di Riccardo Valla
In occasione dell’uscita in edicola del romanzo di Robert A. Heinlein Stella doppia (Urania Collezione n. 31, € 4,90) proponiamo la versione integrale della postfazione di Riccardo Valla, pubblicata nel volume in forma incompleta.
Sotto alcuni aspetti, i romanzo che è apparso in questi giorni nella collana Urania Collezione, Stella doppia, è il più “politico” di Heinlein, essendo dedicato all’esposizione della teoria e della pratica di un uomo politico del futuro.
Parlando di Heinlein e di politica, però, la mente corre subito alle accuse di fascismo che sono state mosse a questo autore, a partire dalla pubblicazione di Fanteria dello Spazio, e poi a Glory Road e Storia di Farnham, criticati i primi due per il loro militarismo e il terzo per il suo sottofondo razzista.
Il fascismo, scherzava un nostro amico filosofo, è una categoria della mente, e perciò non si può darne una definizione finale, come di tutto quel che trascendentale. Ma alcuni caratteri il fascismo li possiede, e che quello di Heinlein sia fascismo è discutibile, in quanto gli manca l’appello populista tipico di tutti i fascismi.
In realtà Fanteria dello spazio si ispira a un antico amore americano, ossia l’ordinamento repubblicano romano, che chiedeva di avere svolto il servizio militare per entrare nella carriera politica: era quello che si chiamava il cursus honorum e che prevedeva il passaggio attraverso un certo numero di magistrature civili, militari e anche religiose.
La passione per la repubblica romana era infatti un’importante caratteristica dei padri fondatori degli Stati Uniti, ed è grazie alle pagine di Tacito e Tito Livio che Washington divenne presidente di una repubblica anziché sovrano di un regno.
Si noti però che quello dei “padri fondatori” è un riferimento romano diverso da quello augusteo-imperiale della propaganda mussoliniana, che vedeva in Augusto il simbolo della pace e in Mussolini (noto guerrafondaio!) il nuovo Augusto e scartava sia la repubblica sia il tardo impero.
Più precisamente, Fanteria giunge alla conclusione che se la nazione è in guerra i più adatti a guidarla sono i militari, ma non dedica altrettanto spazio a spiegare perché sia in guerra. In Fanteria dello spazio l’intera razza umana è in guerra, a quanto pare, perché i “nemici”, per desiderio di espansione, le vogliono portare via i pianeti.
Insomma, gli uni, gli altri e l’autore sono un po’ chiusi in quella che Egan definirebbe “una mentalità da virus dell’influenza o da batterio della polmonite”, ed è un po’ questa mobilitazione perpetua a far pensare al fascismo, che minacciando guerre procedette storicamente ad annessioni territoriali. Tuttavia, il modo “americano” con cui Heinlein affronta questi e altri problemi politici fa pensare alla citazione con cui si apre Glory Road:
BRITANNO (scosso): Cesare, è un’indegnità!
TEODOTO (offeso): Come sarebbe a dire?
CESARE (ripresa la padronanza di sé): Perdonalo, Teodoto: è un barbaro e crede che i costumi della sua tribù e della sua isola siano leggi di natura.
– Shaw, Cesare e Cleopatra, Atto II
Anche Heinlein pensava che i suoi costumi fossero leggi di natura, soprattutto in politica, e ne è la testimonianza Stella doppia, che descrive in toni esemplari la vita di un uomo politico, scordando aspetti non certo marginali come le lobby, lo spoil system e il finanziamento dello stato: tutto viene risolto con una sorta di paleoliberismo, “aumentando i commerci”.
Per Heinlein come per Tocqueville il sistema migliore è quello americano, ma ci si può chiedere se un repubblicano come lui sia un democratico, e la risposta è ovviamente no, se le sue idee sulla democrazia sono quelle che emergono da Stella doppia.
Nel romanzo vediamo che la politica la fanno i piccoli gruppi a capo dei due partiti politici principali: la popolazione è vista come un’entità conservatrice, dal comportamento prevedibile e facilmente aggirabile.
Nel romanzo abbiamo un partito progressista — il Partito espansionista — e uno conservatore, il Partito dell’Umanità che preferisce l’isolamento tra terrestri e alieni; quello progressista introduce lentamente le sue innovazioni (sostanzialmente, abolizione di apartheid razziste) e come reazione perde le elezioni successive.
Di fronte a una tale inerzia dell’elettorato non è chiaro perché i conservatori debbano perdere le elezioni, e infatti nel romanzo non le perdono, bensì rassegnano le dimissioni in base a un gioco tattico che non riuscirà.
Ora, non c’è bisogno di essere esperti della politica italiana, che è la più complicata del mondo, per capire che la visione è semplicistica.
In ultima analisi, vediamo in Stella Doppia una sorta di intellettuali politici illuminati cerca di fare le riforme contro la volontà popolare. Eppure, l’esperienza mostra che le riforme sono già presenti nella popolazione e il legislatore le sancisce.
La domanda perciò è la seguente: perché in Heinlein il popolo è visto solo come una massa inerte che non vuole cambiare?
Vediamo alcune possibili risposte. Un marxista parlerebbe di timore, da parte di Heinlein, della proletarizzazione. Voleva fare l’ufficiale ma è finito nel crogiolo dei mille lavori, e ne è uscito con la scrittura. La caduta verso l’indigenza è però sempre in agguato; consolatoriamente, nei suoi romanzi Heinlein si iscrive tra la parte “di successo” della popolazione.
Un’altra spiegazione è quella data da Heinlein nei suoi scritti e la si nota scorrendo le sue prime opere.
Heinlein inizia con una utopia, Oltre l’orizzonte, in cui governa un’aristocrazia del sangue scientifico, prodotta da una forma di eugenetica “illuminata”. Il romanzo si inserisce in un filone che da Dedalus di Haldane passava per Il mondo nuovo di Huxley, ma la stessa idea della selezione della razza attraverso gli “accoppiamenti giudiziosi” si incontra nei Figli di Matusalemme, pieni di una mentalità positivista già allora vecchia di cinquant’anni.
Ma se si fida della scienza, Heinlein non si fida della popolazione perché quando il popolo scende in piazza fa le rivoluzioni o si fa abbindolare dai predicatori (altra idea tipicamente americana) e crea una monarchia religiosa (Rivolta 2100, ma anche Sesta colonna, in cui i “buoni” approfittano della copertura di una religione per organizzare la riconquista dell’America caduta sotto il dominio asiatico).
Quello di essere sfruttata per perpetrare ciò che chiameremmo un abuso della credulità popolare è per il primo Heinlein l’unico scopo della religione.
Questo riduzionismo scientista è però sorretto da una grande capacità di narratore e non stupisce che il suo libro Straniero in terra straniera sia stato per qualche tempo una “bibbia” di vari movimenti, prima che i loro appartenenti passassero a Tolkien. Fin dall’inizio Heinlein si distinse per la sua prosa efficace e brillante, che ricorre frequentemente a frasi idiomatiche e a similitudini tratte dalla vita quotidiana, come per dire al lettore che anche l’autore è “uno de noartri”.
Come scrittore è anche lui minimalista, al pari di Asimov e di gran parte degli scrittori della “età dell’oro” della fantascienza, all’inizio degli Anni 40, e della rivista “Astounding”. Il direttore di quella rivista, Campbell, aveva in mente come modello letterario la semplicità della prosa di Wells, il suo ricorso al bozzetto per sottolineare un’idea.
Sia Asimov sia Heinlein eccellono nel descrivere piccoli fatti quotidiani, le ripercussioni delle innovazioni scientifiche sulla vita di tutti i giorni, e pensano sempre a un possibile “esame finestra”: qualunque pezzo (finestra) preso a caso all’interno di un loro romanzo deve potersi leggere autonomamente, da qualunque punto si inizi la lettura, il lettore è invogliato a proseguire.
Fossimo in musica si parlerebbe di “cantabilità”, ed è appunto questa leggibilità la forza e il limite della loro fantascienza, un po’ troppo facilona nel semplificare situazioni complesse come la politica, le guerre e la società stessa.