NOTTE PRIMA DEGLI ESAMI
di Danilo Arona
(Premessa: è del tutto intenzionale che a commentare graficamente l’articolo che fa fugace riferimento al film di Fausto Brizzi attualmente in programmazione e baciato da un grande successo di pubblico ci troviate la locandina di un altro film, “Fragole e sangue” di Stuart Hagmann, che fu girato nel ’69 ed è logicamente molto vecchio… Ma la carica della polizia alla fine contro gli studenti che cantano “Give Peace a Chance” di Lennon è ancora, dopo 37 anni, piena di senso. Se ha senso vedersi un film durante la notte prima degli esami, notte in cui si fanno cose strane e tutto men che studiare — e vale anche per quelli che sono convinti di farlo – mi rivedrei “Fragole e sangue”…)
Allora, arriva un film con un titolo azzeccato perché già “sperimentato” con l’omonima canzone di Venditti ed ecco che, inaspettatamente, inizia la corsa collettiva a santificare gli esami di maturità. Che sia un bene o un male, ognuno se la sfanga per forza con la propria esperienza personale. Tutti tranne la generazione “cavia”, la mia, che per prima esperimentò l’esame riformato. Era il ’69 e quelli come me, della mia età della pietra, li ricordano ancora come “esami d’immaturità”.
Io non possiedo ricordi visivi di quell’esperienza. Devo averli rimossi. Come si rimuove un grave lutto, un incidente di percorso, l’abbandono da parte di una femmina sulla quale si è puntato troppo. Non posso quindi attestare se furono incubo o passeggiata. Di certo per me “non furono” e basta, credo anche per la votazione finale che mi sembrò mediocre. Uscii infatti con il minimo indispensabile per passare “al di qua”, nel mondo adulto nel quale volevo entrare il più tardi possibile.
In realtà non mi sentivo granché preparato. Nessuno, suppongo, lo era. Come ho detto, il ’69 era il primo anno della riforma e quei diciannovenni li si doveva trattare con un minimo d’indulgenza. Anche gli esaminatori, immagino, avevano i loro problemi. Da che mi rammento, voti e giudizi vennero ampiamente cannati e non fornirono alcuna indicazione sulle reali propensioni dei candidati. A me, che sono quasi disprassico, consigliarono di dedicarmi “ad attività manuali e pratiche”, vedete voi… E con il mio amico Gianpiero Gasparino sbagliarono tutto, dalla A alla Z. Lo bocciarono dopo un quinquennio liceale quasi esemplare.
Il Gaspa era — lo è tuttora — bravo, intelligente, acuto e, soprattutto, non era un ruffiano. Svolse la prova d’italiano, scrivendo un magnifico tema nel quale attaccava la famiglia, definendola (quelli erano tempi…) il cuore della società reazionaria e borghese, perciò struttura destinata al fallimento. Più che politico, anche se si giungeva da una stagione di licei occupati e di timidissime scaramucce con le forze dell’ordine, quello era un tema sociale, di sicuro ispirato dalle sue vicende personali. Ma anche un tema presago, dato che la famiglia italiana oggi, sempre più al centro di cronaca nera irta di stragi e suicidi e altre allegrie, sta proprio messa peggio di allora. In ogni caso il Gaspa venne punito. All’orale gli si chiese conto di tanta audacia iconoclasta e lui non fece nulla per rendersi simpatico, visto che lo era di natura. Lo trombarono scandalosamente, facendogi fare una figuraccia davanti al mondo proprio in italiano, materia nella quale eccelleva a ogni componimento. Fu costretto a ripetere e l’anno dopo passò a pieni voti. Oggi il Gaspa è dirigente della RAI, di quelli tosti che si chiamano produttori esecutivi. Chissà invece dove saranno gli emeriti e ottusi scassapalle che formavano quella commissione d’immaturità? Mi piacerebbe saperlo. Ma, se sono ancora vivi (dal ’69 a oggi è un maelstrom di vita…), qualcuno di loro magari gongola davanti alla TV per una trasmissione ideata e prodotta dal Gaspa.
Ne concordo, tutto ciò è strano. Del mio esame affermo di non ricordare nulla ed è vero, mentre io invece so quasi tutto dell’esame del Gaspa. Temo si tratti del rinomato processo battezzato in psicanalisi come “identificazione proiettiva”. Sì, perché fu lui l’eroe degli esami del ’69. Lui, trombato per ideologia, per coerenza, per non essersi presentato con il taglio da campo di concentramento e per non essersi piegato a qualche salamelecco di troppo. Quando lessero “respinto” accanto al suo cognome, le ragazzine più belle si strinsero a lui, lo baciarono e lo consolarono. Forse qualcuno se lo rimorchiò in un angolo buio per lo sfogo consolatorio, alla faccia di quelli promossi che festeggiarono con un poker di pippe.
Ma presumo che esista un’altra ragione per la quale non ricordo più nulla. L’esame di maturità, come tutti gli esami del mondo (meno quelli che non finiscono mai), era lo scontato rito di passaggio che segnava la fine di un’epoca. Ma, per quanto banale, la nostalgia e il rimpianto ci sorpresero un po’ tutti, i più cinici compresi, al fatidico momento del tabellone.
Molti di noi non si sarebbero più rivisti. Se si tiene conto che in una classe mista le sane dinamiche legate alla polarità maschio/ femmina avevano avuto modo di deflagrare nel corso dei cinque anni di scuola, quella era una rivelazione piuttosto scioccante. In ogni caso triste da digerire nel giro di pochi minuti.
Dopo l’immaturità del ’69, le mie strade si sono spesso incrociate con quelli dei maturandi — e delle maturande — di allora. Tra quelli che sono rimasti a Bassavilla, la mitica Armanda è ancora un’icona, con P.J. Piana ci si saluta tuttora in modo incomprensibile al resto del mondo e Patrizia è fresca come se 37 anni non fossero mai trascorsi. Il Gaspa lo vedo in media una volta all’anno, o a Milano o sul suolo natìo. E poi c’è l’inquietante Amelio che mi telefona da chissà dove per chiedermi numeri telefonici di ragazze liceali da tampinare e io tento invano di spiegargli che le ragazze alle quali allude hanno perlomeno la sua età. Infine, Lorenzo, Donatella, Paola e Maria Teresa che hanno lasciato il pianeta anzitempo, portati via dal Grande Nemico dal Nome Impronunciabile. Che strage, accidenti a quel fottuto cecchino…
E io, più che ricordare, vorrei proprio rivivere tutto. Tornare indietro non per cambiare qualcosa della mia vita perché, con il senno del poi, rifarerei esattamente le stesse cose. No, vorrei tornare indietro solo per farmi bocciare al posto del Gaspa.
Sono fortemente immaturo, lo so. Ma così vorrei restare il più a lungo possibile.