di Guido Salvini
[Giudice milanese, Guido Salvini è l’autore della monumentale istruttoria che la sentenza della Corte di Cassazione, nel maggio di quest’anno, ha sconfessato per incompletezza dei dati probanti]
Di nuovo, dopo tanti anni, quanti sono quelli trascorsi dalla riapertura a Milano, a metà degli anni 90, delle indagini su piazza Fontana, l’anniversario della strage rischia di essere vissuto solo con sentimenti di amarezza e disillusione come se, dopo tante attese e tre nuovi processi, la verità sulla ragione della morte di quelle povere 17 vittime fosse stata definitivamente cancellata.
Ma così non è.
Anche se i grandi mezzi d’informazione non sono riusciti a discostarsi da questa immagine – il buco nero scavato nel pavimento della Banca Nazionale dell’Agricoltura, che appare in una fotografia quasi un’icona della nostra storia, il simbolo di un mistero – dev’essere ricordato che quasi dieci anni d’indagini hanno dato comunque un nome ai gruppi che idearono e organizzarono la strage e confermato le coperture di cui hanno goduto da parte di settori dello Stato portatori di un progetto politico di congelamento dei fermenti democratici che crescevano nell’Italia della fine degli Anni 60.
Certamente la sentenza della Cassazione del 3 maggio 2005 ha assolto definitivamente i singoli imputati, seppur con una formula che giudica incomplete le prove raccolte, ma non prive di valore. Ma accanto a questo giudizio, che sconta le difficoltà di prova a distanza di tanti anni, le motivazioni delle sentenze confermano che la strage del 12 dicembre 1969 e molti degli attentati precedenti furono inequivocabilmente opera di Ordine Nuovo. E nessuna sentenza indica come anche solo plausibili piste alternative, tantomeno quella del «predestinato» gruppo anarchico di Pietro Valpreda. Non va inoltre dimenticato che ora vi è per la prima volta anche un singolo colpevole accertato ed è Carlo Digilio, che per le cellule venete di Ordine Nuovo era il «tecnico» in materia di armi ed esplosivi. E le stesse sentenze scrivono che nei confronti dei padovani Freda e Ventura, oggi non più processabili, sono emerse prove che, se fossero state disponibili nel primo giudizio, avrebbero portato all’affermazione della loro responsabilità: colpevolezza storicamente provata, dunque, anche se non più traducibile in una condanna. Ma anche per la bomba in questura del 17 maggio 1973, dopo la condanna in primo grado e l’assoluzione in appello, la Cassazione ha scritto che la strage fu ideata e organizzata da Ordine Nuovo. Accanto all’amarezza dei familiari delle vittime (alle quali è stato sempre vicino il sindaco Aldo Aniasi) e dei tanti cittadini per cui quel 12 dicembre 1969 rimane una ferita aperta, va ricordato con forza che la comprensione storica di quegli eventi non deve essere smarrita. Piazza Fontana non è un mistero senza padri. La strage fu opera della destra eversiva, anello finale di una serie di cerchi concentrici che porta fino ai beneficiari politici. Per questo non dobbiamo viverne l’anniversario del 12 dicembre solo con amarezza, ma trarne un insegnamento utile, soprattutto per le generazioni più giovani, a comprendere il presente e prevenire il pericolo che simili sofferenze possano ripetersi.
[fonte: inserto di cronaca milanese del Corriere della Sera]