di Matteo Boscarol
Gioco della mente, mente che gioca, giochi di mente, gioco de-mente. Queste sembrerebbero essere le definizioni più appriopriate per descrivere in qualche modo l`incredibile, folle Mind game, film d`animazione giapponese realizzato dalla casa di produzione indipendente STUDIO 4°C, che fra l`altro ha curato le animazioni di Steam Boy di Otomo e il progetto d`animazione legato a Matrix , Animatrix. Uscito nelle sale nipponiche nell`estate del 2004 e adesso commercializzato in dvd con annesse interessanti interviste agli autori, il film è qualcosa di assolutamente unico anche nel pur così variegato mondo dell`anime giapponese. E` un game appunto, un giocare prima di tutto con gli stili, con il concetto stesso di animazione, uno straripare di immagini e di idee: a momenti di pura surrealtà di sapore quasi toporiano, si alternano scene brevissime di una tristezza e di una caducità tutta giappponese.
Il regista Masaaki Yuasa (già autore fra l`altro di “Crayon Shin-chan”, folle, eccessivo e piu` volte criticato cartone animato per bambini) lasciando da parte i classici alla Miyazaki, la fantascienza filosofica alla Otomo e perfino l`Oshii di “Gost in the shell” e rielaborando molto personalmente “Mind Game” il manga, si e ci scaraventa in un`opera d`avanguardia, di sprimentazione di sensi , dove l`alto è mescolato con il basso, quasi un “Finnegan`s Wake” dell`animazione. Il protagonista Nishi è un giovane qualunque, innamorato fin dall`infanzia (periodo che con flash quasi subliminali ritorna per tutta la durata del film) della prosperosa Miyo che incontra casualmente il giorno prima delle sue nozze. I giovani amici si ritrovano in un Isakaya (tipico bar giapponese) a ricordare i bei tempi andati, ma improvvisamente due yakuza irrompono nel luogo per riscuotere dei soldi sporchi dal padre di lei. Al che scoppia una lite e Nishi viene ucciso. Se ne va in un improbabile aldilà, forse aldiquà, dove rivede la scena della sua morte magnificata infinite volte e incontra una serie di personaggi surreali (in realtà uno solo) che continuamente saltellano di qua e di là mutando forma e colore: una specie di dio stroboscopico giocherellone. A questo punto la storia si apre e si disintegra: Nishi ritorna (forse) in vita e assieme a Miyo e la sorella, scappa dal bar, luogo della sua morte, a bordo di una macchina, in una lunghissima fuga (forse le scene più deboli del film), per ritrovarsi scaraventato giù da un ponte biblicamente inghiottito da un`enorme balena. Qui i tre incontrano un vecchio pazzo che da anni vive nel mammifero, dapprima si disperano, ma poi colgono il lato positivo della cosa: gioiscono, fanno all`amore, ma soprattutto ricordano l`infanzia o altri momenti cosiddetti passati che danno alla storia un tono diacronico, dove il tempo sembra rivelare tutta la sua infinita plasticità, il suo ritornare continuamente su se stesso. Conquistata forse questa consapevolezza del nuovo tempo, la fuga infinita (davvero lunga!) dalla balena, una cavalcata psichedelica, accompagnata dall`ottima musica di Seichii Yamamoto dei Boredoms, li (ci) conduce all`esterno dove i tre (ri)cominciano la vita consapevoli che, come dice l`ultima schermata del film, “questa storia non finisce mai” e forse non era mai iniziata. Davvero la visione di “Mind Game” non può lasciare indifferenti, anzi ci lascia con una strana sensazione nella testa e con la voglia che “le pareti del mondo diventino friabili all`infinito” come direbbe Artaud. Così sembra essere anche per certa cultura underground nipponica fortemente suggestionata dal film: dal clamore suscitato nel mondo dell`animazione fino a quello letterario, basti pensare a Hitomi Kanehara (“Serpenti e Piercing”) che in un`intervista lo cita come ispiratore. Si tratta, per adesso, del punto più alto della creatività espressa dal gruppo dello STUDIO 4°C , il cui nome si riferisce alla temperatura in cui l`acqua si trova a maggior densità, mentre è in lavorazione un nuovo progetto, “Genius party”, una raccolta di dieci cortometraggi anch`essi come “Mind Game” in un certo qual modo orbitanti attorno al concetto di tempo/tempi. Il film e` passato proprio recentemente al “Asian Film Festival” di New York: a quando un meritato approdo in Italia?