di Angela Azzaro
[Angela Azzaro è la responsabile della terza pagina di “Liberazione” (g.d.m.)]
Papa Benedetto XVI è ritornato sul tema che sta caratterizzando il suo Pontificato: la celebrazione dell’embrione e il conseguente attacco alla libera scelta delle donne. Le dichiarazioni di Ratzinger arrivano qualche giorno dopo la presentazione del “manifesto” teo-con di Marcello Pera (che noi, su Liberazione, abbiamo accostato al manifesto in difesa della razza del 1938).
In apparenza tra Ratzinger e Pera c’è contrasto (l’ecumenismo del papa, la xenofobia di Pera), in realtà a me pare che ci sia un tracciato comune: la volontà di subordinare alla vita astratta, fondata sull’amore di dio, le vite reali, quelle delle donne (che rappresentano il massimo della diversità) e poi quelle di chi ha un’altra identità sessuale, o un’altra cultura, o un’altra religione. C’è un filo che tiene insieme queste discriminazioni: la prima discriminata è la donna e poi, via via, le diversità che appaiono più evidenti.
Benedetto XVI ha detto: «L’amore di dio non fa differenza fra il neoconcepito ancora nel grembo di sua madre e il bambino o il giovane o l’uomo maturo o l’anziano». Ha aggiunto che l’amore di dio per l’uomo «rivela fino a che punto la persona umana sia degna di essere amata in se stessa indipendentemente da qualsiasi altra considerazione: intelligenza, bellezza, salute, giovinezza, integrità e così via». L’embrione soggetto di diritto, in questo ordine discorsivo, sembra si discosti nettamente dall’esito razzista del manifesto del presidente del Senato: il papa, sembrerebbe, prende le distanze dalla xenofobia di chi si richiama ad un astratto Occidente, inteso come cristianità, da opporre all’Oriente inteso come mondo islamico. Ma credo che non sia così. Quando il Papa dice «L’embrione è persona», non fa altro che creare una prima frattura, ideologica e politica, perché subordina la vita delle donne in carne e ossa in nome della difesa degli embrioni. Innesta in questo modo un meccanismo di discriminazione, cioè di stigmatizzazione della diversità, che è il padre e la madre di tutti i meccanismi di discriminazione e di stigmatizzazione della diversità. E’ qui che il pensiero del papa torna ad abbracciare il pensiero di Pera, e la loro ostilità alle diversità si unificano. E infatti Pera ha scritto: «Siamo impegnati a sostenere il diritto alla vita, dal concepimento alla morte naturale; a considerare il nascituro come “qualcuno”, titolare di diritti che devono essere bilanciati con altri, e mai come qualcosa di sacrificabile per fini diversi».
Che cosa accade quando i diritti del cosiddetto nascituro devono essere bilanciati? Accade che la donna perde la possibilità di scegliere se essere madre o no: viene cioè ridotta a mero contenitore biologico, ridotta ad ammasso di cellule la cui volontà è nelle mani di dio (cioè dei maschi). E’ sul corpo della donna che si gioca questa strana (solo apparentemente contraddittoria) alleanza tra riduzionismo biologico (razzista) e “valori umani” resi dogmi in nome di dio.
Il processo che porta a considerare la diversità come elemento da discriminare, l’alterità non come ricchezza ma come minaccia, ha come fondamento, come origine di tutte le origini, la discriminazione della donna, la sua identificazione con la natura: corpo senza intelligenza, persona a metà, soggetto in cui la biologia invade tutto, levando autorevolezza, potere, signorìa sul proprio corpo e sulle scelte di vita.
Il meccanismo si ripete, non si arresta: i processi di punizione del diverso – che sono la base del razzismo – procedono a passo spedito contro popoli, culture, storie, identità sessuali. E’ un fiume in piena che – anche al di là delle intenzioni e del pensiero di chi gli ha dato vita – costruisce odio, violenza.
In Italia, oggi, questa dinamica è diritto. Si chiama legge 40, cioè la legge sulla fecondazione assistita. E’ il grande rimosso e come tutti i grandi rimossi può tornare nei modi peggiori, meno prevedibili. La legge 40, a partire dal tentativo di normare il corpo delle donne, crea le basi per una società fondata sul terribile mix di fondamentalismo e riduzionismo biologico. Non riguarda solo le donne o le coppie che ricorrono alle tecnologie per avere un figlio. Quando parliamo di questa legge stiamo discutendo di quale società vogliamo per viverci, quale mondo vogliamo costruire per noi e per coloro che verranno. Parliamo, cioè, di politica nel senso più vero. Vogliamo vivere in un Paese fondato sull’odio, sulla diversità da ridurre a biologia per meglio controllarla e attaccarla, o vogliamo vivere in un paese dove la diversità sia una ricchezza? Le preoccupazioni sulla legge 40, per il manifesto di Pera e le dichiarazioni di Benedetto XVI non sono questioni diverse. Non sono problemi che riguardano poche e pochi. Lo capiremo? Riusciremo a farne uno degli argomenti di questa campagna elettorale?
pubblicato su Liberazione del 28 febbraio 2006