di Valerio Evangelisti, a nome di tutta la redazione di Carmilla
L’annuncio è tardivo perché la notizia ci ha lasciato addolorati e increduli, quasi incapaci di parole adeguate. Riccardo Bonavita non c’è più. Ci ha lasciato due giorni fa, forse vittima di una crisi depressiva legata al superlavoro che svolgeva da quasi un anno: la stesura per Il Mulino di una storia della letteratura italiana che gli toglieva il sonno e consumava le sue energie.
Riccardo Bonavita: coltissimo, sempre pronto all’ironia, sempre sorridente e gentile nei modi. Uno studioso di letteratura tra i più raffinati e promettenti che vi fossero in Italia, ma capace di abbandonare Leopardi, Benjamin e Fortini per bersi una birra e ridere in compagnia. Tutt’altro che accademico nei comportamenti e nelle idee, malgrado i suoi incarichi universitari.
Chi scrive queste righe incontrò per l’ultima volta Riccardo a Parigi, oltre un anno fa, per puro caso. Al tavolino di un bar, passata la mezzanotte, la conversazione scivolò con naturalezza dagli orari della metropolitana al romanzo di Michele Mari Tutto il ferro della Torre Eiffel, che si apre appunto al tavolo di un caffè parigino, e alla lettura di Walter Benjamin fatta da Mari. Riccardo era fatto così: non faceva mai pesare il suo acume, la sua profondità e il suo sapere, ma li mescolava alle chiacchiere abituali quando vi veniva sollecitato, con semplicità e modestia.
Collaborava all’edizione cartacea di Carmilla con racconti e interventi sempre brillanti, che vedremo di ristampare. Qui sotto inseriamo il link a un suo scritto originariamente apparso su Alias, e ripreso da Carmilla On Line.
Se ne è andato un pezzetto di noi, che sarà impossibile sostituire. Un abbraccio alla moglie di Riccardo e uno, virtuale, a Riccardo stesso, amico, fratello, compagno e giovane buono, cordiale e sensibile. Forse troppo sensibile, per i tempi che corrono.