MALOMBRA
di Danilo Arona
Per scrivere la vicenda di Melissa, il fantasma autostradale di cui ho scritto a più riprese nel corso delle Cronache (e del quale leggerete la storia al completo in un libro che uscirà a breve per Dario Flaccovio), ho dovuto quanto mai documentarmi sui Vanishing Hitchhickers italiani, ritenuti dal resto del mondo più che altro una bella leggenda metropolitana che cambia ambientazione e protagonisti a seconda di chi la racconta. In realtà le cose stanno un po’ diversamente: la nazione è zeppa di personaggi, qualcuno si può definire al di sopra di ogni sospetto, che spergiurano di avere vissuto queste esperienze paranormali, senza per questo trarne lucri o visibilità salottiere in TV.
A Bassavilla, ad esempio, abita una signora che possiede l’inusuale potere di “vedere” gli spettri di coloro che proprio sulla strada sono passati a miglior vita. E’ un “dono”, così lo si chiama nella tradizione esoterico-popolare, di cui la donna farebbe volentieri a meno. Lei, nativa del Napoletano, sulla cinquantina, asserisce che le strade (soprattutto le provinciali e le autostrade) sono affollatissime, perché le entità disincarnate di quelli che muoiono per incidente stradale stazionano per parecchio tempo nel punto in cui i loro corpi sono defunti. Proprio a causa delle repentinità dell’incidente il legame con il mondo fisico è ancora fortissimo. Anzi, per un sacco di tempo non si rendono conto di essere morti. E stanno lì, pensando e sperando in qualche modo di poter riprendere la loro vita normale da un secondo prima dell’incidente. Si potrà credere o non credere a questa signora. Ma un dato è innegabile: lei fornisce riscontri precisi, descrive minuziosamente i fantasmi della strada che vede dall’interno della propria auto. E ogni volta che va alla ricerca di verifiche, c’è il cento per cento di riscontro.
La signora credo non abbia mai letto un libro di Oberto Airaudi. Costui è piuttosto famoso in Piemonte, soprattutto per essere il fondatore della discussa comunità di Damanhur a Baldissero Canavese. Di sicuro Airaudi è notevole studioso del Lato Oscuro e nel 1982, in un libro dal titolo Incontri, ebbe a scrivere quanto segue:
“Nel momento della morte per incidente stradale ci si sente letteralmente strappare dal proprio corpo e ci si trova senza alcuna preparazione, fuori, però ancora legati in una certa parte al proprio corpo fisico. In quel momento non ci rendiamo conto di essere morti. Può accadere infatti che la persona pensi di non essersi fatta niente. In realtà il suo corpo spezzato in due è dentro la macchina. La persona però non si è resa conto di quanto è successo. All’arrivo dei soccorritori, si rialza da terra, si spolvera, si avvicina a qualcuno dei presenti e dice: Non mi sono fatto niente!, ma nessuno risponde perché non sente. Allora la vittima fa di tutto per farsi udire, arriva persino a toccare, ma chi sta guardando e viene toccato al massimo ha l’impressione di sentire un freddo soffio sul collo o di sentirsi sfiorare da un insetto. E la persona che cerca un contatto fisico continua a non rendersi conto di essere morta. A questo punto continua a camminare avanti e indietro nella zona dell’incidente. Se nei paraggi c’è un sensitivo, costui vede una figura evanescente che si muove sulla strada. Se il sensitivo si trova in compagnia, è meglio che taccia, per non impaurire inutilmente chi gli sta vicino, che tanto non gli crederebbe.”
Data la premessa (della quale ognuno può pensare ciò che crede), è evidente che la signora è una sensitiva. Ma è significativa, secondo me, la conformità della “evanescenza” che è la stessa della urban legend diffusa in tutto il mondo e tecnicamente censita, come abbiamo scritto poc’anzi, come “fantasma evanescente”.
Un episodio che la donna non ama proprio rievocare mi viene invece riportato dal marito. Qualche anno fa, in primavera, la coppia si trovava in gita domenicale nella splendida Val Curone, a una trentina di chilometri da Alessandria. Giunti nei pressi di un bar situato subito una stretta curva, i due scesero dalla vettura e adocchiarono il piacevole déhors antistante il locale. Mentre il marito entrava per fare le ordinazioni, la donna si sedette a un tavolino. Giunsero bibite e caffè e, tra una parola e l’altra, la signora disse a un certo punto che sull’altro della strada ci stavano due motociclisti in tuta nera, un uomo e una donna, che sembravano aspettare qualcuno. Il marito si voltò e non vide nessuno.
Al momento di riprendere la gita, l’uomo tornò dentro il bar per pagare il conto. Mentre stava porgendo le banconote, udì due avventori al banco che commentavano un brutto incidente stradale capitato la settimana prima.
“Mi si rizzarono i pochi capelli”, afferma, “quei tipi al banco stavano parlando di marito e moglie in moto morti sul colpo uscendo dalla curva proprio davanti al bar. Un volo pauroso che li aveva uccisi, nonostante indossassero le tute protettive. Lo sa come lo chiamano dalle mie parti, a Napoli, il potere di mia moglie?”
No, non lo so. E lui:
“Vedere la malombra. Fantasmi luminescenti e scintillanti. Ombre non riuscite, da qui il nome. Che sta anche per mezze ombre oppure ombre malvagie per la paura che fanno a chi le vede. Mia moglie ormai non guida più da tempo, perché in qualsiasi strada della provincia ci sono lapidi e cippi votivi a ogni chilometro e lei non sopporta di vedere questa gente ferma ai margini delle statali che guarda chi riesce a vederle con espressione di sconforto e incredulità. Allora guido io, ma è lo stesso un supplizio. Lei continua a gemere: Guarda quello, guarda quell’altra, oddìo quello è pieno di sangue!, e dopo un po’ si copre il volto per non vedere e attacca a piangere. Così non usciamo più e ce ne stiamo in casa dove lei può guardare solo la televisione o tutt’al più i vicini che sono vivi. Ma dobbiamo cercare un altro posto in cui vivere.”
Da pochi giorni questa coppia si è trasferita sul lago di Garda.