di Wu Ming 1
da L’Unità, mercoledì 9 agosto 2006

ciani_manenti_thumb.jpgNon vengo qui a seppellire Piermario Ciani. E’ già stato fatto un mese fa. Vengo a farne l’elogio. Voglio dire: questo non è un “coccodrillo”. Nessuno si aspettava che Pier, ancorché malato, morisse così presto, e nessuno dei suoi amici avrebbe avuto il cattivo gusto di tenersi pronto un pezzo.
Ho atteso qualche settimana prima di scrivere queste righe. Non sapevo come cominciare. Ogni mia riflessione o “mente locale” partiva dagli immediati dintorni del computer di Pier, e finiva per tornarci, tra pile di riviste e cumuli di materiali. Subito dopo il funerale Emanuela, la sua compagna, ha proposto a noi venuti da lontano di dormire nella casa-studio, per non dover prendere subito un treno o metterci in strada. Abbiamo declinato l’invito. Troppo presto per disturbare le presenze. Io so che non avrei resistito, avrei trascorso la nottata senza chiudere occhio, rovistando nell’aleatorio archivio, scoprendo chissacosa.
Creature magnifiche o mostruose, selvatiche o übertecnologiche, rimangono là, acquattate tra le scartoffie, i floppy vetusti, i cd-rom, le diapo, i negativi, pronte a saltar fuori non appena qualcuno ci affonderà le mani. Lo stesso Pier è in mezzo a quelle creature, primus inter pares, demiurgo democratico e affettuoso. Dal fondo di trent’anni di lavoro creativo e guerriglia culturale, attende senza fretta la “rivalutazione” e la qualifica di artista “di culto”.

Uno dei più versatili artisti grafici e inventori di segni dell’Italia contemporanea – oltreché uno dei più grandi “connettori” tra le diverse scene, i movimenti, le generazioni – è riuscito a essere ovunque, a essere chiunque, a collaborare con tutti, senza mai spostarsi da Bertiolo, provincia di Udine. Nei giorni successivi alla sua morte, in rete sono apparsi tanti testi. Tutti iniziavano col tentativo di “cartografare” la sua attività, di elencare i settori in cui aveva fatto irruzione, contribuendo a farli evolvere, a cambiarli per sempre. Mail-artista, fotografo, grafico, non-musicista, produttore di gruppi punk, architetto di beffe mediatiche, propagatore di miti, fanzinaro, editore, organizzatore di mostre, fondatore del Luther Blissett Project e via così, a obbligata vanvera catalogatoria.
Piermario Ciani (1951-2006) aveva scritto e s’era pubblicato da sé un volume automitobiografico, Piermario Ciani. Dal Great Complotto a Luther Blissett, AAA, Bertiolo 2000. Un libro-oggetto, coi risvolti di copertina tagliabili e trasformabili in segnalibri, e con le pagine che giustappongono testi di varia origine e immagini deformate. Si saltabecca dagli anni in cui Pier fotografava gli esponenti del sottobosco punk friulano (la scena del cosiddetto “Great Complotto”) fino agli exploit dello pseudonimo multi-uso “Luther Blissett” nella seconda metà degli anni Novanta, passando per i tanti progetti in collaborazione e in parallelo con altri due poliedrici artisti e operatori culturali, Vittore Baroni e Massimo Giacon: nel 1980, l’inesistente noise-rock band dei Mind Invaders, che esisteva soltanto nelle recensioni della stampa specializzata; nel 1981, il network transnazionale denominato “TRAX”, i cui partecipanti si chiamavano TRAX 01, TRAX 02 etc., idea ripresa vent’anni più tardi dal mio collettivo (basti vedere com’è firmato questo articolo); per tutti gli anni Ottanta e Novanta, un’intensissima produzione di “arte postale”, opuscoli, messaggi in bottiglia e adesivi. Soprattutto gli adesivi, tanti, da appiccicare in luoghi pubblici o privati, recanti messaggi inattesi, koan, aforismi, sovente prodotti in serie tematiche. Basti pensare alla serie del 1992, “Art is the beginning of something else”, in cui si evidenziava la sillaba “Art” in apertura di parole semanticamente estranee: “ARTiculation”, “ARTillery”, “ARTeriosclerosis”. Addirittura, Pier, Vittore et alii muovevano i fili di un supereroe-marionetta, Stickerman, l’uomo degli adesivi.
Quando, nel 1994, nacque il Luther Blissett Project, Pier vi fece confluire tutte le sue esperienze precedenti, trasformandolo in una grande sintesi della controcultura italiana dal ’77 in avanti. Alcuni suoi progetti mai del tutto avviati vennero “riciclati” e messi in un nuovo contesto, e divennero le basi di alcune memorabili beffe blissettiane. La sua arguzia post-munariana fornì l’input per mille adesivi, cartoline, segnalibri, biglietti da visita. Nel 1995, i muri delle più grandi città italiane si riempirono di sticker creati da una comunità aperta ma prodotti (tutti quanti) nell’officina alchemica di Pier, a Bertiolo. In particolare Venezia fu tappezzata di frecce bidirezionali indicanti, nel nome di Blissett, un arbitrario “percorso psicogeografico”. Altra mini-segnaletica stradale made in Bertiolo: “Strada aperta ad ogni esperienza”, “Strada chiusa per livori in corso”, “Non leggere: passa oltre” etc. Il posto d’onore nel mio cuore lo ha uno sticker con la scritta: “Luther Blissett non accetta scontri ideologici ma soltanto risultati pratici”. Insegnamento che non entra mai nella zucca della sinistra, mai.
Come editore, Pier era un temerario: non aveva nulla da perdere, se non qualche milione di vecchie lire, ogni tanto. Insieme a Vittore, aveva fondato le edizioni AAA, il cui catalogo è senz’altro il più bizzarro nella storia degli ISBN. Accanto a preziosi testi sulle controculture e l’arte underground, ecco libri-oggetto come La morte del libro di tale Erica Moira Pini (anagrammatelo), con le pagine bianche ma sforacchiate da tre proiettili, o La cultura del caos di Mino Cancelli (traduzione autarchica di “Bill Gates”), semplice rilegatura di fogli di scarto raccattati in tipografia.
Nel 2001 Pier aveva avviato un nuovo progetto, sintesi delle sintesi, magniloquente e leggiadro: le FUNtastic United Nations, mappatura di nazioni immaginarie, con la loro lebensraum geografica, la burocrazia, la produzione filatelica etc.
Rileggendo, mi rendo conto che ha poco senso costringere l’ursus honorum di Pier in una riserva faunistica di sei-settemila battute. Mi sono limitato a fare capolino, per un istante, su una produzione e una rete di relazioni che sfida ogni riassunto. Spero che chi ha letto tutto questo si senta stimolato, voglia saperne di più, cerchi di procurarsi l’autobiografia di Pier e altri libri AAA.
Quanto al materiale che in futuro disseppelliremo, lo metteremo in circolazione nel mondo, durante feste senza orario e altre occasioni di regalìa dissipatoria, in stile potlatch. Ciascuna opera ruoterà con il pianeta, intorno a un suo particolare equatore, finché logorìo non la sottragga agli occhi e alle mani dei vivi. Ti saluto, Piermario, senza lacrime da “coccodrillo”. Mandi.

(In alto a destra: Piermario Ciani visto da Guglielmo Manenti, 2006)

Clicky