di Marco Campi
[Qui la prima puntata]
Lenta ed inesorabile scorre, giorno dopo giorno, l’agonia di New York.
I danni provocati dall’attentato alle centrali idroelettriche appaiono subito molto gravi. Una riparazione in breve tempo, da una prima ispezione con gli elicotteri, viene giudicata impossibile.
I primi specialisti giunti sul posto, alle cascate del Niagara, saltano in aria sulle mine. Tutta la zona intorno alle centrali distrutte è disseminata di ordigni. Invisibili, mimetizzati con l’ambiente, fabbricati in plastica e non rilevabili coi metal-detector.
La riparazione degli impianti inizia con molto ritardo, per scoprire che all’interno vi sono collocate molte trappole esplosive.
Nel frattempo, prive di energia elettrica, New York, Cleveland e Detroit sprofondano nel baratro.
Manca l’aria condizionata, le scorte di cibo, senza frigoriferi e congelatori, si deteriorano rapidamente.
La calura di luglio, tra l’asfalto delle strade ed il cemento dei grattacieli, rende le città invivibili. Ma è la mancanza d’acqua a rendere la situazione drammatica. Generatori d’emergenza riescono a far funzionare le pompe di sollevamento degli acquedotti per il primo giorno, poi esauriscono il combustibile.
Impossibili i rifornimenti, nelle strade intasate dalle auto abbandonate.
Si tentano rifornimenti con gli elicotteri, ma è una goccia nel mare.
Per la mancanza d’acqua si muore, per l’acqua a New York si uccide.
Nei magazzini dei supermercati, per strada, tra vicini di casa. Le tre città del nord-est sono ormai un gigantesco “far west”. I morti per caldo, stenti, sparatorie, si contano ormai a migliaia.
Dopo giorni di frenetico lavoro, alcune linee di energia elettrica vengono riattivate.
L’illusione dura lo spazio di poche ore. Due giganteschi trattori imbottiti di esplosivo fanno saltare un traliccio dell’alta tensione.
New York riprecipita nell’incubo.
– Truppe speciale russe, gli Spetznatz, stanno compiendo incursioni sulle montagne della Georgia, al confine con la Cecenia. Catturate alcune spie appartenenti ad un ufficio riservato della C.I.A. . Servivano da supporto logistico e militare, copertura e finanziamento, in appoggio alla guerriglia islamica cecena. Proteste del governo di Washington per la violazione dei confini georgiani, paese amico degli U.S.A. . –
– Convocazione straordinaria, all’Havana, dell’O.S.A., l’Organizzazione degli Stati Americani. Presenti i nuovi capi di stato latino-americani, assenti le delegazioni di Stati Uniti e Canada. Nuovo segretario dell’Organizzazione, eletto per acclamazione, il leader cubano Fidel Castro. –
– Incursione degli Spetznatz, unitamente a reparti cinesi ed indiani, sul confine tra Afghanistan e Pakistan. Mobilitati migliaia di uomini, conquistati i santuari del terrorismo islamico. Catturato Bin Laden. Insieme ai suoi fedelissimi arabi, anche agenti di una sezione riservata della C.I.A. . Esperti informatici indiani stanno decodificando le informazioni contenute nei computer. –
– Video shock di Bin Laden, trasmesso in mondovisione. –
La confessione — intervista di Bin Laden viene trasmessa anche alla radio, al termine del notiziario. Nel campo delle F.A.R.C. l’emozione è palpabile e si decide di prolungare l’ascolto.
– Sono Bin Laden, della nobile famiglia degli sceicchi d’Arabia. Ho guidato l’Islam tradizionalista nella sua lotta alla cultura atea e materialista del mondo occidentale. In questo ambito ho concepito alleanze ed azioni per riportare l’Islam alla sua nobile origine. Per rinforzare lo spirito del suo popolo, nella battaglia contro gli apostati. I peggiori nemici della riscossa dell’Islam erano, e sono tuttora, i governi laici e moderati dei paesi arabi. Portatori della stessa ideologia atea e modernista del mondo occidentale. Provocare una occupazione militare straniera in terra araba era quindi auspicabile. Per rovesciare quei governi e sollevare le masse arabe contro l’Occidente. Non più visto come un modello da imitare, ma come un sanguinario e brutale occupante.
Un’alleanza nascosta con i settori più cupi del mondo occidentale, in primis degli Stati Uniti d’America, ha permesso l’attuazione degli attentati
dell’ 11 settembre 2001, alle Twin Towers di New York.
I vantaggi di questa innaturale alleanza. Agli Stati Uniti il dominio sul mondo, tramite il controllo degli ultimi decenni di disponibilità di petrolio. Alle compagnie petrolifere americane ed alla monarchia Saudita, i guadagni del rialzo dei prezzi del greggio. Provocato da loro ad arte.
Ad Al Qaeda, l’egemonia politico-militare della lotta all’occidente.
Una guerra di secoli e generazioni, progettata e proiettata nel tempo.
I piloti degli aerei dell’ 11 settembre non erano neppure a conoscenza del reale obiettivo dell’azione. Pensavano di fare un volo dimostrativo sulla città, tra i grattacieli, ed atterrare all’aeroporto Kennedy di New York.
Non erano capaci di pilotare alcunché; avevano frequentato una scuola di volo come copertura. Gli aerei erano diretti in volo da un programma computerizzato, integrato da un controllo manuale: gestito da terra, via radio, da piloti della C.I.A. . Infatti nessuna manovra manuale, anche di espertissimi piloti, avrebbe consentito di colpire esattamente al centro i grattacieli delle Torri gemelle.
Molti si meravigliano della nostra alleanza con il Satana americano ed il suo falso presidente Bush. Basterebbe poca memoria per ricordare…. le teorie staliniane del social-fascismo. Le socialdemocrazie riformiste considerate più dannose, per la rivoluzione comunista, dei regimi dittatoriali fascisti. L’instaurazione di una dittatura e la sua conseguente repressione brutale contro le classi proletarie avrebbe creato una situazione favorevole alla rivoluzione. Ben più di un regime riformista e disposto al dialogo ed a trattative. La storia gli ha dato ragione. Hitler e Mussolini hanno permesso l’espansione della rivoluzione bolscevica in mezzo mondo. L’invasione occidentale del Sacro Suolo dell’Islam innescherà lo stesso processo.
Alle lobby petrolifere americane serviva un forte impatto emotivo sull’opinione pubblica, un attentato spettacolare che non provocasse alcun danno economico. La vita media dei grattacieli di New York è di 30 anni, le Twin Towers erano state costruite già da 29 anni. Vi perirono 3500 persone, ma economicamente, cinicamente, si trattava soltanto di bocche in meno da sfamare. Ben diverso, come procurato danno, se gli aerei avessero colpito la centrale nucleare del New Jersey, situata alcuni minuti di volo prima di New York. Altrettanto, le centrali idroelettriche delle cascate del Niagara. I danni inferti, in tali casi, sarebbero stati molto seri. Serviva invece solo un atto spettacolare, mass-mediatico, un forte impatto emotivo per zittire qualsiasi opposizione ed avere mano libera nell’assalto ai magazzini mondiali del greggio.
Il falso Presidente Bush: entrambi le sue elezioni furono fraudolente.
La prima, con la cancellazione di migliaia di iscritti dalle liste elettorali.
La seconda, con un imbroglio informatico. Le elezioni americane sono totalmente computerizzate, gestite da società informatiche legate al partito repubblicano. Sono stati aggiunti, abusivamente, tre milioni di voti, tutti a favore di Bush. Per questo, le elezioni presidenziali del 2004 hanno registrato tre milioni di elettori in più, rispetto alla precedente consultazione. Chi non vota, negli U.S.A., sono i poveri, più propensi ai democratici. Tre milioni in più di reali elettori avrebbero dato la vittoria a Kerry, non a Bush.
A chi meraviglia l’alleanza di Al Qaeda ed i petrolieri U.S.A., ricordo l’ascesa al potere di Khomeini in Iran. Il regime dello Scia di Persia era forte e stabile: godeva di un vasto sostegno popolare. Chi ha sostenuto e finanziato la rivoluzione islamica iraniana..? Se non la C.I.A.!?
Agli Stati Uniti serviva destabilizzare l’area medio-orientale, fortemente strategica per il petrolio.Dopo lo “shock” petrolifero degli anni settanta e l’aumento dei prezzi imposto dai paesi produttori dell’O.P.E.C. .
Per questo gli americani lasciarono frettolosamente il Vietnam, per prepararsi ad intervenire nel ben più strategico medio-oriente. Se fosse stato diversamente, Khomeini, esule a Parigi, avrebbe fatto la fine di Ben Barka, non sarebbe rientrato trionfante a Teheran. Destabilizzare l’area serviva a preparare l’intervento militare diretto degli U.S.A., nel decennio successivo. – .
– Chi era Ben Barka? – , sfugge detto a Pablo, il più giovane del gruppo guerrigliero.
Gli sguardi si dirigono verso Julio Cesar e Marcos, seduti vicino.
– Un dirigente della Tricontinental, insieme a Che Guevara; l’organizzazione dei popoli di Asia, Africa ed America Latina. Marocchino, esule a Parigi, venne assassinato. Si pensava dai servizi segreti del re del Marocco, col tacito assenso di quelli francesi. Oggi è risaputo che furono direttamente gli agenti francesi ad ucciderlo. – , spiega Marcos.
L’attenzione ritorna subito alla radio ed alle parole di Bin Laden.
– Il progetto dell’attacco all’Iraq risale al 1998. L’anno seguente, i nostri finti piloti si iscrissero alle scuole di volo. In un protettorato U.S.A. nel Golfo, il Bahrein, venne creata la televisione “Al Jazeera”. Doveva servire a legittimare l’esistenza del nuovo nemico dell’Occidente, l’Islam ed il terrorismo. I video di Al Qaeda non potevano certo essere trasmessi dalla CNN o da altre reti americane. “Al Jazeera” serve sia al fondamentalismo islamico che all’impero americano. In caso diverso, gli Stati Uniti l’avrebbero già chiusa da un pezzo. Nella guerra contro la Yugoslavia, nel 1999, hanno bombardato la televisione di Belgrado! Figuriamoci in Bahrein; vi si tenevano le conferenze stampa dell’esercito americano, durante l’invasione all’Iraq. Se fosse stata realmente scomoda, per chiuderla erano sufficienti due marines; anzi, bastava una telefonata.
Oggi l’integralismo islamico, da solo, non rappresenta pericolo alcuno.
Il compito di Al Qaeda è di gettare i semi della riscossa araba e islamica, che giungeranno a maturazione tra vent’anni. La nostra visione è in una prospettiva di secoli, gli americani ragionano solo per obiettivi contingenti ed immediati.
Da qui, la nostra reciproca convenienza di una temporanea alleanza.
Tra vent’anni i pozzi petroliferi del Medio Oriente saranno esauriti e l’area priva di interesse strategico. A quell’epoca saremo pronti; se lo ricordino, i nostri nemici sionisti d’Israele. La spianata delle moschee di Gerusalemme non si tocca; è il terzo luogo santo dell’Islam, “Il Nobile Recinto Sacro”.
Non riusciranno mai, a costruirvi il nuovo tempio ebraico.
In Iraq oggi Al Qaeda agisce di rado, le autobombe sono della C.I.A. e del Mossad israeliano. Parcheggiate e radiocomandate da mercenari, non di attentatori suicidi. Servono ad innescare una guerra civile ed espellere pacifisti e giornalisti indipendenti. Fiaccano la resistenza popolare contro l’occupazione, per dominare meglio l’Iraq.
Ben ci guardiamo dal contrastarli: preparano il terreno ideale alla nostra penetrazione ideologica futura.
Allah-u Akbar! Allah è grande! – .
Un silenzio pietrificato segue le parole di Bin Laden, per alcuni minuti nell’accampamento si odono solo i rumori della selva. Il vento tra le foglie, il grido stridulo degli uccelli notturni. Gli sguardi interrogativi si puntano su Marcos, sul suo reale ruolo in Colombia, i contatti internazionali delle F.A.R.C. .Chi è realmente l’argentino? Compatriota di quell’Ernesto Che Guevara, artefice con Fidel Castro della rivoluzione cubana.
Oggi, Fidel è il nuovo segretario dell’ O.S.A., l’organizzazione che raggruppa tutti gli stati del continente americano.
Dalla chitarra di Pablo escono le note di una canzone che tutti conoscono ed iniziano a cantare in un coro sommesso, “Comandante Che Guevara”.
La riunione del Consiglio di Sicurezza dell’ O.N.U. non potrà svolgersi nell’ormai storica sede del “Palazzo di vetro” di New York.
La metropoli è immersa nel caos più totale.
La corrente elettrica è stata ripristinata, ma serve solo ad illuminare l’abisso.
Viene stilato un primo bilancio approssimativo, nell’ordine di centinaia di migliaia di vittime. Per fame, sete, incendi, scontri armati. Le auto abbandonate nelle strade bloccano ancora le arterie della grande metropoli. I soccorsi ed i generi alimentari arrivano con gli elicotteri, ma in una quantità insufficiente. Il grosso della flotta aerea è militare ed è impegnato all’estero.
Inizia la rimozione delle auto, per permettere i trasporti via terra; ma per le autogrù si prospetta un lavoro infinito.
La sede dell’ O.N.U. viene spostata a Ginevra, in Svizzera; ove nacque, tra le due guerre mondiali, la Società delle Nazioni.
La riunione del Consiglio di Sicurezza si svolge nella città elvetica.
L’originaria convocazione, su richiesta di Russia, India e Cina, prevedeva all’ordine del giorno la situazione all’interno degli Stati Uniti d’America. Con particolare riferimento alla sicurezza degli impianti nucleari, sia militari che civili, e la questione dei diritti umani.
Ora, vi si aggiunge d’imperio la valutazione della nuova situazione internazionale, dopo la cattura e le dichiarazioni di Bin Laden.
Un breve dibattito e viene messa ai voti la proposta della Germania, nuovo membro permanente del Consiglio di Sicurezza: l’invio di un contingente militare di “Caschi Blu” dell’ O.N.U., sul territorio degli Stati Uniti d’America.
1) Per garantire la sicurezza dei siti nucleari, alcuni dei quali in mano alle milizie indipendentiste ariane.
2) Evitare possibili catastrofi atomiche, come quella sfiorata nel New Jersey.
3) Garantire il rispetto dei diritti umani per i detenuti e tutte le minoranze etniche presenti negli U.S.A. .
Russia, India, Cina ed Unione Europea offrono la disponibilità delle loro truppe.
La risoluzione O.N.U. elaborata dai tedeschi viene approvata all’unanimità, con la sola astensione della Gran Bretagna.
Assente il rappresentante diplomatico degli U.S.A., bloccato all’aeroporto dalla guardia di frontiera svizzera. Sottoposto ad un minuzioso controllo antiterrorismo, giustificato dalle parole di Bin Laden.
L’ambasciatore americano riesce a raggiungere la nuova sede dell’ O.N.U. a votazione già avvenuta, senza poter esercitare il suo diritto di veto.
– Governo militare negli Stati Uniti d’America. Il potere viene assunto direttamente dallo Stato Maggiore dell’esercito. Con l’approvazione del dimissionario presidente Bush. Un compatto voto favorevole del Parlamento suggella la legittimità del nuovo esecutivo.
Primo atto del nuovo governo, il rigetto della risoluzione O.N.U. di Ginevra. Minacce dell’uso del pugno di ferro contro le sollevazioni razziali ed indipendentiste interne agli U.S.A. .
Nel nuovo “direttorio” costituito dalle Forze Armate, nessuna presenza nera ed ispanica. Forte appello all’unità nazionale, all’orgoglio ed allo spirito della nazione americana. –
– Nuova convocazione a Ginevra del Consiglio di Sicurezza dell’ O.N.U. .
Non viene riconosciuta la legittimità del governo militare degli U.S.A. .
La Cina propone sanzioni economiche contro gli Stati Uniti, per attuare la precedente risoluzione del Consiglio di Sicurezza. In caso di reiterato rifiuto americano, chiede l’embargo economico totale verso gli U.S.A. .
Coercitivo ed obbligatorio per tutti gli stati membri dell’O.N.U. .
Approvata a maggioranza la Risoluzione cinese, con l’unica astensione della Gran Bretagna. Voto contrario degli Stati Uniti, che esercitano il diritto di veto.
Il Consiglio ritiene non valido il veto americano, in quanto espresso dal rappresentante di un governo considerato illegittimo; esercitato da una nazione verso cui la sanzione si applica, quindi diretta parte in causa.
Un nuovo voto riconosce la legittimità dell’interpretazione della normativa.-
– Russia, Cina, India ed Unione Europea dispongono l’utilizzo dei rispettivi eserciti per il rispetto dell’embargo decretato dall’O.N.U. . –
– Difficoltà immediate di rifornimento per tutte le basi americane dislocate nel mondo. –
– Pesanti scontri etnici all’interno del contingente militare americano dispiegato in Iraq. –
– Minacce di rappresaglie nucleari americane a quei paesi che applicano l’embargo contro gli Stati Uniti. –
– La flotta oceanica sottomarina russa, di nuova concezione, annuncia il suo schieramento al largo delle coste americane. Dispone di un potenziale distruttivo composto da testate nucleari multiple. In grado di radere al suolo, nel giro di mezz’ora, le principali 500 città statunitensi. –
– Bellicose dichiarazioni di Israele verso i Paesi Arabi. –
– Riunione d’emergenza della Lega Araba; approvata una durissima dichiarazione. Nell’eventualità di un ricorso ebraico all’arma nucleare, lo stato di Israele sparirà dalla faccia della Terra nel volgere di una generazione. –
– Collasso dell’economia e del sistema produttivo negli U.S.A. .
Proseguono i disordini razziali e le dichiarazioni d’indipendenza.
Si polverizza la struttura statale; al suo posto, tante realtà locali ed autonome. –
– Travolto dagli scontri interetnici, si arrende alla guerriglia l’esercito americano in Iraq. –
– Si dimette il governo militare degli Stati Uniti. A sostituirlo, un esecutivo civile; costituito da rappresentanti dei partiti Democratico e Repubblicano.
Gli U.S.A. accettano l’applicazione di tutte le Risoluzioni dell’O.N.U. . –
– Un gigantesco ponte aereo inizia a trasportare negli U.S.A. un milione di soldati dei “caschi blu” dell’O.N.U. . Il governo americano si impegna a collaborare per il loro dispiegamento su tutto il territorio degli Stati Uniti d’America. –
– L’Assemblea Generale dell’O.N.U. riconosce legittimità internazionale ai nuovi stati sorti all’interno degli U.S.A. . Incluso quello, “a pelle di leopardo”, dei Black Muslims. –
Il gruppo guerrigliero delle F.A.R.C. abbandona la base segreta nella selva.
Di “Plan Colombia”, non se ne parlerà per un bel pezzo!
Il nuovo governo colombiano ha avviato trattative con la guerriglia.
Proponendo una sua partecipazione alle nuove strutture amministrative e di governo.
Marcos decide di rientrare in Argentina: l’ ”Operazione Zama” è conclusa.
La sua presenza in Colombia ormai è superflua.
In fila indiana, a cavallo, gli uomini della guerriglia rientrano verso le zone abitate. Avanzano lentamente, sui sentieri appena segnati. Tra gli alberi secolari della foresta tropicale e nell’erba alta delle radure.
Marcos e Julio Cesar chiudono la colonna, cavalcando fianco a fianco.
– Siete stati voi a compiere gli attentati di New York, Marcos? – , chiede Julio Cesar all’argentino.
– Per le informazioni di cui dispongo, ritengo di si. New York è stata l’Adrianopoli dell’impero americano. – , risponde Marcos.
– Cos’è “Adrianopoli”? – .
– Una battaglia della storia antica, in Europa. La prima importante sconfitta, nel 378 dopo Cristo, dell’impero romano. Fu ad opera di una tribù barbarica, i Goti. Segnò l’inizio della fine, del dominio di Roma sul mondo. – .
– Zama, invece, … . Perché la vostra “operazione”, l’avete chiamata così! – .
– Appartiene sempre alla storia antica romana, due secoli prima di Cristo. Le due superpotenze dell’epoca, Roma e Cartagine, si contendevano il dominio sul Mediterraneo, centro del mondo allora conosciuto.
Il generale cartaginese Annibale portò la guerra in Italia, sconfiggendo ed umiliando l’esercito romano. Vinse le importanti battaglie sulla Trebbia, al Trasimeno, a Canne. Anziché affrontarlo nuovamente in Italia, il generale romano Scipione, poi detto l’Africano, sbarcò in Nord Africa.
Minacciò direttamente Cartagine.
Annibale dovette rientrare in fretta in patria, per difendere la sua città.
La battaglia decisiva avvenne a Zama, dove Scipione sconfisse Annibale. La vittoria di Zama spalancò ai romani secoli di dominio incontrastato sul Mediterraneo. – .
– Come mai sei così ferrato in storia romana, Marcos ? – .
– L’abbiamo studiata, Julio Cesar. Gli Stati Uniti hanno centinaia di esperti che studiano la storia dell’impero romano. L’impero U.S.A. è molto simile, perché vive, come l’antica Roma, delle ricchezze e dei beni che provengono dall’estero. La studiano, per evitare di commettere quegli stessi errori che ne determinarono la fine. Forse sarebbe meglio dire, che la studiavano! Anche noi abbiamo studiato l’impero romano, ma per distruggerli. – .
– E’ il caso di dire che gli allievi hanno superato i maestri. – .
– Fai dell’ironia, Julio Cesar? – .
– Un milione di morti, Marcos, avete fatto, tra New York, Cleveland e Detroit. L’hai sentito, ieri sera, nell’ultimo notiziario!? Quasi tutti civili innocenti, poveracci, gli strati più poveri della popolazione. Per fare due milioni di morti, in Vietnam, i gringos hanno impiegato dieci anni di intervento militare. – .
– I morti per fame in America Latina, nelle nostre economie depredate da decenni.. ? Le dittature militari imposte con la forza dalla C.I.A. e dai “berretti verdi”, Pinochet, i generali argentini, l’America Centrale… ! – , risponde Marcos con voce alterata.
– Non so ora cosa succederà, dopo questo capovolgimento mondiale. Ma penso niente di buono. Non credo nemmeno che sia tutta opera vostra. Non ho fatto vent’anni di guerriglia, Marcos, per costruire un mondo peggiore di prima. Tu … .- .
– E’ una domanda che mi sono posto anch’io, Julio Cesar. Trent’anni fa, ed anche ora. – .
– Cosa ti sei risposto, Marcos? – .
– Difendo la mia gente, la nostra identità comune. Nient’altro! – .
Il gruppo a cavallo si ferma, per attraversare il guado di un torrente.
Marcos accarezza dolcemente il suo cavallo, per indurlo a posare i piedi nell’acqua.
– Se avevi di questi scrupoli, Julio Cesar, dovevi fare il prete, non il guerrigliero. – .
– Ricordati di Camilo Torres. In Colombia, anche i preti sono
guerriglieri. –
Poi, uno dopo l’altro, i cavalli entrano nel guado, tra le basse acque del rio.
– I signori passeggeri sono pregati di allacciare le cinture e di collocare lo schienale del sedile in posizione verticale. Tra circa trenta minuti atterreremo all’aeroporto internazionale Eseiza di Buenos Aires. Il tempo è soleggiato, la temperatura al suolo è di 12 gradi. – .
La voce suadente della hostess ridesta Marcos dal torpore del viaggio.
Il controllo doganale è veloce, anche i poliziotti sono in festa. Uno sguardo distratto al passaporto, un ampio sorriso : – Buenos dias, bienvenido. – .
Afferra il bagaglio e si dirige con passo elastico al parcheggio dell’aeroporto. Il periodo trascorso nella selva colombiana gli ha ridato resistenza fisica e tono ai muscoli.
Il suo abituale parcheggio, da anni, dove ha sempre lasciato l’auto in custodia durante i viaggi aerei. Le prime persone conosciute che rivede, dopo tanti mesi! Il dolce suono della lingua del suo paese, non più lo spagnolo con l’accento colombiano.
Il ragazzo del parcheggio si offre di andargli a prendere l’auto, parcheggiata molto distante dalla sbarra di uscita.
Pochi minuti, ed una deflagrazione scuote l’aria. Marcos corre in direzione dell’esplosione; la sua auto è saltata in aria e sta bruciando.
Una bomba, collegata alla chiave dell’accensione. Gli spiace moltissimo per il ragazzo, quella bomba era destinata a lui.
Inutile trattenersi sul posto, inutile e pericoloso. Marcos rientra sulla strada principale, con la mano chiama un taxi di passaggio.
– Al centro di Buenos Aires. – , dice rivolto al taxista, mentre si siede sul sedile posteriore.
Un breve percorso a piedi nel centro, quindi un altro taxi per la zona del porto. Prende alloggio in un quartiere malfamato, in una “Casa per uomini di mare”. Un ostello puzzolente ed equivoco, dove non ti chiedono nulla, se non il pagamento anticipato della camera.
Il giorno successivo, di buon mattino, cappello calato sugli occhi, Marcos raggiunge la sede della loggia massonica di Buenos Aires.
La targa sul portone, dell’impresa edile che ne faceva da copertura, non esiste più! Al suo posto, il cartello di un’agenzia immobiliare, “Affittasi”.
Marcos si chiude in una biblioteca, dove trascorre l’intera giornata.
Giorno per giorno, mese dopo mese, scorre le pagine locali del quotidiano di Buenos Aires.
Tutti i fratelli della sua loggia massonica sono morti! Alcuni di morte violenta, attentati o rapine, altri in sospetti incidenti d’auto.
Tutti tranne uno, Carlos, il capo della loggia. Ma Carlos non lo conosceva nessuno, era stato imposto dall’alto; la sua vera identità era ignota.
Marcos rientra nella squallida stanza della bettola dove risiede.
Osserva, in lontananza, le gru caricare i containers sulle navi, i tavolini del bar lungo le banchine del vecchio porto.
– Troppo pericoloso restare a Buenos Aires, – pensa – devo andarmene. – .
Il “buquebus”, l’ aliscafo per Montevideo; salpa tutti i giorni dal porto di Buenos Aires ed attracca nella capitale dell’ Uruguay, sull’ altra sponda del Rio de la Plata.
Sulle banchine, la solita calca! Per la libertà appena conquistata, un po’ di gioia in più. Ma non per Marcos.
Da Montevideo, un autobus lo porta a Punta del Este, la località balneare sull’oceano Atlantico.
Una breve passeggiata a piedi e giunge al residence “Las Americas”.
Marcos entra dal cancello posto sul giardino, senza attraversare l’atrio principale della reception. Raggiunge l’ingresso secondario di un piccolo appartamento e digita il codice d’apertura, sulla tastiera della porta.
La serratura scatta, consentendo a Marcos di entrare all’interno.
Aveva comprato tanti anni prima quell’appartamento, coi soldi ricevuti dal padre. Un regalo, per il brillante punteggio conseguito nella maturità liceale.
Per l’acquisto, aveva usato la sua falsa identità uruguaiana, coi documenti procuratigli dai guerriglieri Tupamaros.
Un’identità sicura, d’un giovane, proveniente dalle campagne, deceduto dopo essere stato investito da un’auto. Nessuno ne avrebbe mai chiesto notizie. I Tupamaros, infiltrati in ogni struttura, ne avevano occultato il corpo. La sua carta d’identità denunciata come smarrita.
Il duplicato in sostituzione portava la foto di Marcos!
Aveva scelto di acquistare a Punta del Este, località turistica frequentata dall’élite uruguiana e sudamericana.
Il residence “Las Americas” era molto discreto, costruito e gestito per garantire anonimato a proprietari e frequentatori.
Entrate secondarie con codice segreto, lontane da sguardi indiscreti.
Luogo tranquillo, per incontri riservati anche ad alto livello; o per portarvi le amanti.
Informazioni utilissime, per i Tupamaros!
Marcos entra ed alza la cornetta del telefono. Digita il codice personale per disinserire l’allarme; una luce rossa, che l’apertura della porta ha acceso in reception.
Aveva sempre mantenuto quell’appartamento, Marcos, anche dopo la sconfitta e l’annientamento dei Tupamaros. L’identità era sicura, difficile da scoprire.
La polizia cercava i guerriglieri in luoghi ben diversi, da Punta del Este!
I costi di gestione venivano addebitati su un conto corrente, sul quale Marcos effettuava bonifici bancari dall’Argentina.
La sua seconda vita, un’identità mai rivelata ad alcuno, nemmeno ai suoi familiari.
Digita la combinazione di una piccola cassaforte, sistemata a parete, e ne estrae alcuni piccoli pacchi.
Un’inutile pistola con relativi proiettili; i suoi documenti d’identità uruguaiani, periodicamente rinnovati, diecimila dollari in contanti.
Le ricevute di un conto cifrato aperto in una banca svizzera, nel paradiso fiscale tropicale delle isole Cayman.
Una saggia cautela, per le incognite della vita!
Dalla finestra aperta entra la brezza dell’oceano ed il rumore del mare.
Marcos si siede sulla poltrona e rivive gli avvenimenti di trentacinque anni prima. Montevideo, l’estate del 1973: la repressione dell’esercito, le retate casa per casa.La base dei guerriglieri Tupamaros dove si trovava Marcos venne circondata. L’assalto, gli spari, la fuga nelle vecchie vie della capitale dell’Uruguay. Non obbedì alle intimazioni di fermarsi, i soldati spararono nell’inseguirlo. La veloce corsa, da buon ex giocatore di rugby della squadra liceale, che gli salvò la vita.
Le tranquille strade della periferia ed i rumori ormai in lontananza.
Quindi un bus fino a Punta del Este, nel rifugio sicuro di quel residence appena acquistato.
I suoi compagni di guerriglia vennero torturati, alcuni cedettero e fecero il suo nome. Venne a saperlo, molti anni più tardi.
Nessuno conosceva però la sua nuova identità uruguaiana; la “compartimentazione” guerrigliera aveva funzionato.
La polizia cercava Marcos, l’argentino, non un anonimo campesino immigrato nella capitale. Rimase un mese nascosto a Punta del Este, poi rientrò via mare in Argentina.
Poco dopo, il “golpe” del generale Pinochet in Cile.
Il presidente Allende assassinato; i suoi sostenitori rinchiusi negli stadi, utilizzati come lager. Le torture e le esecuzioni di massa.
Inutili le riunioni nell’esecutivo Montoneros, per un cambio di strategia politica. Scelse il dialogo con la famiglia.
La decisione di lasciare l’Argentina e gli studi in Francia, l’unico paese europeo indipendente dagli U.S.A. .
Sotto l’ala protettiva dei servizi segreti di Parigi … ?
Il “golpe” anche in Argentina ed i desaparecidos, gli oppositori gettati vivi dagli aerei in alto mare.
Il Piano Condor, per “normalizzare” il cono sud dell’America Latina. Dietro i generali cileni, argentini ed uruguaiani, la sinistra ombra
dei servizi segreti degli U.S.A. , la C.I.A. .
Per la prima volta, da giorni, Marcos ha ora il tempo di riflettere.
– Oggi, dietro l’”Operazione Zama”, … chi ..? – , si chiede.
Gli ritornano alla mente le parole di Julio Cesar nella selva colombiana: “non credo che questo capovolgimento mondiale sia tutta opera vostra”.
– Chi ha ideato l’”Operazione Zama”, usando il legittimo risentimento sudamericano contro i “gringos”? Un raffinato servizio di “intelligence”
ha agito, a monte; coinvolgendo nei suoi piani una parte della massoneria argentina. Siamo stati usati, come noi abbiamo fatto con neri, pellerosse e messicani negli Stati Uniti ! – .
Osserva, fuori dalla finestra, le alte onde dell’Atlantico infrangersi sulla sabbia della spiaggia.
– Una nuova, forte identità è sorta sulla scena mondiale; forse di tradizioni antiche! Un elevato centro di potere occulto, probabilmente asiatico…?
Ma chi… ? – .
Un applauso strappa Pedro dal suo sonno profondo.
– Siamo atterrati all’aeroporto Eseiza di Buenos Aires. Tra pochi minuti raggiungeremo l’aerostazione. Vi ringraziamo per avere volato Aerolineas Argentinas. – .
La voce dell’hostess, nell’interfono, riporta Pedro alla realtà.
– Dormivo così profondamente, che non mi sono nemmeno accorto dell’atterraggio. – , pensa, mentre afferra il bagaglio a mano.
Un veloce controllo dei documenti, quindi alla fermata dei taxi.
– Al centro di Buenos Aires. – , dice al taxista, mentre si accomoda sul sedile posteriore.
Il taxi corre sulla strada, nella campagna che collega l’aeroporto alla capitale argentina.
– Che strano sogno che ho fatto in aereo. – , pensa Pedro, mentre osserva scorrere, in lontananza, le azzurre acque del Rio de la Plata.
Le palme lungo il viale, azzurri il mare ed il cielo. La bonaccia ondeggia
lievemente le barche a vela, all’ancora nel porto turistico.
Folate di vento alleviano a tratti la calura tropicale, già forte nel primo mattino.
Marcos passeggia, gli occhiali da sole sul viso, sul lungomare della vecchia città coloniale. Belle ragazze mulatte, dai vestiti colorati, vendono sulle bancarelle ceste di frutta tropicale.
Marcos si osserva nei vetri riflettenti di un’elegante boutique.
Calzoni corti da tennis, la camicia color pastello, il berretto bianco sulla testa per difendersi dal sole.
Si guarda e si sorride. Non gli succedeva da tanto tempo!
Il sorriso diviene via via più ampio, fino a dover trattenere una risata fragorosa.
Attraversa la strada ed entra in un’antica villa coloniale. La cancellata bianca, il lussureggiante giardino tropicale, la fresca ombra del patio.
Marcos sale i pochi scalini tra le colonne, che danno accesso all’ingresso principale.
Sul lato della porta, fissata al muro, una lucida ed elegante targa in ottone:
“U.B.S. Unione di Banche Svizzere Sede delle Isole Cayman”.