di Chiara Cretella
C’è un condominio che ruba il nome a San Matteo, ma è più prosaicamente chiamato Palazzone verde, sta in via San Pietro 6 nella ancor ricca Sassuolo (Modena). Questo magazzino di forza lavoro a basso prezzo è al centro di una lunga battaglia soprattutto nelle ultime settimane. Il palazzo, abitato da decine di famiglie di immigrati, è secondo l’Azienda Usl, i Vigili del Fuoco ed i tecnici del Comune, in condizioni precarie e non abitabile. Rimettere in sesto il palazzo costerebbe molti soldi, che mancano, si dice, in quanto gli abitanti dello stabile non pagano le alte rette condominiali, accumulando un debito, dichiarato dal Comune, di circa 220 mila euro. I legittimi proprietari, dopo anni di sacrificio, si trovano ad essere sgomberati dai loro appartamenti, ed il Comune paternalisticamente offre un risarcimento pari solo a circa il 30 per cento delle cifre pagate per l’acquisto delle case.
Molte famiglie sono state mandate via il 24 giugno, giorno in cui la polizia ha sgomberato 13 appartamenti, mentre tutte le altre sono state sgomberate il 27. Una parte di queste famiglie sta dormendo sul sagrato della chiesa in Piazza Grande a Sassuolo, stretta in una morsa di sofferenza. La cosa incredibile? Lo sgombero forzato costa al Comune circa 195 mila euro. Pressappoco la stessa cifra che ci vorrebbe per rimettere a norma il Palazzo verde.
Le strutture che aspettano queste persone non sono sufficienti, il Comune propone in sostituzione posti letto a 280 euro al mese, o alcuni appartamenti assolutamente inadeguati o fatiscenti. Ben poco rimane, per chi, come questi lavoratori, ha risparmiato tutto quello che aveva per comprare una casa. Il problema però, sembra essere a monte. Come si può essere arrivati ad una situazione del genere? Chi ha venduto a caro prezzo queste case? Questo non importa ai burocrati. Chi risarcirà queste famiglie? Le porte sono state murate e le finestre sigillate. La tensione è aumentata divenendo una questione sociale di più ampia portata e coinvolgendo anche città vicine.
Una parte del quartiere Braida, dove sorge il Palazzo verde, è favorevole allo sgombero dei propri vicini, queste persone lamentano una concentrazione di criminalità di fronte alla struttura. I proprietari ribadiscono che non sono coinvolti in questa situazione di degrado: “Qui si fa di tutt’erba un fascio — dice Haziz, uno degli abitanti dello stabile — pensano che siamo tutti spacciatori e poco di buono, ma tanti di noi lavorano e hanno famiglia. Allora, che si organizzino per far scomparire la criminalità, non per far scomparire tutti noi”.
Famiglie con bambini, lavoratori stabili e precari, si trovano nelle condizioni di non vedersi rinnovare i permessi di soggiorno, in quanto il Questore si rifiuta di riconoscere come residenza gli appartamenti presenti nel palazzo e regolarmente pagati dai proprietari. L’Avvocato Mario Marcuz, che tutela una ventina di famiglie del palazzo, dichiara che si rivolgerà al tribunale per intervenire contro gli sgomberi.
Ma la situazione più delicata è la mancanza del sostegno cittadino. Si è anzi parlato a lungo di una contro-manifestazione pro-sgomberi, a cui anche i sindacati della Polizia hanno dichiarato di voler dare sostegno. Si sono così schierati due blocchi contrapposti, con l’incredibile situazione del Sindaco di Sassuolo, Graziano Pattuzzi, che, eletto nello schieramento DS, si trova ora ad avere pieno sostegno da AN. La situazione è incandescente, e dopo il caso Bologna, ripropone il problema della legalità posto dal centro-sinistra.
Sembra profilarsi un’opera di epurazione, in cui il più borghese dei diritti, il diritto di proprietà, viene negato a chi può solo essere riconosciuto come nuda forza lavoro (peraltro indispensabile al distretto industriale locale), ed in tale veste essere oggetto di pubblica carità, che il filisteismo burocratico ammanta di (pelosa) “solidarietà”. Già con il boom degli anni ’60 e poi massivamente negli anni ’80, l’ideologia proprietaria si è estesa fra le classi subalterne, veicolata principalmente dalla diffusione del possesso dell’abitazione, accompagnata da un proporzionale indebitamento con le banche. Questa situazione ha generato, oltre che una voragine speculativa sempre sul punto di implodere, uno dei terreni più fertili su cui si è sviluppata la mobilitazione bellica come mobilitazione reazionaria di massa, nell’interclassistica e razzistica difesa dei propri livelli di consumo, nella paura di precipitare nel terzo mondo (quello fuori e quello dentro i patrii confini). Per questo manca il sostegno morale della gente comune agli immigrati: come osano costoro voler accedere al diritto di possedere una casa, come noi! Si applichino, nel paese dei condoni edilizi, le più prussiane normative sanitarie, ed il loro folle sogno finisca in un mare di debiti che gli turberanno i sonni più del russare dei compagni di stanza. Imparino dunque l’italica attitudine ad esser cornuti e mazziati.
Un tam-tam tra stranieri ha intanto richiamato al Palazzo verde altre famiglie, provenienti da tutta la regione, in quanto si è diffusa la notizia che il Comune avrebbe dato un minimo aiuto a chiunque fosse stato trovato nel palazzo al momento dello sgombero. Le persone si sono ammassate nei garage, sovraffollando anche gli appartamenti. Sabato 2 luglio alle ore 15 in Via San Pietro n. 6 a Sassuolo, ci si aspetta che la gente reagisca all’indifferenza delle ultime settimane e si unisca alla manifestazione di protesta di queste famiglie.
La questione rimane aperta. È il mercato immobiliare e le speculazioni finanziarie delle banche che hanno portato a questi disagi, vendendo delle strutture in pessime condizioni, accendendo mutui anche in fase avanzata di trattative con il Comune.
Ma la cosa sembra all’ordine del giorno, in tutta Italia. Gli affitti arrivano nelle grandi città a dei prezzi fino a 1000 – 1600 euro al mese, per cui una famiglia deve fare la fame e si vede negare il diritto ad una casa a prezzi umani. A questo si aggiunge l’impossibilità, per milioni di lavoratori precari, di accendere un mutuo, che li costringe a condizioni di vita indicibili.
Uno stipendio è meno di un affitto mensile, ed un’ora di lavoro per moltissimi lavoratori non supera i 6 euro.
Il prezzo di un caffè ed un cornetto al bar.