pioggia di meteoriti. Lei chiede spiegazioni ma lui, a sua volta, si alza di colpo dal pavimento ed entra nella stanza da letto, chiudendosi dentro con la chiave. Michela è sconvolta, lo chiama per nome più volte, sente strani rumori – qualcosa di pesante, tipo soprammobile, che cade sul pavimento – quindi una sorta di gorgoglio soffocato. Si spaventa e fa la cosa logica che forse doveva fare da subito: chiama la polizia dal suo cellulare. Cinque minuti dopo arriva una volante con due poliziotti ai quali spiega la situazione. Gli agenti sfondano la porta della stanza da letto. Reno è sul pavimento, morto, con un aguzzo frammento di cristallo fra le mani. Con quel pezzo di soprammobile si è sgozzato da solo, ma prima, usando il suo stesso sangue, è riuscito a scrivere sulle piastrelle
guarda il monitor
I poliziotti chiamano ambulanze e Procura della Repubblica. Poi uno di loro, con al seguito la piangente Michela, va al computer e preme un tasto. Il salvaschermo con le meteoriti che ti vengono incontro sparisce e appare una strana immagine: Reno Panizza che guarda fisso al centro del presunto obiettivo all’interno di quella stessa stanza, con addosso i vestiti dell’ultima volta, come se quella foto con qualche modalità assurda e improponibile fosse stata scattata dall’interno del computer.
La notizia scuote la pigra e sorniona Bassavilla, gettando nello sconforto e nell’angoscia Loris e Susanna Gabrielli che con Renato Panizza avevano iniziato una terapia, molto confortante a giudicare dai primi risultati, a favore della loro figlioletta Sara, oppressa da brutti incubi notturni. Sconforto e angoscia condivisi da centinaia di altre persone in città e dintorni.
Michela è nel frattempo rientrata a Campo Ligure. La sua storia con Reno aveva conosciuto durante la vacanza natalizia un’importante svolta di tenerezza. A Capodanno avevano fatto l’amore e, magari per colpa o per merito dello champagne, a lei era parso di entrare in una fase nuova, meno superficiale o accantonabile rispetto a prima. Adesso tutto è finito, gettato nella spazzatura…
guarda il monitor
E’ notte dopo una lunga giornata da dimenticare. Michela, nella solitudine della sua casa dalle cui finestre s’intravede l’autostrada A 26, accende il computer, ma come si collega alla rete qualche meccanismo insolente e inopportuno, forse un dialer, la indirizza in automatico ad un sito che non conosce e che non ha mai visto.
http://melissa1999
dove si vede una strana e squallida stanza in penombra, delle figure femminili poco decifrabili che camminano lentamente sullo sfondo e un messaggio che gela il sangue nelle vene di Michela:
non dovevi scopare col mio ragazzo
Michela inizia a tremare. Spegne il computer e stacca il cavo dalla corrente. Ma la macchina si accende da sola e si riconnette allo stesso indirizzo. Michela allora esce di casa correndo, salta in macchina e si dirige a tavoletta verso Bassavilla, immetendosi sull’autostrada al casello di Masone.
E’ una notte di gennaio, fosca e nebbiosa. Dopo Ovada l’umidità aumenta, caratteristica climatica della “conca”. Michela corre, l’animo devastato dal dolore e dalla paura. Corre e si avvede troppo tardi, per colpa delle folate di nebbia e delle lacrime, che qualcuno sta camminando al centro dell’autostrada. Nella sua direzione.
Giubbetto rosso, jeans, capelli biondi, occhi di morte.
Michela sterza di colpo, scegliendo in una frazione di secondo se investire quella disgraziata o schiantarsi sul guard-rail. Seconda, fatale e altruistica soluzione: a poche ore dalla morte di Reno Panizza, anche Michela abbandona il pianeta.
Intanto a Bassavilla, parecchie persone, perlopiù giovani, navigatori e navigatrici del web, iniziano a comportarsi stranamente, sigillando porte e finestre con del nastro adesivo rosso e delimitando con questo la stanza di loro in cui è ubicato il computer. Loro, ad amici e parenti, dicono che si tratta della “stanza proibita”, nella quale nessuno – assolutamente nessuno – dovrà mai entrare.
E, dopo qualche giorno, iniziano i suicidi. Non ancora di massa, ma troppi e per forza collegati fra loro. I primi a suicidarsi sono proprio coloro che hanno delimitato gli infissi delle proprie abitazioni con il nastro rosso. Il panico e la disperazione sembrano allora dilagare in città. Quando un notissimo ex-disc jockey che si chiama Bob Orsetti scompare dalla circolazione senza più dare alcuna notizia di sé o rispondere al telefono, alcuni suoi amici si recano a casa sua, riescono a entrare scardinando la porta e scoprono l’uomo impiccato. In preda all’orrore scoprono anche che la porta di una stanza dell’appartamento è stata sigillata con del nastro adesivo rosso e sopra il legno vedono affisso un foglio con sopra scritto “Stanza di Melissa”. Tolgono i sigilli e aprono la porta: dal buio di quella stanza nerissima si materializza una figura femminile – bionda, giubbetto rosso, scalza e grondante acqua – che avanza verso di loro in maniera scombinata e contorta. Gli amici di Bob Orsetti fuggono terrorizzati dalla casa del disc-jockey defunto, mentre a Bassavilla varie copie di Melissa, duplicate in continuazione come un virus, filtrano nel nostro mondo e fanno impazzire la gente. Morale: le “Melisse” utilizzano la rete Internet per materializzarsi e rendersi visibili attraverso il monitor per poi prendere forma nelle stanze proibite da cui vengono liberate ogni volta che qualcuno apre le porte, e da lì si diffondono in tutto il mondo.
Che ne dici? Ci sta con quello che hai inventato tu? Lo so che è un film già visto uscito proprio in questi giorni. Ma io questo spin-off l’ho scritto a maggio. Chi è il bieco suggeritore?
Jerry Dominici