di Enzo Melandri
qui la prima parte
6. Noi dobbiamo contare sul fatto che l’uomo non è solo macchina, ma anche coscienza, e che questo solo fatto pone sempre un’ulteriorità non riducibile. L’alternativa democratica è immensa, anche perché possiamo contare sul fatto che l’uomo ha delle incalcolabili risorse d’incazzatura memore e tenace. Ho già accennato al fatto che il totale collettivo degli addendi è sempre minore della sua somma. Come avviene invece che in altri casi si dica di solito proprio il contrario, cioè che il totale è superiore alla somma? Si vedrà che in tali casi il criterio moltiplicativo (del totale oltre la sommatoria) è quello della rilevanza, ossia della concentrazione su un paradigma dotato di senso autonomo rispetto alla dispersione casistica. Si può di qui ricavare una regola generale d’induzíone a quel che nel nostro senso appare come il democratico? E vogliam dire di un totale che come senso è superiore alla somma?
In tutte le rivoluzioni degne di questo nome c’è sempre stata una minoranza che quanto a senso ha rappresentato la maggioranza. Ma è ben difficile teorizzare questo senza investire una qualche dittatura di una funzione di rappresentaza democratica, e dopo le tante storie giuste o disoneste di questo nostro secolo è ben difficile influire sull’opinione pubblica televisivamente educata e invitarla a riflettere criticamente su tanto incerti concetti. Secondo me dobbiamo agire più trasversalmente, contando sull’accumulo di certe contingenze.
7. Che conclusione si dà, nella pratica? L’alternativa democratica, che può e anzi deve avere un avvenire avanti a sé, si suddivide abbastanza naturalmente in un programma minimo e cioè riformistico e in uno massimo e cioè rivoluzionario. Il minimo registra tra gli estremi della sua affabile mediocrità non solo il marxismo umanistico o il cristianesimo sociale ma anche il liberalismo del “welfare state” o del mercato truccato a scopi umanitari. E massimo è quello rivoluzionario, di certo non riduttivo a cose fatte o fors’anco mal fatte, ma sicuramente al di fuori delle vie sperimentate come sicure ma altresì anche come deludenti. Deve certamente esistere un rapporto interscambievole tra il minimo riformistico, rispettoso delle leggi già date, e il massimo rivoluzionario che volendo darsi nuove leggi considera immorali gran parte di quelle vigenti come tali. Considerato nel suo divenire, il confine tra il legittimo e l’illegittimo è fluttuante, e non c’è dubbio che un’interpretazione progressistica favorisca un’etica aperta al non ancora legittimo ma prevedibilmente tale nel futuro. Ora però questa relativizzazione della legalità provoca una diminuzione dei poteri legittimanti: legislativo, giudiziario, esecutivo. In che modo il potere statale, minacciato di depotenziamento, reagisce alla tendenza di depenalizzazione e incivilimento che è propria di tutta la evoluzione del diritto moderno? Il potere-impotente reagisce con una violenza intellettuale-morale che, sebbene ineffettíva a mutare l’andamento a breve o lungo termine delle cose, stabilisce momentaneamente una linea di rispetto della concessione data. Forse non ci sono teoremi definiti di questo potere, ma di certo si danno molti e indefiniti calogeroemi. La meccanica di un “calogeroema” è quella definita al punto 4. Non credo che qui occorra insistervi.
8. Sugli effetti del calogeroema si veda come hanno “conciato” Negri. Se lui si butta sul minimo, forse si salva ma per condannarsi alla perpetua insignificanza. Come se dicesse: si, ho sostenuto questo e quest’altro ma… scherzavo! Se invece si butta sul massimo, vien condannato pur beatificandosi come santo o martire. Ma in Italia non abbiamo altro che santi e martiri di tutte o quasi le fedi del mondo, e sappiamo benissimo quanto poco contino queste pur tragiche testimonianze, e quanto invece la chiesa cattolica ci abbia resi “senza religione e cattivi”! Il calogeroema stabilisce una netta linea di demarcazione tra minimo e massimo, senza gradazioní o transizioni che non siano quella della via d’un ritorno pentito. Sconcia alternativa, tra l’essere in o out rispetto a un taglio di legittimità democratica che è ancora tutto stabilire.
9. Concludere in qualche modo sarà pur necessario. L’alternativa democratica è praticabile in varie modalità del minimo, come i diritti dell’uomo e del cittadino secondo le esagitazioni più sprovvedute politicamente dei radicali, o le prospezioni del “partito verode” giustamente preoccupato da considerazioni ecologiche e d’inquinamento, o infine i più meditati e urgenti motivi d’intervento politico che muovono l’odierno “movimento per la pace”. Sono pur sempre cose minime, ma da cui occorre partire per rimuovere l’interdetto che pesa su chi voglia procedere verso quelle massime. Direi che non è necessaria la rivoluzione nel senso che ci rimproverano i reazionari pensando che noi siamo assetati di sangue. Ma è importante ricordarsi il senso che aveva, e cioè ricostruirne obiettivamente il significato di cambiamento radicale.