di Girolamo De Michele
per i dettagli su piazza Alimonda vai all’inchiesta L’orrore in piazza Alimonda, su Pillolarossa
Cosa distingue un bravo cronista da un mediocre cronista? Senz’altro, la capacità di essere nel posto giusto al momento giusto. Il posto giusto è dove gli eventi accadono, o accadranno. Il momento giusto è un minuto prima che gli eventi accadano.
Come fa un cronista ad essere nel posto giusto al momento giusto? In tre modi, in genere. Ha fiuto. Ha fortuna. Ha una soffiata (variante: fa sì che gli eventi accadano: avere una soffiata significa far parte dell’evento, contribuire alla sua realizzazione). Se ce n’è un quarto, io non lo conosco.
Piazza Alimonda, ore 17-17.20: calma piatta. La piazza è decentrata rispetto agli scontri in corso. Qualche decina di poliziotti stazionano. Sembrano in attesa. Un defender dei carabinieri fa strane manovre. Va a posizionarsi a un metro da un cassonetto. Non contro: a un metro. Sembra in attesa.
Poi accade quello che doveva accadere.
Un reparto di carabinieri improvvisamente arretra, trascinando nella piazzetta poche decine di manifestanti al seguito. Gli esponenti delle forze dell’ordine sono almeno il doppio dei manifestanti, e sono armati. Però i carabinieri arretrano, e i poliziotti non avanzano.
Piazza Alimonda, ore 17.27: rumore di spari. Un proiettile trapassa il cranio di Carlo Giuliani.
Ore 17.28: la piazza è stata sgomberata. Un fotografo che scattava foto viene afferrato e picchiato. Un altro viene trascinato con la faccia contro quella di Carlo Giuliani morente. I fotografi non sono graditi.
Strane manipolazioni iniziano attorno al corpo di Carlo agonizzante. Agonizzante, ma ancora vivo.
Una sigaretta gli viene spenta sulle braccia. Un sasso viene spostato. Una ferita gli si forma in fronte: una ferita che sembra provocata da un sasso, che prima non c’era e ora c’è.
Piazza Alimonda, ore 17.38: arrivano tre giornalisti. Sono Toni Capuozzo (con lo spolverino bianco), il suo cameramen con in spalla la cinepresa, e Renato Farina, affannato, con la giacca gialla (clicca qui per l’ingrandimento). Non è molto distante dai due colleghi, senz’altro più agili e veloci: si direbbe che sia partito per primo, e che sia appena stato sorpassato. Questi giornalisti sono evidentemente graditi: possono rimanere.
Anzi.
Ora che sono arrivati, può iniziare l’ultima sceneggiata: il vice-questore Lauro che urla “L’hai ucciso tu col tuo sasso” all’indirizzo di un solitario manifestante (nella foto, Lauro è l’ultimo in alto a destra, qui l’ingrandimento, qui il filmato).
Sembra convincente: come se sapesse di essere ripreso.
Fanno così gli ultras fuori dagli stadi: aspettano di vedere il led che segnala l’accensione delle telecamere, e poi partono all’attacco: quando sono certi di essere ripresi.
“L’hai ucciso tu”, urla il vice-questore.
Il cameramen riprende.
Renato Farina (in alto al centro con la giacca gialla) si disinteressa: è quasi di spalle, ha in mano un telefonino. Guarda il telefonino: sta per usarlo, o lo ha appena usato.
Sono passati non più di 10 minuti dallo sparo, la notizia non è ancora pubblica, piazza Alimonda non è al centro degli scontri. Eppure Renato Farina è lì, al momento giusto. Come uno che ha fiuto. O uno che ha culo. O uno che ha avuto una soffiata.
Renato Farina, il vice-direttore di “Libero”. La fonte “betulla” del SISMI, secondo alcuni magistrati.